Se vuoi raccogliere una rosa,
devi essere pronto a pungerti.MALAKAY
La palla picchia sul parquet, si spinge verso l'alto scontrandosi sul mio palmo che la colpisce ancora e ancora. I polmoni premono contro la cassa toracica, pretendono rovinosi più ossigeno. Inspiro, i piedi si bloccano controllati, il destro lievemente avanti, le ginocchia molleggianti. Tra i polpastrelli ruvida pelle, cuciture perfette, falle di vernice. Gomito fermo, talloni che si sollevano.
Un lancio, il cuoio che taglia l'aria, perde spinta prima di crollare dentro il canestro. L'acciaio dell'anello oscilla riempiendo l'aria con il suo lieve rumore, la retina di corda bianca penzola, intrecciata.
«Complimenti» un susseguirsi di sillabe che distrugge la quiete. La sua voce che non potrà mai essere quiete.
Il mio capo che scatta, segue quel timbro così familiare, si schianta sul suo viso glaciale che mi buca il petto. Ogni volta lo stesso dolore, quella sensazione di appagamento che sa di sangue.
Deglutisco respiri affannati, le costole che continuano a sollevarsi troppo in fretta, ma non sono più certo che sia per l'allenamento.
«Rama..» quel nome una lama affilata tra le labbra, dinamita sulle ossa che adesso fremono guardandola avvicinare a passo sicuro verso di me.
«Ti stavo cercando» il ticchettio dei suoi vertiginosi tacchi rimbomba dentro il palazzetto vuoto, nel cervello come tonnellate di piombo «La tua vicina di stanza mi ha detto che eri qui» labbra morbide che si muovono svogliate, pupille che attente si guardano intorno «È molto graziosa» aggiunge e un fascio di malizia le colora lo sguardo, illuminandolo di peccato.
I nervi azzannano d'istinto la carne immaginando la scena del loro incontro, le sue parole, i gesti senza controllo «Oddio che le hai detto Rama?» il mio tono tormentano, quasi supplichevole non la smuove.
«Hai una brutta idea di me Malakai..» si finge dispiaciuta ma io so che non è così, la conosco morbosamente da sapere che nessun pensiero altrui può ferirla. Nessuno. Niente.
«Rama!» calco il tono, gli occhi colmi d'attesa su di lei irremovibile.
«Solo che se le fa piacere un giorno di questi potremmo vederci noi tre da soli e divertirci un po'» lo dice con una tranquillità disarmante, allacciando le mani al petto avvolto da una striminzita maglietta nera, che le fascia solo il seno, le braccia, lasciando scoperte le spalle dritte, il ventre piatto.
«Maledizione Rama perché fai così?» esordisco malamente portandomi esausto una mano tra i capelli. Li tiro indietro, sentendo la frustrazione brulicare sotto la pelle, risalire lungo le caviglie.
«Oddio tranquillo Mala non le ho detto nulla...quanto sei noioso» mi rassicura, portando scocciata gli occhi al cielo e uno spiffero di sollievo mi attraversa la carne, distende i nervi.
La guardo di traverso, avvicinandomi alla recinzione in ferro che delinea il campo. Mi trascino su una gamba, sentendo le sue pupille graffiare la schiena, seguire meticolose ogni mio passo. E questa ferita che mi porto sulle ossa, è anche la sua. Sono consapevole che guardarla, che guardarmi così la fa diventare dinamite, desiderosa solo di scoppiare. Farsi male, pur di fare male.
«Sei carino con questa tuta...» il suo timbro profondo mi riempie i timpani, strappandomi dai miei pensieri. Mi piego sulle ginocchia accanto al mio borsone, lascio scivolare la cerniera aprendo la tasca laterale «Da quando i zoppi possono giocare a basket?» chiede sterile, priva di tatto, compassione. È per quanto sia assurdo io la capisco, lo so che è impossibile provare pietà per un graffio, quando hai visto l'inferno nei suoi meandri più bui, l'atrocità strapparti gli occhi con violenza privandoti della dignità di essere umano.
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Tu sei veleno
RomanceDimenticate le fanciulle indifese salvate dal principe azzurro, le anime innocenti prive di qualsiasi peccato. Dimenticate le timorose protagoniste delle fiabe. Tra queste pagine, sarà il lupo a dover scappare, i cattivi ad avere paura, il demonio...