Aziraphale preparò tutto con estrema cura. Un cestino di vimini vecchio stile, riempito di manicaretti che si era impegnato a cucinare personalmente (con solo qualche piccolo miracoluccio qui e lì), dell'ottimo vino (una o due bottiglie, o magari anche quattro, non si sa mai), una grande tovaglia a quadri. Spinto da un impulso dell'ultimo momento, infilò dentro al cestino anche un libro di uno dei suoi poteti preferiti, John Keats. C'era una poesia che forse avrebbe potuto leggere al suo demone...
Alle nove in punto, Crowley strombazzò il Clackson della sua amata Bentley, e Aziraphale, tirato su il pesante cestino, uscì per incontrare l'amico. La Bentley era tirata a lucido e Crowley era uscito per aprirgli lo sportello e aiutarlo a caricare il cestino in macchina "Che accidenti ci hai messo qui dentro angelo? Direttamente il cuoco del Ritz, e magari pure il sommelier?" disse, alzando uno dei due sportellini in vimini. Poi vide il libro "Addirittura la biblioteca ti sei portato dietro? Non ti pare di esagerare?" – "Oh smettila sciocco! Non rimarrai deluso, ti assicuro" gli rispose, un po' offeso. Salì sulla macchina, e si diressero verso sud, poco fuori Londra, in un parco che vantava meravigliosi prati e piccoli rivi, sulle cui sponde tanti londinesi spesso si avventuravano per delle gite fuori porta.
Il paesaggio era incantevole, e morbide collinette si stendevano sotto i loro occhi. Erano stati fortunati, miracolosamente avevano trovato un bel posto appartato, vicino a un piccolo ruscello che scorreva placidamente, con un bell'albero che dispensava generosamente frescura sotto le sue fronde. Era una bella giornata, con qualche sbaffo bianco che interrompeva il blu cobalto del cielo.
Pranzarono chiacchierando, annaffiando il cibo con dell'ottimo vino rosso, fintanto che si sentirono entrambi piacevolmente rilassati e un po' brilli. Crowley si era tolto la giacca, ed era steso su un lato della loro tovaglia a quadri con le braccia incrociate dietro la testa, guardando le nuvole che pigramente si muovevano nel cielo. Aziraphale, a gambe incrociate e senza scarpe, sedeva sull'altro lato. Aveva preso il libro tra le mani, e lo aveva aperto alla pagina che gli interessava "Ti va se leggo qualcosa ad alta voce caro?" azzardò. Crowley aprì gli occhi – si era tolto gli occhiali da sole, e i suoi occhi dorati sembravano ad Aziraphale più luminosi del sole stesso in quel momento – "Se proprio insisti angelo". Soddisfatto, Aziraphale iniziò a leggere con sentimento una delle odi di Keats, "Lamia". La poesia parlava dell'alato Hermes, messaggero degli dei, che incontrava un meraviglioso serpente, dalle squame lucide e multicolori, e il serpente gli chiedeva di ritrasformarlo nella donna che era un tempo.[...] The God, dove-footed, glided silentlyRound bush and tree, soft-brushing, in his speed,The taller grasses and full-flowering weed,Until he found a palpitating snake,Bright, and cirque-couchant in a dusky brake. She was a gordian shape of dazzling hue,Vermilion-spotted, golden, green, and blue;Striped like a zebra, freckled like a pard,Eyed like a peacock, and all crimson barr'd;And full of silver moons, that, as she breathed,Dissolv'd, or brighter shone, or interwreathedTheir lustres with the gloomier tapestries—So rainbow-sided, touch'd with miseries,She seem'd, at once, some penanced lady elf,Some demon's mistress, or the demon's self. [...]
Crowley ascoltava in silenzio, ad occhi chiusi. Hermes acconsentiva graziosamente a farla tornare la donna meravigliosa che era stata, ma lei in cambio avrebbe dovuto svelargli dove fosse la ninfa che stava cercando. A quel punto Aziraphale si impappinò. Leggendo, si era ricordato di come finesse la storia, e quindi cercò di cambiare argomento "Oh sono davvero noioso, no? Magari la leggeremo un'altra volta" – "No angelo, finisci la poesia" – "Caro, sei sicuro? E' davvero lunga e penso che..." – "No angelo. Conosco questa poesia. Conoscevo Keats, e ricordo quando la scrisse. A dire il vero, lui aveva... una cotta per me. Probabilmente nella sua idea, io rappresentavo Lamia. Ma Hermes non voleva lei, voleva una ninfa. E quando Lamia incontra il suo amato Lycius, poi non finisce bene. Lei svanisce alla fine, e lui muore. Nessun dio alato ha mai guardato o guarderà mai un serpente". Aziraphale si sentiva mortificato. Aveva scelto di leggere quella poesia perchè si identificava con Hermes e vedeva Crowley come Lamia, ma aveva commesso un errore davvero grossolano non ricordandone la fine. Profondamente imbarazzato, non riuscì a trovare nulla da dire e si chiuse nel silenzio.
Fu Crowley a romperlo, una manciata di minuti dopo.
