Era una danza, ed era sempre stata una danza tra loro.
Crowley chiedeva, Aziraphale rifiutava. Crowley riformulava la domanda, chiedeva scusa, argomentava, e immancabilemnte l'angelo cedeva.
Come quando avevano deciso di "aiutarsi a vicenda", svolgendo di tanto in tanto uno il lavoro dell'altro.
Come quando avevano deciso di fare da padrini al presunto Anticristo.
Come quando Crowley aveva chiesto l'acqua santa ad Aziraphale, e alla fine lui, preoccupato che l'altro potesse incappare in una situazione davvero pericolosa, aveva ceduto e gliel'aveva procurata.
Anche a distanza di anni, quello era il loro modo di essere, di agire, il rituale del demone tentatore che riesce a convincere perfino un angelo a collaborare. Una storia vecchia come il mondo.
Tranne quella volta, quell'unica volta, in cui Aziraphale gli aveva detto un secondo no. Secco, netto, che lo aveva colpito con la violenza di uno schiaffo preso in pieno viso. Si era aspettato che l'angelo non avrebbe accettato subito il concetto di "Siamo dalla NOSTRA parte", ma mai avrebbe pensato che quando gli aveva detto di scappare su Alpha Centauri insieme gli avrebbe rifilato un secondo diniego, più duro del precendete. E lui era andato via, ferito, convinto che tra di loro fosse finita.
Poi erano successe moltissime altre cose, alla fine avevano lavorato insieme per sventare l'Apocalisse e avevano avuto successo... ma qualcosa in Crowley si era spezzato. Aveva perso il ritmo, si erano pestati i piedi, e la musica era finita di colpo. Il suo sogno era stato spezzato.
Quella sera al Ritz, dopo il loro brindisi, Aziraphale aveva allungato la mano a sfiorare la sua, e lui l'aveva tirata indietro, come se si fosse scottato. Quel tempo era finito. Non avrebbe mai smesso di amarlo, di questo ne era sicuro, ma non gli avrebbe mai più confessato i suoi sentimenti, mai più gli avrebbe aperto il suo cuore.
Aziraphale, dal suo canto, aveva notato che Crowley si era ritirato. Lo aveva guardato incuriosito, ma con quegli occhiali scuri era difficile capire le sue espressioni, e quindi non ci aveva dato troppo peso. Crowley lo aveva riaccompagnato a casa, ed era andato via agitando la mano, lasciandolo sulla soglia un po' deluso. Gli sarebbe piaciuto continuare la serata. A dire il vero, gli sarebbe piaciuto che quella serata non finisse mai.
In quegli anni Aziraphale aveva lottato strenuamente con se stesso per evitare di confessare il suo affetto – amore? – al suo demone, ed era stato più volte sul punto di dirglielo, ma il pensiero delle conseguenze lo aveva sempre trattenuto. E poi Crowley era un tale bastardo a volte! Lo innervosiva sempre, lo stuzzicava, lo prendeva in giro, e lui si ritrovava confuso a chiedersi perchè fino a un attimo prima stava morendo dalla voglia di abbracciarlo. Adesso però le cose erano cambiate... L'Apocalisse, sventata. Le rispettive fazioni li temevano, e li avrebbero lasciati in pace. Forse poteva lasciarsi andare un poco. Si ripromise di sentire Crowley al più presto, e di cercare di approfondire il rapporto con lui, di fare più cose insieme. In fondo, erano gli unici due immortali sulla terra, e sebbene fossero "amici" da migliaia di anni, i loro incontri erano sempre stati abbastanza sporadici.
Il giorno dopo quindi, gli telefonò. "You know what to do, do it with style". Quella insopportabile segreteria telefonica! Un po' titubante, gli lasciò un messaggio, con una mezza speranza che rispondesse, una volta aver sentito chi era al telefono "Hem... Crowley, sono io, Aziraphale. Mi chiedevo se per caso avessi voglia di una passeggiata al parco, più tardi. Richiamami, sono alla libreria". Ma lui non lo richiamò. Nè quel giorno, nè per vari giorni a venire. Preoccupato, dopo numerosi messaggi e oltre una settimana di silenzio, Aziraphale decise di andare a vedere se era tutto a posto, e si recò all'appartamento di Crowley.
Ci era stato solo una volta, subito dopo la non-Apocalisse, quando la sua amata libreria era andata a fuoco, ma quella notte era troppo sconvolto e spaventato per rendersi davvero conto di quello che aveva intorno. A malapena si ricordava come ci fosse arrivato. Sapeva solo che avevano preso un autobus, e che per confortarlo, Crowley lo aveva preso per mano, stringendogliela senza parlare. In quel momento, il contatto con lui lo aveva davvero fatto sentire meglio, invece che renderlo nervoso come succedeva di solito.
Quando arrivò davanti alla porta ebbe un attimo di esitazione prima di suonare il campanello. Forse stava commettendo un terribile errore, stava invadendo la sua privacy, forse Crowley non c'era, forse era impegnato, e se lo avesse trovato con qualcuno?? Magari un'umana. Magari un umano? Aziraphale provò una fitta di gelosia, ma si fece coraggio e suonò ugualmente.
