Capitolo 9

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Alec e i sui compagni cominciano a fare le domande a Marlene, la quale sta sulla difensiva e risponde in modo coinciso e frettoloso.
Le domande che le pongono sono le stesse che le ho fatto io, ma sono più mirate a scoprire chi l'ha catturata.
Appena Marlene descrive l'aspetto del suo rapitore i ragazzi si guardano tra di loro e le chiedono di ripetere.
-Perché questa reazione?- chiedo io confusa.
-Sai chi è Valentaine?- mi chiede Alec.
-Certo che lo so.  Non farò parte dell'Istituto, ma sono piuttosto aggiornata su quello che fate.- dico senza pensarci.
-Allora saprai della lettera di due settimane fa.- dice Jace con uno sguardo furbo.
-Quale lettera?- chiedo sorpresa.
-Ah! Vedi che non sei ben aggiornata.- dice il biondino toccandomi il naso con un dito.
Gli prendo la mano velocemente e lo tiro verso di me.
-Scherza poco biondino; di quale lettera stai parlando?
Mi prende per una spalla e con un movimento troppo veloce per essere umano, mi butta per terra.
-Dovevi aggiornarti.- dice sorridendomi.
Posiziono i miei piedi sul suo petto e lo spingo con tutta la forza che ho, facendolo volare dall'altra parte del salotto. Lui si rialza e tira fuori la spada angelica, ed io faccio lo stesso.
-Smettetela di fare i bambini!- ci rimprovera Clary.
Jace rimette apposto la sua spada e si posiziona accanto a lei.
-Cos'è? Ti fai comandare da una ragazzina?- dico ridendo.
-Alison!- Mi riprende Magnus.- Mi volto verso di lui e vedo i suoi occhi gialli bruciare di rabbia.
Metto via la mia spada e vado a mettermi in uno degli angoli del salotto, il più lontano possibile da loro.
-Marlene.- dice Alec serio. -Ti ricordi per caso la strada per andare verso quella casa?
-Possibile, ma preferirei partire da Central Park, è lì che mi ha trovato.
-Perfetto, allora muoviamoci.- dice Jace.
-Vengo anche io.- dico riavvicinandomi a loro.
Alec sospira poi annuisce.

Usciamo dall'appartamento e ci avviamo verso Central Park. Ci muoviamo in mezzo ai mondani, incuranti della nostra presenza.

Arrivati a Central Park, Marlene comincia a ripercorrere la strada che aveva fatto, con noi che la seguiamo.
Facciamo un paio di giri del parco, fino ad uscire dalla parte opposta in cui eravamo entrati, e ci avviamo verso la zona industriale di Manhattan.
Mi avvicino ad Isabelle, la quale mi sembra la più sveglia del gruppo, e le chiedo spiegazioni sulla lettera.
-Due settimane fa, un corvo ha portato una lettera all'Istituto. Questa era una specie di dichiarazione di guerra ed era firmata da Valentaine.
-Stai dicendo che Valentaine vi ha dichiarato guerra così, da un giorno all'altro?
-Può essere, ma Valentaine non è un uomo che fa le cose così tanto per fare; avrà di sicuro preparato un piano per sconfiggerci. Il problema è che non ha dichiarato guerra solo a noi Shadowhunter, ma anche-
-Siamo arrivati.- dice Marlene, interrompendo il discorso di Isabelle e guardando una casa in rovina.
-Sei sicura che sia questo il posto?- le chiede Alec.
-Sicurissima. Ricordo fin troppo bene questo odore.
-È un posto che si addice a Valentaine.- dice Jace guardando dall'alto in basso l'abitazione.  -Muoviamoci!
Corrono verso la porta e con un calcio, Jace, riesce ad aprirla. Entrano tutti insieme, pronti ad attaccare con le spade sguainate.
Rimangono fermi per un paio di secondi, quindi decido di superarli, entrando tranquilla nella casa e tenendo le mie due spade angeliche nelle fodere.
Dentro la casa è completamente distrutta e ricoperta di polvere. La maggior parte dei mobili è a pezzi, il camino è cosparso di ragnatele e polvere, mentre il pavimento è completamente impolverato e non c'è traccia di impronte. Il tetto è quasi inesistente e copre, forse, un quarto della casa.
-Qui non c'è nessuno.- dico voltandomi verso i ragazzi, i quali sono rimasti nella stessa posizione. Dopo un'attimo di esitazione, mettono via le armi e mi si avvicinano.
-Questo lo avevamo capito.- dice Jace superandomi e dandomi una spallata.
-L'importante è crederci.- dico con un sorrisetto divertito.
Giriamo tutte le stanze dell'abitazione, senza trovare niente e nessuno.
-Alison prova ad andare sul tetto e guarda più o meno dove siamo.- mi dice Magnus.
Annuisco, quindi esco dalla casa e comincio a saltare da un muro all'altro fino ad arrivare al tetto.
Siamo piuttosto lontani dalla vita frenetica di New York, infatti dietro di noi ci sono molte fabbriche abbandonate.
-Ho trovato qualcosa!- urla Clary.
Mi affaccio dalla parte mancante di tetto e vedo tutti quanti radunati davanti ad una porta, alla quale non avevo dato molta importanza.
Scendo giù, atterrando in mezzo a loro e spaventandoli.
-Dio Alison!- dice Alec mettendosi una mano sul cuore.
Gli sorrido scherzosamente, dopo di che mi rivolgo verso la porta.
-Cosa c'è di così tanto interessante in questa porta?
-Questo!- dice Clary avvicinando il suo stilo al centro della porta, la quale si illumina mostrando una runa che non ho mai visto.
Clary si avvicina ancora di più, quindi la runa comincia a battere, come se fosse un cuore, e dopo pochi secondi rilascia il suo potere e ci mostra il vero aspetto della casa.
La polvere è completamente sparita, il tetto è integro e i mobili sembrano nuovi e puliti.
Torno al salotto e trovo il camino con la brace ancora accesa e sopra di esso delle fotografie di una famiglia felice, una famiglia mondana, la quale non ha niente a che fare con il nostro mondo. Vicino alle foto una bambola con le sembianze di una fata, dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri che indossa un vestitino rosa. La prendo in mano e la guardo curiosa, curiosa dal fatto che anche se nessun mondano abbia mai visto il nostro mondo, il modo con cui ci riproducono nei loro giochi è molto simile alla realtà.
Rimetto a posto la bambola e noto una scatolina circolare, decorata da dei fiori viola e blu, simili alla campanule. La prendo con cautela in mano e con delicatezza la apro.
Una dolce melodia comincia a suonare e una ballerina dal tutù blu, comincia a girare su se stessa. Guardo all'interno del carillon e trovo una foto istantanea che mostra la famiglia sgozzata e impiccata nella camera da letto.
Comincio a respirare faticosamente mentre il mio cuore accelera di battito in battito.
Chiudo velocemente il carillon, lo metto al suo posto e corro verso Magnus, ma qualcosa mi blocca i piedi. Abbasso lo sguardo e sotto di me trovo l'ultima cosa che mi sarei mai immaginata. Un pentacolo mi circonda e brilla come il fuoco dell'inferno.
-Ragazzi!- urlo.
Tutti quanti vengono nel salotto e appena mi vedo i loro occhi si riempiono di paura.
-Alison esci da lì!- mi urla Alec.
-Non posso!
Magnus mi si avvicina e allunga una mano, ma il pentacolo lo respinge, facendolo volare verso i ragazzi e cadendo addosso ad Alec, il quale lo prende al volo, senza però riuscire a restare in piedi.
Magnus si rialza velocemente e mi si riavvicina, rimanendo però ad una distanza di sicurezza.
-Allontanatevi, cercherò di rompere il pentacolo.- dice cominciando a muovere le mani.
Lancia un'incantesimo, il quale viene respinto con troppa facilità.
Un forte terremoto percuote tutta la casa e il pentacolo intensifica il suo colore.
-Lamia...- Sento una voce roca pronunciare intorno me questo nome, quindi mi tappo le orecchie e chiudo gli occhi, terrorizzata.
Qualcosa mi tira giù, come se il pentacolo se stesse trasformando in un risucchio. Un vento anormale comincia a soffiare all'interno dell'abitazione.
Riapro gli occhi e guardo Magnus, che mi guarda disperato.
Tutto intorno a me comincia a girare vorticosamente e come ultima cosa sento Magnus che urla disperato il mio nome.

Per un attimo, tutto intorno a me è buio e silenzioso, finché un senso di vuoto mi attenaglia lo stomaco e precipito fino ad atterrare su un terreno duro e freddo.
Apro lentamente gli occhi e mi ritrovo davanti un uomo e un ragazzo. L'uomo ha i capelli biondi ed è vestito in modo elegante, mentre il ragazzo ha i capelli talmente chiari che sembrano bianchi, ed è vestito in tenuta da combattimento.
-Benvenuta tra noi, Alison.- dice l'uomo.
Mi alzo a sedere, ma tutto si fa sfocato e distinguo con difficoltà le due figure.
-Voi... voi chi siete?- chiedo stordita.
-Il mio nome è Valentaine, e lui è Jonathan, mio figlio.
Mi alzo velocemente e impugno la mia spada, riuscendo a puntarla verso di loro, grazie alla vista che sta tornando.
Valentaine alza le mani e si allontana di qualche passo.
-Statemi lontano!- dico minacciosa. Vedo il ragazzo tirare fuori la sua spada, ma Valentaine lo ferma.
-Non vogliamo farti del male.- dice lui.
-E allora perché mi avete portata qui?
-Oh tesoro, non ti abbiamo portata, ti abbiamo evocata.
-Cosa?- dico sempre più confusa dalla situazione.
-Sei esattamente come Jonathan, un lavoro di una vita riuscito con successo.- dice riavvicinandosi a me.
Mi accarezza una guancia sorridendomi.
-Bentornata a casa, Lamia.

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