tu:
Se c'è un termine che mi definisce davvero troppo bene è 'troppo'. Io sono troppo. Troppo sentimentale, troppo attenta a capire se gli altri stanno bene o se stanno male - e non lo faccio per intromettermi nelle loro vite e nei loro casini, ma lo faccio perché, davvero, voglio che loro stiano bene. Sono troppo presente: se tu cadi, cado anch'io. Se tu stai male, sto male pure io e se tu stai bene, ma io sto male, sto bene anche io. Questa sono io. Io sono 'troppo'. Mi innamoro troppo. Mi appassiono troppo. Mi ingelosisco troppo. Mi arrabbio troppo. Soprattutto nelle storie d'amore. Mi ci butto a capofitto: ci entro dentro, ogni volta di più e ogni volta più della volta precendente non ne so uscire. E con te ancora di più. Se c'è un termine che mi definisce alla perfezione è 'troppo'. Sto troppo male, per troppo tempo, perché ci sto troppo dentro, come quando tu sei andato via ed il mondo mi è crollato addosso e quando il mondo ti crolla e nessuno lo capisce che vuoi scappare da tutto, persino da te, senza sapere dove andare, perché l'unico posto in cui vorresti andare è dalla persona che più ti ha fatto male, ma lei non c'è e, allora, dove vai? E allora stai troppo male. Troppo dolore - senza fine, senza pace. Come quando piangi e non riesci a prendere fiato. Ed è quando si sta male e gli altri dicono "Ti capisco" è che, in realtà, non capiscono proprio niente, perché non è vero che qualcuno ti capisce: nessuno ti capisce, a parte te. Tu che ci sei dentro - e, tante volte, neppure tu. Perché quando si soffre, si è sempre soli, 'ché tutti ti sono accanto, ma nessuno ti è vicino, perché nessuno ci è dentro - nessuno a parte te. Ed allora nessuno riesce a capire i tuoi sbalzi di umore, le tue 'sparate', i 'non è niente' quando invece 'è tutto' o, forse, davvero non è niente, perché, alla fine, cosa c'è? Non c'è niente. Non lo sai neppure tu. Nessuno ti capisce: le parole a vanvera, per colmare i silenzi che dentro portano scompiglio e poi i silenzi di colpo, perché, di colpo, arriva la paura. Baratro. Fine. Io sono cosi. Sono 'troppo'. Ci metto troppo per dimenticare, ma, in realtà, neppure dimentico - prendi te, ad esempio. Non ti ho ancora dimenticato. Ci sei sempre, come non ci sei stato mai. Mento, ci sei meno - davvero -, ma ci sei. E questo conta. Mica è poco. È troppo. Io sono così. Sono 'troppo'. E quando sei scomparso, io sono scomparsa troppo, pure se tu sei scomparso poco ed, allora, in quei momenti in cui mi sento 'niente' ed io non sono abituata a sentirmi 'niente', in quei momenti lì, penso sempre che sarebbe stato meglio non averti mai amato, mai conosciuto. Ma questa è una bugia. Fino in fondo. È una bugia 'troppo', proprio come me - con le mie paranoie, con i miei troppi se. Il punto è che sono sempre le emozioni e gli affetti che danno un senso alla nostra esistenza, ma molto dipende dalla nostra sensibilità ed io sono troppo sensibile - troppo appunto. E sai che significa essere 'troppo'? Significa amare di più, voler bene di più, esserci di più, sentire dolore di più, stare male di più. Significa avere un briciolo di 'sentimentalità' in più. E che significa questo? Significa essere fatti di troppo cuore. Di troppo amore, nel mio caso. Io quando si tratta dell'amore, dell'amicizia, quando si tratta di dare, quando amo, quando voglio bene, che io ti conosca da tanto o da poco, che io non ti conosca affatto o ti conosca alla perfezione, io ti do il mio cuore e tutto l'amore che ho, perché quando si ama si dà tutto quello che non si ha e che si vorrebbe per sé, perché io potrò anche essere "troppo", ma non sarò mai 'troppo' per te, Yoongi.
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