Dopo una manciata di secondi sentì la chiave nella toppa girare e si trovò faccia a faccia con Crowley, palesemente appena uscito dalla doccia, con solo un asciugamano intorno ai fianchi e i capelli appiccicati al viso, che aprì la porta con un ben poco educato "E adesso chi cazzo è?". Seguì un attimo di silenzio in cui entrambi, congelati nelle loro posizioni, si guardarono a bocca aperta, e poi Crowley sbraitò "Ma che cazzo ci fai qui angelo? Accidenti a te!", mentre Aziraphale, dandogli le spalle imbarazzatissimo, gli sbottò di rimando "Ma sei impazzito, aprire mezzo nudo, e se fosse stata una donna??? O qualsiasi altra persona?" – "A differenza tua, mio pudico amico, io sono piuttosto a mio agio con la nudità, lo sai" gli rispose. Ma nonostante quello che aveva detto, Aziraphale aveva notato che era imbarazzato e nervoso anche lui. Ne ebbe la conferma quando si rese conto, una volta giratosi, che nel miracolarsi i vestiti addosso Crowley aveva dimenticato di asciugarsi i capelli, che aveva addosso solo la camicia e dei pantaloni in pelle invece di essere vestito di tutto punto, e soprattutto che le lentiggini che aveva sul viso si erano fatte tutto a un tratto di un colore molto più intenso, tendente al rosso fuoco.
"Posso entrare?" gli chiese "Vieni" gli rispose, con un sorriso sghembo "Sono sorpreso che tu sia riuscito ad arrivare qui, l'altra volta eri sconvolto". Aziraphale ridacchiò, un po' nervoso "Si decisamente... per fortuna si è risolto tutto nel migliore dei modi, non trovi?". Crowley gli rispose con un'alzata di spalle, andando verso il soggiorno. Aziraphale lo guardò allontanarsi, indugiando con gli occhi sulla sua camminata sinuosa, provando un improvviso formicolio in punti non meglio identificati del suo corpo. L'altro si girò "Che fai lì imbambolato? Vieni o no?". Colto sul fatto, l'angelo sobbalzò e si affrettò dietro di lui.
Si guardò intorno. La casa di Crowley era minimalista, con pochi mobili di forme disparate. Alcuni ultramoderni, altri decisamente antiquati. I muri erano scuri, ed era piena di piante, che ricordarono ad Aziraphale l'Eden per quanto erano belle e rigogliose. "E'... incredibilmente simile a te" – "Cosa? Che intendi?" – "Casa tua. Un misto di tante cose. Non ci avevo fatto caso l'altra volta, ma ti rispecchia molto" disse, sedendosi su un divano dalle linee squadrate, così diverso dal suo. "Bah... se lo dici tu...". Crowley rimase in piedi, appoggiandosi mollemente allo stipite di una porta. Era palesemente a disagio. I capelli ancora umidi gli pendevano sul viso, un po' arricciati, e sembrava teso, pronto a scattare. "Crowley, caro, non ti vuoi sedere? Ti ho disturbato?" – "Hem... no, non avevo nulla da fare angelo, perchè?" – "Beh, allora siediti, non ci siamo visti ultimamente, c'è qualche novità?". Crowley era trasalito quando aveva sentito Aziraphale chiamarlo col solito appellativo – caro – e si era avvicinato lentamente, sedendosi un po' rigidamente all'altra estremità del divano.
"Niente di nuovo, qualche piccola tentazione qui e lì, solo per divertimento" gli rispose, con una disinvoltura che non provava. Non riusciva assolutamente a capire perchè Aziraphale si fosse presentato così a casa sua. Non lo aveva mai fatto, era sempre stato lui a cercarlo. La libreria era il luogo adatto a vedersi. Era calda e accogliente, quasi vibrante di vita nonostante ci fossero solo noiosissimi libri, mentre il suo appartamento, pur pieno di piante, era decisamente freddo. L'angelo, seduto lì su quel divano a cui non aveva mai dato la minima importanza, gli sembrava l'unico punto luminoso dell'intera stanza. Si costrinse a ricacciare quel pensiero indietro e a seppellirlo sotto strati di rabbia e delusione.
"Come mai sei venuto qui?" azzardò, pentendosi subito di averglielo chiesto. "Beh, non hai risposto alle chiamate. Mi sono preoccupato. E poi... avevo voglia di vederti" – "E da quando ci vediamo quando abbiamo voglia di vederci?" si lasciò sfuggire il demone. Aziraphale gli sorrise, timido "Beh, da adesso. Non abbiamo più un vero e proprio lavoro da svolgere, no? Allora pensavo che... beh potremmo uscire insieme. Perchè ci va".
Crowley rimase per un attimo senza parole "E cosa ti fa pensare che a me vada di vederti?". Aziraphale assunse un' espressione delusa e fece per alzarsi "Oh... capisco. Mi dispiace di averti disturbato allora" – "Aspetta angelo, non saltare alle conclusioni... sono solo sorpreso. Non mi aspettavo di vederti qui". Aziraphale sorrise di nuovo, sentendo il suo soprannome "Beh allora direi che possiamo fare quel picnic di cui avevamo parlato. Ti andrebbe?".
Si misero d'accordo. Domenica, alle nove.
Aziraphale, con un'espressione felice sul viso, si rimise la giacca e si avviò verso la porta. Gli rivolse un sorriso luminosissimo e gli diede un bacio su una guancia "Arrivederci caro, a domenica". Lo lasciò lì, a bocca aperta, a chiedersi che cosa si fosse perso nella settimana in cui non si erano visti.
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The Dance
FanfictionEra una danza, ed era sempre stata una danza tra loro. Crowley chiedeva, Aziraphale rifiutava. Crowley riformulava la domanda, chiedeva scusa, argomentava, e immancabilemnte l'angelo cedeva. Una storia vecchia come il mondo. Ma cosa succede quando l...