Quando aprii gli occhi, i raggi tiepidi del sole al tramonto furono la prima cosa che riuscii a vedere più o meno chiaramente; entravano dalla finestra di una stanza che non era la mia, una stanza in cui non ero mai stato, ma che non mi inquietava affatto. Ancor prima di muovermi, cercai di guardarmi intorno e subito saltò ai miei occhi una chioma rossa poco curata e in disordine, con un paio di centimetri di ricrescita scura. Si vedeva solo quella, il viso della persona affondava tra le braccia tatuate e la sua mano si trovava sulla mia, poggiata sulla leggera coperta di cotone del letto su cui ero disteso. Sorrisi, perché sentivo Taehyung russare leggermente, ma feci attenzione a non muovermi troppo proprio per non svegliarlo. Mi resi conto di trovarmi in ospedale solo quando vidi un paio di tubicini di plastica attaccati al mio braccio, ma stavo bene e sapere che Taehyung era lì mi rendeva sereno, perché significava che non gli era successo nulla e che ero riuscito a salvarlo davvero.
Quando rivolsi lo sguardo dalla parte opposta, ruotando quindi la testa, attirai l'attenzione di mia madre. Lei era sveglia e si accorse subito di me, appena sollevati gli occhi dal libro che stava leggendo. Non ero mai stato più felice di vederla, quella rompiscatole dolcissima, e anche lei fece piano per non svegliare Taehyung.
« Mamma, che giorno è oggi? » le chiesi subito, con un nodo in gola, che però si sciolse poco dopo.
« L'11 Ottobre, tesoro mio. Perché me lo chiedi? » disse lei, ma io non le risposi più, sorrisi semplicemente, dopo un sospiro di sollievo.
Mi spiegò brevemente cosa mi era successo alcuni giorni prima, raccontandomi che lei e papà avevano preso il primo volo per Seoul per raggiungermi in ospedale dopo essere stati avvertiti, trovando Taehyung e un paio di ragazzi a vegliare su di me. Disse che i medici mi avevano salvato a un pelo da una grave emorragia celebrale di cui ignoravano ancora la causa, ma che non erano riusciti a dare una vera e propria spiegazione ad altri sintomi, come la perdita di sangue dal naso, dalle orecchie e dalla bocca. Ero quasi subito entrato in coma e questo, probabilmente, mi aveva salvato la vita, tanto che era bastato poco, poi, per regolarizzare quasi tutti i miei parametri, pur rimanendo incosciente per alcuni giorni, durante i quali i controlli erano stati costanti e non c'era stato più alcun segnale preoccupante. Tutto sembrava essere misteriosamente e soprattutto miracolosamente tornato alla normalità, come se non mi fosse mai accaduto nulla.« Jeongguk! » esclamò Taehyung quando, dopo aver alzato la testa che avevo preso ad accarezzare di continuo, si accorse del mio risveglio. Sorrisi e, senza bisogno di aggiungere altro, lo incitai ad avvicinarsi a me. Mi lasciò un bacio sulle labbra, poi uno sulla fronte. Mia madre allora decise di abbandonarci per un po', con un sorrisetto poco innocente stampato in faccia che mi imbarazzò anche troppo.
Dopo averlo rassicurato sul mio stato di salute, sebbene lui ne sapesse più di me, fu inevitabile chiedergli spiegazioni su quanto accaduto negli ultimi giorni. Del resto, ero fermo alla sera del 5 Ottobre, la sera in cui, appena dopo aver finalmente scoperto tutta la verità, avevo perso i sensi per non svegliarmi più, se non giorni dopo, appunto.
Taehyung allora tirò fuori dal cassetto del piccolo mobile accanto al mio letto un giornale e me lo porse. Si ricordava di ciò che avevo visto nelle mie visioni e lo aveva conservato per questo, per mostrarmelo quando mi sarei svegliato. La prima pagina era più o meno come la ricordavo, mancava solo qualche foto. Con un'occhiata veloce al lungo articolo che seguiva, venni a conoscenza del fatto che il professor Kang era stato colto in flagrante mentre tentava di sbarazzarsi delle prove che potevano condannarlo; tra queste c'era anche il corpo di Jimin, già cosparso di benzina e pronto per essere dato alle fiamme insieme al cumulo di rifiuti e macerie sotto il quale era stato sepolto dal professore stesso. L'ennesimo senso di orrore mi pervase, provocandomi la nausea e una profonda tristezza per la cattiveria di cui l'essere umano è capace. Lo avevano arrestato a seguito della confessione di Jung Hoseok, scriveva il giornalista, che aveva rivelato retroscena tanto macabri da turbare parecchio chiunque. Qualche stralcio delle parole di Hoseok era stato riportato sulla pagina. « Sono mesi che cerco il coraggio di denunciarlo. » aveva detto. « Non riesco più a vivere con questo senso di colpa. » L'articolo continuava con qualche altra precisazione, ma ciò che Taehyung era venuto a sapere dal suo patrigno era molto più significativo.