"Angelo, si può sapere che ti prende? Sei strano. Mi sei piombato a casa, mi inviti a un picnic e poi mi leggi poesie?" – "Io... ho pensato a noi. Mi sei molto caro. Lo sei sempre stato, ma adesso... è tutto diverso. Pensavo che forse le cose tra noi potevano cambiare" concluse, in un soffio. Crowley si tirò su un gomito "Cambiare?" disse "CAMBIARE? Sono centinaia di anni che spero possano cambiare, e ora che ho rinunciato tu vuoi che CAMBINO? Non sai cosa stai dicendo". Aziraphale lo guardò, con gli occhi lucidi "Io... Crowley... caro..." – "NON CHIAMARMI CARO!" gli urlò contro "Per anni ho creduto che ci fosse qualcosa tra noi, ma tu mi hai deluso, mi hai detto di no, non sei voluto venire via con me!" si lasciò sfuggire infine. "Venire dove?" – "Lascia perdere angelo, non è più importante" rispose, stancamente "Non ho voglia di litigare. Non possiamo goderci questa giornata, da buoni amici?" – "Naturalmente ca... Crowley" concluse Aziraphale.
Non fu facilissimo ricominciare a parlare in modo normale, ma nel corso dei millenni avevano avuto tanti battibecchi e alcuni litigi più pesanti, e lentamente, un po' zoppicando, le cose tornarono alla normalità. Più o meno. In realtà, Crowley aveva notato che Aziraphale era molto più attento, più presente. Lo chiamava. Lo invitava spessissimo, alla libreria, o al parco, o a cena. Addirittura, aveva deciso di comprare un cellulare (e Crowley gli aveva regalato una cover in fantasia tartan), e gli mandava dei messaggi. Aveva imparato ad usare le emoticon, e si firmava sempre con quella dell'angelo. Alla fine, diventò consuetudine che ogni giorno, a chiusura della libreria, Crowley si presentasse e che cenassero insieme, o chiacchierassero e basta.
Aziraphale non aveva più accennato a quello che era successo il giorno del picnic, ma in effetti le cose erano cambiate. Volente o nolente, Crowley si stava abituando a quel nuovo ritmo. Nel tempo di qualche mese, quelle serate erano diventate l'unica parte davvero interessante o piacevole dei giorni che passavano.
Aziraphale però non si era arreso. In effetti aveva fatto davvero tutto quanto fosse in suo potere per riconquistare il cuore del suo demone. In parte, forse, ci era riuscito, ma non era abbastanza. Aumentando il numero dei loro incontri, parlando di più, vedendosi così spesso, Aziraphale aveva imparato ad amare ogni piccolo gesto di Crowley. Quando aggrottava le sopracciglia. Quando di tanto in tanto rideva. Il suo sinuoso incedere, con le mani affondate nelle tasche. Quando si tirava indietro i capelli, che si stavano di nuovo allungando (con immensa gioia dell'angelo, che adorava la sua chioma di fiamma). Il modo in cui si sedeva, allargando le gambe e appoggiandosi scomposto allo schienale del divano. E nell'ultimo periodo, molti dei gesti abituali di Crowley provocavano in Aziraphale fremiti e formicolii un po' ovunque, ma più spesso concentrati nella zona dell'inguine. Forse la sua natura angelica poteva essere soddisfatta dalla conversazione con Crowley e dalla tenerezza che provava nei suoi confronti, ma sfortunatamente aveva anche un corpo che – se ne stava rendendo conto solo ora – era decisamente, dolorosamente, spaventosamente umano.
In effetti, aveva provato quasi tutto. L'unica carta che non si era ancora giocato era quella della seduzione. Vera e propria. Quella sessuale. Aziraphale aveva letto moltissimi libri sull'amore, ed era certo che amasse il demone di cui era amico da oltre seimila anni, ma per quanto riguardava la passione... beh era un discorso diverso. Era del tutto impreparato. La prima cosa che gli venne in mente, fu di leggere qualcosa sull'argomento. Provò con i libri di educazione sessuale, ma le api e i fiori lo aiutarono ben poco. Aveva capito cosa fosse il sesso, ma per quanto riguardava il comprenderlo... Era lontano anni luce. Anche quegli altri libri in cui si parlava un po' più esplicitamente di sesso non erano sempre chiari. Sembrava che le donne si sciogliessero ad ogni tocco. Gli uomini invece sembravano essere sempre forti e virili, e regalavano piacere in modo rude ma appassionato. Assolutamente non era chiaro. Anche perchè lui era un uomo, tecnicamente, ma non si sentiva granchè virile. Ma era anche un angelo. Come funzionava il sesso negli angeli? Ovviamente questo nessuno lo sapeva, erano stati aperti dibattiti durati secoli, e mai chiusi. E per i demoni? Era già complicato tra uomini e donne, figuriamoci tra un angelo e un demone.
Fece qualche debole tentativo di mostrarsi virile, aprendo barattoli di marmellata al posto di Crowley, o abbassando il tono della voce (il che portò il demone a chiedergli se per caso fosse diventato il primo angelo a prendere il mal di gola), o arrotolandosi le maniche della camicia per mostrare i muscoli (sentendosi ridicolo, perchè il farfallino e il panciotto mal si sposavano con la camicia conciata in quel modo). Tutto questo non faceva altro che confondere Crowley, che sempre più spesso gli lanciava sguardi interrogativi con le sopracciglia aggrottate.
Alla fine si arrese. Non aveva capito come funzionasse la seduzione. Aveva bisogno di aiuto. Qualcuno che gli spiegasse il senso, il perchè. Beh, poteva chiedere a Madame Tracy. Sembrava la persona giusta.
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The Dance
FanfictionEra una danza, ed era sempre stata una danza tra loro. Crowley chiedeva, Aziraphale rifiutava. Crowley riformulava la domanda, chiedeva scusa, argomentava, e immancabilemnte l'angelo cedeva. Una storia vecchia come il mondo. Ma cosa succede quando l...