Capitolo 12

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Siamo tornati da due settimane dalla luna di miele e da un po' un senso di nausea mi perseguita dipingendo sul mio volto una smorfia di disgusto.
Osservo il calendario mentre sorseggio una tazza di tè e noto che il giorno cerchiato di rosso è passato da una settimana. Spalanco la bocca. Non può essere, ho preso la pillola in modo metodico. Appoggio la tazza sulla penisola della cucina e vado in bagno, apro il cassetto dei medicinali, prendo la scatola che mi interessa, la apro e la osservo: sì, non ho mai sgarrato, ho seguito tutto in maniera accurata, ma poi ricordo che durante la luna di miele avevo preso un virus intestinale e avevo vomitato subito dopo aver preso la pillola. Mi porto una mano alla bocca reprimendo un singhiozzo.
"Io... io... non lo so se sono pronta per diventare madre. Calmati Andrea, può essere un semplice ritardo: non fasciamoci la testa prima del dovuto."
Mi asciugo frettolosamente le guance. "Per fortuna Marco è a lavoro."
Guardo l'orologio che ho al polso: sono le undici. "Il turno di Marco finisce fra tre ore."
Respiro profondamente. Cerco di calmarmi ed escogitare un modo per fare tutto in quel lasso di tempo. Vado verso la camera, apro l'armadio e prendo il primo jeans e la prima maglia che mi capita a tiro.
Dopo aver preso lo zainetto, a passo sostenuto vado verso la farmacia più vicina.
«Buongiorno, vorrei due test di gravidanza» dico appena è il mio turno.
«Sì, arrivo subito», e poco dopo torna con quanto avevo chiesto.
Infilo il sacchetto della farmacia nello zainetto, e ritorno a casa. Il tragitto mi sembra non finire mai e a un certo punto mi metto quasi a correre.
Con mani tremanti apro la porta dell'ingresso, caccio lo zaino sul divano e prendo il test di gravidanza e il cellulare.
Vado in bagno e faccio quello che c'è scritto nelle istruzioni, poi metto il timer a cinque minuti sul cellulare. Mi appoggio con la schiena sul lavandino e picchietto nervosamente le dita sul lavello.
Il timer suona. Respiro profondamente per trovare il coraggio di guardare il test che ho messo sul mobiletto girato dalla parte dietro in modo che non potessi vedere subito il risultato. Dopo vari minuti lo prendo. Chiudo gli occhi e decido di contare fino a cinque.
«Uno...»
Un nodo chiude la bocca dello stomaco.
«Due...»
Il respiro si accorcia.
«Tre...»
Le gambe si trasformano in gelatina e la mani iniziano a sudare.
«Quattro...»
Il cuore inizia a battere freneticamente come se volesse uscire dal torace.
«Cinque...»
Apro gli occhi e giro il test. Due lineette mi osservano. Sono incinta. "Cazzo!"
Faccio l'altro test e anche quello è positivo.
Con le lacrime agli occhi prendo tutto e lo metto nel sacchetto, poi decido di portare a spasso Aeron. Lui scodinzola felice e mi tira verso la porta d'ingresso.
Sta volta cammino lentamente cercando di rimettere ordine ai miei pensieri e appena vedo un cestino butto le prove della mia gravidanza.
Aeron mi strattona a destra e a sinistra e io mi lascio trasportare da lui.
Mi siedo su una panchina mentre accarezzo il mio cane. «Beh, Aeron, un nuovo membro si aggiungerà alla nostra famiglia.»
Mi guarda piegando la testa di lato, poi mi lecca una mano e mette il muso sulla mia coscia.
«Torniamo a casa...»
"E se Marco non lo volesse?" quella domanda mi tormenta per tutto il tragitto di ritorno.
Sto suonando il pianoforte e da quando Marco è tornato non ci siamo detti una parola.
«Andrea, smetti di suonare, parlami.»
Lo ignoro e continuo a suonare, ma lui si avvicina, si siede accanto a me e inizia a scavare dentro la mia anima. Scava a due, quattro mani, fino ad arrivare in profondità e suona uno spartito in cui nemmeno io mi riconosco nonostante sappia che mi appartenga. Marco è così: arriva fino alle viscere e tira fuori la parte migliore di me.
Si scompiglia i capelli esasperato dal mio silenzio. «Cielo, Fiamma, parlami!»
Usa il soprannome solo quando divento distruttiva e mi chiudo in me.
Sospiro e fermo le dita dalla loro corsa.
«Sono incinta, Marco e io ho una dannata paura» sputo fuori nascondendo il viso tra le mani, vergognandomi di come gli ho dato la notizia.
Lui mi scosta le mani dal volto e mi bacia. «Non potevi darmi notizia più bella.»
Lo guardo e noto che il suo sguardo è illuminato di una nuova luce. «E se non sarò una brava madre?»
Intreccia le nostre dita. «Sarai una brava madre e lo sai perché?»
«Perché?»
«Perché, nonostante i tuoi muri, sei sempre attenta ai bisogni delle persone a cui vuoi bene. Perché non ti risparmi mai e quando ami, ami con tutta te stessa.»
Gli occhi diventano lucidi e una lacrima sfugge lungo la guancia. Lui l'asciuga con il pollice. «Magari sbaglieremo, ma faremo del nostro meglio.»
Tiro su con il naso e annuisco.

***
Sono passati ormai sei mesi da quando Andrea mi ha detto di essere incinta e oggi abbiamo saputo il sesso: è una femmina ed io spero che assomigli a sua madre.
Mia moglie è sdraiata sul divano, i capelli scompigliati su uno dei tanti cuscini di cui si è contornata: più la gravidanza procede, più aumentano i cuscini di cui ha bisogno.
Scuoto la testa divertito da quel particolare e mi stendo di fianco a lei: sulla chaise longue c'è abbastanza posto per entrambi. La stringo a me e affondo il viso nel suo collo inalando il suo profumo: fiori d'arancio. Non sarò mai sazio di lei. Appoggio una mano sulla pancia e sento un movimento: forse un calcio, forse una gomitata. Mi alzo di scatto, alzo la maglia ad Andrea e appoggio di nuovo le mani sul ventre e la sento spostarsi.
Sorrido affascinato e rimango a fissare imbambolato il punto in cui ho visto la pelle alzarsi leggermente, poi ci appoggio le mie labbra.
Mi scosto leggermente e do voce ai miei pensieri: «Ciao, piccolina, tu ancora non lo sai, ma io sono il tuo papà e già ti amo con ogni singola parte di me, ogni singola cellula. Non vedo l'ora di tenerti tra le mie braccia e puoi stare certa che farò di tutto per renderti felice e proteggerti.» Soffio un bacio. «Anche la mamma ti ama. È un po' spocchiosa, ma dolcissima quando vuole e tira fuori il meglio di me, proprio per questo sarà una buona madre.»
Alzo il viso e due occhi azzurri spalancati mi fissano: Andrea mi sta osservando con un sorriso dipinto sul volto, ma subito dopo le labbra si assottigliano e le sopraciglia si aggrottano.
«E così io sarei spocchiosa?» dice tirandomi un buffetto sul braccio.
Le prendo il viso tra le mani. «La più bella spocchiosa», e la bacio.
«Hai sentito tutto?»
«No, ma buona parte.»
Sorrido imbarazzato.
Lei avvicina le labbra alle mie, «ti svelo un segreto: le piace la tua voce e anche tu tiri fuori il meglio di me.»
Non credo di essere mai stato più felice di così. La stringo a me, inizio a baciare ogni parte del suo corpo. Pochi minuti dopo siamo nudi, pelle contro pelle, e i nostri corpi sono intrecciati in un tutt'uno tanto che non si capisce dove finisce uno e comincia l'altro.

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