Yongho aveva assistito alla confessione di Hoseok, lo stava facendo proprio quando Taehyung lo chiamò dietro mio suggerimento, e pur essendo sempre stato impeccabile riguardo i suoi doveri, quella volta aveva svelato a Taehyung qualche dettaglio: Hoseok giurava di aver portato Jimin, come tutte le altre vittime, nel luogo in cui poi sarebbe morto soltanto a causa del continuo ricatto che subiva da parte del professore. Era stato Kang, infatti, secondo la sua dettagliata spiegazione, ad adescarlo mesi prima, facendogli credere di apprezzare le sue capacità e il suo talento. Aveva conquistato la sua completa fiducia e gli aveva promesso un aiuto, una guida che lo avrebbe consigliato, un maestro da seguire. Fin qui, forse, non ci sarebbe stato nulla di strano, ma quando Kang fece presenti quali fossero le sue reali intenzioni, Hoseok si era subito rifiutato di aiutarlo e solo a quel punto Kang si era rivelato esattamente per quello che era, iniziando a ricattarlo. « Ha detto che mi avrebbe fatto cacciare dall'Institute in qualche modo, che avrebbe smesso di coprirmi, che avrebbe raccontato ogni cosa ai miei genitori e mi avrebbe dato la colpa di tutto, anche se l'artefice era lui! » Aveva confessato Hoseok in lacrime agli agenti. Chi avrebbe creduto allo studente viziato e pieno di soldi, sempre coperto e giustificato, piuttosto che al professore, fotografo di fama mondiale? Ma ciò che davvero aveva terrorizzato Hoseok era stata la possibilità di essere denunciato per un reato commesso poco tempo prima, di cui soltanto il professor Kang, per puro caso, era a conoscenza. Egli, infatti, aveva visto Hoseok investire ed uccidere un pedone in piena notte, mentre sfrecciava ubriaco con la sua auto per le strade quasi deserte dopo uno dei soliti festini a cui partecipava abitualmente. Si era accorto di ciò che aveva fatto, ma non aveva prestato soccorso, terrorizzato, preferendo fuggire. Probabilmente avrebbe potuto salvare la vita a quell'uomo, se solo si fosse assunto le sue responsabilità e fosse stato meno egoista, comportandosi da persona adulta piuttosto che da ragazzino viziato a cui tutto è dovuto, come era solito fare. Essere denunciato per questo avrebbe sicuramente portato al suo arresto e a tutta una serie di conseguenze irrimediabili. « Ha iniziato a ricattarmi, costringendomi a fare tutto ciò che voleva, a portargli i ragazzi che sceglieva per i suoi assurdi scopi. » Kang aveva sfruttato Hoseok come copertura per tutto ciò che faceva, dall'acquisto delle attrezzature a quello dei farmaci. Ecco perché il suo nome non era mai venuto fuori e tutto riconduceva a Hoseok. Spiegò tra le lacrime quanto era stato bravo nel manipolarlo, nel fargli credere che non avesse nessuna cattiva intenzione, all'inizio, e Hoseok, che bramava successo e prestigio, abbindolato dalla figura affascinante del fotografo, si era stupidamente lasciato fregare. Aveva capito troppo tardi che in realtà quell'uomo non voleva nulla da lui, se non il suo nome e i suoi soldi, usandolo come una marionetta per fare tutto ciò che Kang non avrebbe potuto fare senza esporsi. Aveva prosciugato tutto il denaro che i genitori gli passavano sulle carte di credito, costringendolo anche a rubare in nome di un progetto che li avrebbe resi ricchi e famosi, stando alle parole di Kang, e che per questo non doveva essere rivelato a nessuno. Ogni azione sarebbe stata imputabile a Hoseok, che quando aveva provato a ribellarsi era stato minacciato ancor più pesantemente, inducendolo per l'ennesima volta a farsi scudo dietro la sua stessa vigliaccheria e incapacità di assumersi la responsabilità delle azioni che aveva commesso. « Neanche la morte di Jimin lo ha fermato. » Kang era stato un codardo anche in quello, perché aveva lasciato che fosse Hoseok a provocare la sua morte, forse per paura di essere scoperto, forse per semplice e puro divertimento, dal momento che, era evidente, quel mostro non aveva affatto tutte le rotelle al loro posto.
Rimasi letteralmente a bocca aperta, sconvolto da quella valanga di spiegazioni che in parte avevo ottenuto dal professore stesso, ora però molto più chiare. Hoseok si trovava in carcere accusato di molteplici reati e vi sarebbe rimasto per un po' di tempo; quanto a Kang, avrebbero dovuto prima accertare di quale patologia soffrisse. Se lo avessero rinchiuso e gettato via la chiave della sua cella, ne sarei stato felice e forse l'amarezza si sarebbe attenuata un po'.
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RACING TIME
FanfictionIn matematica e fisica l'effetto farfalla è una locuzione che racchiude in sé la nozione di dipendenza sensibile alle condizioni iniziali, presente nella teoria del caos; l'idea è che piccole variazioni nelle condizioni iniziali producano grandi var...