VIII - EPILOGO

35.4K 1.3K 11.2K
                                    

RICORDO E VI PREGO GENTILMENTE, IN QUANTO AUTRICE, DI NON PROCEDERE A STAMPARE NULLA DI QUESTO RACCONTO, NE' PER INTERO NE' IN ALCUNA SUA PARTE. GRAZIE.







I thought I was Narcissus

but I am the lake

CAPITOLO VII – epilogo.




Incontro Harry Styles nella sua lussuosa villa a Los Angeles. La casa si erge, potente, sulla cima di una collina. È nascosta dalla strada grazie ad alcune alte piante che ne privano la vista agli estranei. Se non sapessi che è proprio qua che devo essere, dubiterei che ci sia un'abitazione in questo posto. La scogliera scende a picco sul mare e la vista è mozzafiato. Per arrivare fino all'ingresso devo superare l'ampio cancello e percorrere per qualche centinaio di metri il lungo sentiero asfaltato che mi porta dritta davanti al portone di casa.

Nonostante avessi insistito per incontrarci altrove magari in quel ristorante che so essere il suo preferito il modello mi aveva assicurato che non avrebbe avuto problemi a ricevermi in casa propria.

La cosa mi aveva mandata in ansia per settimane, posso assicurarlo.

Quando entro, vengo accolta dalla risata di un bambino. Lo vedo subito, al centro del soggiorno, sdraiato a terra e ridente.

Davanti a me, però, sono Harry Styles e Louis Tomlinson ad essere sorridenti ed accoglienti. I perfetti padroni di casa. E sorprendentemente, nonostante mi trovi a casa di uno dei più famosi modelli del momento e del fotografo più richiesto dall'alta moda, mi sento a mio agio.

Si presentano come se non avessi idea di chi siano, stringendomi la mano a turno e tenendo sempre i sorrisi contagiosi sul viso. Sono felici. Riesco a dirlo perché mi sento spettatrice di questa elettrica felicità e la percepisco come se fosse nella stanza con noi: un'altra presenza reale che si unisce a noi.

Louis Tomlinson è poggiato contro il fianco del compagno, con un braccio ad adagiarsi sulla sua vita, mentre Harry Styles lo stringe dalle spalle. Insieme, sono una bellissima coppia. In questo momento, nell'intimità della loro dimora, ai miei occhi sono ancora più belli di quanto mi siano sembrati esserlo dalle foto che per settimane sono apparse su tutti i giornali.

È un onore per me, essere qui. E glielo dico, un po' timida, mentre siamo ancora all'ingresso.

È a quel punto che il bambino ci raggiunge, scalzo e pacato. Ha sul viso lo stesso sorriso di Louis e lo stesso paio d'occhi azzurri. La somiglianza è incredibile e mi scalda il cuore, in qualche modo. Si avvicina a me e dal basso mi tende la mano come poco prima hanno fatto i due adulti dietro di lui.

"Jackson Tomlinson" si presenta. Ha la voce dolce e scandisce bene le parole, sembra privo dell'accento del nord Inghilterra che invece contraddistingue la parlata di suo padre.

Ha la stessa educazione, però. Lo posso dire perché mi sorride allo stesso modo, scuote la mia mano con delicatezza e abbassa il viso da bambino quando si allontana, come se per lui fosse un segno di rispetto. Si rifugia tra le gambe di Harry, e per la prima volta sembra avere i nove anni che so abbia.

È proprio Harry a mettergli le mani sulle spalle, mentre io ancora sorrido, e guardandomi intorno scherzo sul fatto che mi sarei aspettata mi accogliesse una governante o uno degli assistenti della coppia.

Louis ride, scuotendo la testa e comprendendo la mia intenzione di smorzare la tensione (soprattutto mia) per questa intervista.

"Niente governanti e niente assistenti. Siamo in grado di fare tutto da soli. Tranne cucinare, io non so proprio farlo, quello. Ma il giovane Harold, qui, è un cuoco eccellente" mi risponde.

I thought I was Narcissus but I am the lakeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora