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CAPITOLO XIII

Alice sbucò nel cortile retrostante la chiesa

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Alice sbucò nel cortile retrostante la chiesa. Aveva al polso il fiocchetto nero regalatole dal Cappellaio. Sorrise, portandolo al petto. Poi lo sciolse e conservò il nastro nel reggiseno. Un po' per tenerselo vicino al cuore, un po' perché aveva paura che scoprendolo le avrebbero fatto delle domande o peggio, glielo avrebbero sequestrato. Fece appena in tempo a compiere quel gesto, che l'infermiera Chapman e una squadra di altri colleghi si materializzarono proprio davanti a lei, sotto gli sguardi increduli del prete e degli altri pazienti che avevano assistito alla messa.

- Che cosa ci fai qui? Ti abbiamo cercata dappertutto!- Tuonò la Chapman rossa in viso.

Alice pensò a qualcosa da dire, ma non le venne in mente nulla.

- Non importa! Caricatela in auto e poi chiudetela nella sua stanza!- Continuò.

Quando fu in camera sua, Alice si cambiò, indossando qualcosa di molto più comodo e pratico. Pensò a ciò che avrebbe detto il dottor Wright. Ma non ebbe paura. Anzi, da quando aveva visitato il Paese delle Meraviglie, aveva iniziato a fare chiarezza nella sua vita. Stava acquisendo la consapevolezza necessaria per ricostruire il suo passato, mettendo in ordine i ricordi senza aver paura dei suoi pensieri. Non era lei ad essere sbagliata, come le avevano fatto credere in tutti quegli anni trascorsi in quel triste istituto. Non era pazza o stupida come diceva la Chapman che credeva si sarebbe tolta la vita molto presto. Alice era già morta nel frattempo. Se ora respirare non era doloroso, se ora il mondo acquisiva un significato gioioso e di speranza, era stato solo e soltanto grazie a quelle strane creature, che con il loro linguaggio intricato e i discorsi emblematici ricchi di domande e quesiti, aveva aperto gli occhi verso una prospettiva diversa. Alice poteva sognare.

Nel tardo pomeriggio del giorno successivo, in cui lei era rimasta reclusa come una prigioniera in isolamento, il dottor Wright bussò alla sua porta. Questa azione non era certo una consuetudine, dato che i pazienti erano soliti recarsi al suo studio per qualsiasi consulenza. Non appena entrò si sedette sulla sedia di fronte ad Alice, che invece sedeva sul bordo del letto.
Prese il suo fascicolo con la penna e le sorrise.

La ragazza sentì un brivido percorrerle la schiena. Non era paura.

- Mi hanno informato della tua fuga. Cosa è successo?- Chiese.

Silenzio.

- Sono molto deluso, Alice. Credevo che stessi migliorando. Che stessimo stabilendo una connessione. Un rapporto di fiducia...

Ancora brividi, disagio, disgusto, nausea...

- Un legame.- Disse infine mettendole una mano sulla coscia.

Alice si alzò di scatto.

- Ebbene, forse la terapia non è quella più adatta a me. In tutto questo tempo mi sono sforzata di essere come voleva lei. Di fare come tutti voi mi dicevate. Ma niente. Non è servito a nulla! Se ho provato a parlare, ad esprimermi...

- Ma io ti ho sempre ascoltata.

- Si sbaglia ancora una volta. Lei ha solo sentito le mie parole, le mie grida silenziose e non, di disperazione. E l'unica cosa che ho ricevuto è stata la sedazione, le umiliazioni, le violenze fisiche e l'isolamento. Questa è la prima volta che parlo veramente di ciò che mi passa per la testa. Cosa ho nel cuore. Mia madre è stata assassinata. Quel maniaco è ancora in circolazione, non ho avuto giustizia! È tutto ciò che chiedo. Io non posso dimenticare. Non voglio. Io sono il mio passato, il mio presente e il mio futuro. Non posso farne a meno.

- Tu hai la presunzione di sapere le cose. La vita. Non sei mai uscita di qui, piccola Alice.

- E non uscirò mai se continuo di questo passo.

- Noi ti vogliamo proteggere. Il mondo è una giungla. Tu sei così indifesa, Alice.

- Io voglio giustizia.

Il dottor Wright si alzò, posando le sue cose sul tavolino vicino.

- Non l'avrai mai.- Disse poi in tono minaccioso.

- Come può dirlo?- Chiese Alice indietreggiando.

- Perché l'assassino si è suicidato tantissimi anni fa. James Wright, noto chirurgo dalla carriera brillante e fama notevole. Mio fratello.

Alice rimase senza parole.

- Non te lo aspettavi eh? Beh guarda come è piccolo il mondo! I soldi possono comprare il silenzio. Per quanto riguarda te, ho altri progetti. Mi ripagherai. Come quella puttana di tua madre!

Lo sguardo gelido, le parole taglienti, la verità nuda e cruda. La menzogna, le bugie. La risata diabolica che echeggiava nella stanza, mentre l'ombra del dottore si storceva e contorceva come se fosse stato un mostro orribile. O meglio lo era, si stava solo spogliando del suo finto buonismo, rivelando la sua vera natura.

- Mi fai schifo!- Urlò Alice.

- Non ho ancora iniziato!

Prese la siringa dalla tasca e gliela infilzò nel braccio, poiché nonostante la ragazza si dimenasse, la sua forza era maggiore. Per cui il mondo riprese a girare più forte, mentre la realtà affogava nel sonno chimico.

Malice in WonderlandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora