CAPITOLO SETTE

524 45 9
                                    

Non ci vuole tanto prima di finire di mangiare.

E poi, dopo aver sparecchiato la tavola, torniamo su, ognuno diretto verso la propria camera.

Io salgo velocemente le scale, ma A all'inizio sembra un po' titubante, perché la grossa benda che ha in viso gli copre leggermente gli occhi e non riesce a vedere gli scalini.

Quindi torno giù per aiutarlo.

《Ufff.》sbuffo.

《Che hai adesso?》

《Lo sai che ho sempre odiato aiutare le persone.》rispondo seccata.

《Be, la prossima volta ci penserai prima di sbattere una porta in faccia a tuo fratello.》commenta sarcastico.

Fortunatamente non ci vuole molto e appena arrivati mollo la presa dirigendomi nuovamente verso camera mia.

《Ora puoi benissimo arrangiarti.》dico, prima di entrare definitivamente nella mia stanza.

Mi butto istintivamente sul letto, che scricchiola appena mi appoggio.

Il materasso è morbido e davvero comodo.

Rivolgo, per un breve arco di tempo, la testa verso l'alto, in modo da poter "ammirare" il soffitto che è dello stesso colore azzurrino delle pareti.

Inutile dire che, con un po' di immaginazione, si potrebbe credere di essere in cielo e di star fluttuando sopra una fantastica nuvola.

E sono fortunata, perché l'immaginazione non mi è mai mancata, infatti penso sia qualcosa di strepitoso.

Con la fantasia puoi creare un nuovo mondo e riesci a vedere le cose a modo tuo.

È come scappare dalla realtà, e a volte fa davvero bene.

Tutto ciò che ci circonda ci opprime, perciò un po' di libertà non guasta mai.

Infine le palpebre si fanno via via sempre più pesanti e si chiudono senza lasciarmi la possibilità di riaprirle.

-♣-♧-♣-♧-♣-♧-♣-♧-♣-

Mi sveglio a causa della luce che si fa spazio tra le tapparelle rialzate della finestra.

Mi alzo, seguendo la solita routine.

Vado verso l'armadio e, dopo aver preso l'uniforme scolastica, me la infilo, come sempre.

Apro furtivamente la porta e sgattaiolo fino al bagno, perché di solito a quest'ora stiamo ancora dormendo e non voglio svegliare nessuno.

Ma con mia sorpresa, scopro che è più tardi di quanto mi aspettassi, infatti trovo mia madre che si sta sciacquando la faccia.

《Buongiorno!》dico.

《Buongiorno.》ripete lei, poi se ne va.

E dopo essermi risciacquata il viso e aver fatto la treccia, mi dirigo anche io verso la cucina.

Afferro un pezzo di pane e lo mangio mentre torno in camera mia per prendere la cartella.

Riscendo le scale e aspetto sulla porta mio fratello, che arriva poco dopo.

Il grande cerotto è stato sostituito da uno più piccolo.

In ogni caso non ha perso la sua bellezza, che tiene stretta, con arroganza, quell'arroganza che possiede solo chi sa di essere davvero bello.

Leggere occhiaie gli solcano il viso, lasciando capire che non ha dormito molto stanotte.

Si chiude la porta alle spalle dopo essere uscito.

《Stanotte non ho dormito perché ti ho fatto questo.》dice porgendomi un oggettino nero.

Lo sistemo dietro l'orecchio e poi abbraccio A.

Finalmente anche io ne ho uno.

《Grazie mille.》sussuro felice.

Poi per il resto del tragitto rimaniamo in silenzio e arrivati a scuola ci dividiamo, come al solito, andando ognuno verso la propria classe.

"Al cancello a fine scuola, sii puntuale. Okay?" pensa.

《Ovvio.》rispondo, salutandolo con la mano.

-♣-♧-♣-♧-♣-♧-♣-♧-♣-

È appena finita la terza ora, perciò ci aspetta la ricreazione.

Solitamente non esco mai dalla classe, ma oggi ho voglia di andare da A.

Devo percorrere diversi corridoi prima di riuscire a trovarlo.

Svolto l'angolo e lo vedo.

È seduto su una panca, circondato da un gruppo di ragazze che lo assillano.

Una gli da anche un bacio sulla guancia.

Sento un vuoto e la rabbia ribollirmi dentro, ma non perché sono gelosa, credo, però mi dispiace che per lui esistano altre ragazze.

Ma è mio fratello ed è giusto che se ne cerchi una con cui stare.

Ed è ora che anche io mi dia da fare per trovarmi qualcuno da "amare".

Ma non appena svolto l'angolo per tornare verso la classe, vado addosso a qualcuno.

È J, tanto per cambiare.

Probabilmente lo scontrarci sta diventando un abitudine.

Ma sono in ritardo e abbastanza delusa per potermi fermare a chiedere scusa.

E come al solito non mi dice nulla.

Come faccia ad essere così calmo non lo so, forse sono io che sono troppo agitata.

Cammino per altri due minuti, prima di arrivare in classe.

Appena in tempo, perché nel momento stesso in cui entro la campanella suona.

storia di una ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora