Foresee

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Gemetti a bassa voce quando mi stiracchiai tra le lenzuola calde, troppo calde.

Ansimai per un po' di aria fresca, scostai le coperte dal mio corpo bollente e mi sedetti a gambe incrociate, il cielo nuvoloso di Londra combatteva tra le mie tende per farsi vedere, mi stropicciai la faccia con le mani e sospirai.
Mi alzai lentamente e mi passai una mano sul collo dolorante sentendo una manica della mia maglia-pigiama cadermi giù per l'altra spalla. Camminai ad occhi socchiusi cercando di non cadere giù per le scale che stavo scendendo, un odore di uova mi fece fermare.
Allargai le palpebre e mi appoggiai al muro. Per quante volte avrei dovuto affrontarlo?
Per quante volte ancora avrei dovuto sentire quella sensazione allo stomaco?
Presi un respiro forte, non potevo farci niente.

Entrai in cucina e presi a giocherellare con le mie mani, la schiena di Luke era rivolta verso di me, si contraeva e formava ombre sotto la sua maglietta scura. La testa coperta dai capelli biondi era china su una padella, muoveva le mani in modo circolare per non far incollare le uova contro lo strato caldo.

-Merda.- lo sentii imprecare a voce bassa, ridacchiai.

Come se avessi detto il suo nome per la prima volta, si girò a guardarmi. Rimase immobile, mi fissava con una forchetta in mano.

Viaggiò con lo sguardo sul mio corpo e non capii quando lo vidi deglutire e abbassare lo sguardo, sembrava che le sue guance si fossero dipinte di rosso.
Aggrottai la fronte abbassando anche io lo sguardo.

Quando vidi le mie gambe totalmente scoperte portai le mani verso il basso.

-Io.- mormorai in imbarazzo -Torno subito.-

Corsi oltre al salotto ed entrai nella lavanderia, presi un paio di pantaloni della tuta scuri. Mi schiaffeggiai mentalmente per la figura che avevo fatto qualche minuto prima.

Mi sedetti silenziosamente in uno sgabello, appoggiando i gomiti sull'isola mentre osservavo Luke muoversi per la mia cucina, lanciandomi ogni tanto delle occhiate nascoste.

Mi era sempre piaciuto che la gente si trovasse bene in casa mia, che prendesse subito confidenza con esse come stava facendo Luke.

Fece strisciare una delle ultime tazze rimaste vicino a me, sorrisi sentendo l'odore del the e prese il piatto che mi passò successivamente.
Lui era così serio, si sedette al mio fianco, portò le mani sul suo viso come se potesse scacciare via la stanchezza.

-Tu non mangi?- chiesi con la bocca piena.

-Non ho fame.- rispose a bassa voce.

Abbassai lo sguardo, la colazione passò in silenzio. Avremmo dovuto parlare di questi anni, eravamo cresciuti, avevamo affrontato decisioni e cambiato il nostro cambiamento.

Il Luke sicuro di se che faceva paura a tutta la Baltimora High School non esisteva più, o almeno non era li in quel momento.

-A che ora devi andare?-

Lo guardai togliere il mio piatto vuoto e posarlo nel lavandino, dopo prese anche la mia tazza.

-Alle 9.- risposi alzandomi dallo sgambello.

Lui si appoggiò al piano bianco, era già vestito e lavato.

-Hai dormito bene?- domandai io incrociando le braccia al petto.

Lo vidi sorridere appena e non potei che essere felice.

-Te?-

-Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda.- commentai ricordando quando me lo diceva lui, sono piccole cose che non avevo mai dimenticato.

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