le sue foto

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Il suo ego, il suo essere al centro del modo, ebbero il sopravvento e mi spianarono la strada quando, cominciai a commentare le foto presenti sul suo profilo. Per mesi le avevo guardate, le avevo studiate, le avevo zoomate, sbavando letteralmente dietro pezzi pelle scoperta, eccitandomi e, versando grandi quantità si sperma quando trovavo qualcosa che mi potesse piacere: una su tutte aveva attratto la mia attenzione. Seduta su un muretto, la sua minigonna troppo mini era inevitabilmente andata troppo e mostrava delle magnifiche cosce che le ginocchia chiuse tentavano pudicamente ma inutilmente di nascondere, un bottone della camicetta  troppo aperto che mostrava maliziosamente la parte alta di uno dei seni e il colore del reggiseno era bello in vista, il sorriso ammiccante e immaginare poi di trovarsi sotto e vedere che da sotto la gonna non copriva più nulla e che dunque tutta la sua femminilità era separata da me dal sottile strato di stoffa dello slip: 

“Fortunata quella collana si insinua la dove le mie mani vorrebbero riempirsi, galeotto quel bottone lasciato aperto che lascia scoperta quella gonfia parte di pelle tutta da baciare, birichina quella gonna un pò troppo corta che, da seduta, offre una intera vista delle tue gambe e dal basso scopre le tue cosce al punto tale da poter avvertire il tuo magnifico odore.”

Parole semplici e, tanti complimenti mi furono mossi sulla bellezza di ciò che avevo scritto e su quante cose avevo visto che neanche lei aveva notato; commentavo con lei le mie parole e quella foto e, ammise che scattando quella foto aveva lasciato troppo scoperte le gambe e che, da sotto, la brezza le aveva fatto venire la pelle d’oca, le piaceva che le dicessi che le gonne che aveva indossato in quella o in quell’altra occasione erano troppo corte e si vedevano le cosce, non le gambe; le piaceva quando le facevo notare che era chiaro il colore del reggiseno; le piaceva che le dicessi che la pelle del petto, invito a pensare ai seni, me la immaginavo calda e soda; le piaceva tutto quello che invitava al sesso, al giungere ai seni o alla fica perché, si complimentava e mi dava ragione quando le dicevo che una cosa era troppo ammiccante sessualmente: questo era in termini più o meno moderati per lei per me, pensare alla calda pelle delle cosce che si rabbrividisce al tocco delle mie mani, alla sua fica che si bagna man mano che le dita le si avvicinano mi portavano un passo dall'orgasmo e, cercavo sempre così,  di accendere anche il suo desiderio mentre il mio ormai era: quelle gambe da allargare e scoprire la sua fica pulsante dove avrei infilato senza remore il mio cazzo duro e schizzato dentro ogni goccia del mio sperma.

Non era molto avvezza a mettere quotidianamente nuove foto e nell'attesa, ogni mio sforzo si concentrò su quelle esistenti cercando di coinvolgerla in commenti piccanti sperando di eccitarla almeno un poco rispetto a quanto lo facevo io. Parlavo con lei e mi masturbavo, la immaginavo mentre scriveva mentre l'altra mano si avventurava fra le  gambe aperte alla ricerca del clitoride da martoriare mentre, i suoi succhi scolavano fuori e riempivano la stanza dei profumi di una donna che gode; in preda al desiderio di godere la vedevo con un fallo finto appiccicato contro un muro che si scopava da sola mentre all'apice del piacere schizzata fuori tutto il suo sperma che poi avrei bevuto con gusto, la volevo stesa su un tavolo, calavo la faccia nella sua fica umida e la facevo godere con la bocca mentre, un dito le sprofondava nel culo, la baciavo trasferendole il suo sapore mentre il mio cazzo ormai era giunto fino alla profondità del suo utero e quando ormai la mia resistenza era ormai un vago ricordo riversavo tutto in lei marchiandola nel suo più intimo luogo del mio piacere. Bellissimo quel primo piano in cui aveva tutta la pelle del petto in vista, uno sguardo nascosto dagli occhiali da sole ma una espressione fiera e oserei piena di se, le labbra rosse e carnose che misi in evidenza con un effetto bianco e nero che erano un invito a tanti pensieri lussuriosi. Avvolte sul mio cazzo, in ginocchio immergevo le dita nei biondi capelli e ti tenevo stretta a me mentre il calore della  gola mi rendeva sempre più duro e profondo. Ormai totalmente sfatto, il rossetto si era distribuito su di me, la saliva lo aveva scolato giù e aveva sporcato le tue candide pelli. Nel momento del mio orgasmo, sono sceso quanto più potevo nella tua gola ma i flutti incontenibili sono usciti fuori cadendo giù dalla bocca fino al petto e andando ad insinuarsi al centro dei seni; hai ripulito tutto meno che ciò che si era depositato là, vicino al cuore, quello lo hai conservato, lasciando che ti scaldasse di me, lasciando che il mio odore ti accompagnasse lungo la giornata; questo fu un caldo pensiero che, ancora oggi mi muove e mi attanaglia, la sua attiva partecipazione, il suo coinvolgimento più pieno.  

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