Lena
È solo un anno, ma a me sembra che sia passato molto di più.
Davvero, sembrava non finire mai, come se io fossi rinchiusa dentro una clessidra di vetro e il tempo si limitasse a prolungarsi: è finita la sabbia? No, si gira la clessidra ed eccoci punto e a capo.
Alcuni giorni sentivo di potercela fare, più di altri, e sentivo la conclusione di questo percorso avvicinarsi. Poi mi accorgevo di quanti metri, anzi chilometri, mancassero al traguardo ed era come tornare ai primi mesi dentro la clinica, quando sorridevo fuori convinta, ma dentro stavo marcendo, morendo.
Se ripenso a quei momenti, mi sembra ancora più incredibile essere arrivata qui, dove sono oggi, dopo solo un anno.
Certo, ho terminato il mio percorso di riabilitazione nella clinica, ma qua fuori, nella realtà, non è finita. Nonostante io mi sia lasciata tutto alle spalle, con tutta la sofferenza che ne consegue, nonostante io abbia detto addio a questo posto, a questa città, a certe persone, mi ritrovo di nuovo qui, esattamente dov'ero poco più di un anno fa.Fisso le porte di vetro dell'edificio e combatto contro me stessa e contro la mia memoria, che fa riaffiorare ricordi bellissimi, ma altrettanto dolorosi.
Alla clinica mi hanno detto di concentrarmi sulle cose più belle, di estrapolare qualcosa di positivo anche dalle esperienze negative. Ed è ciò che ho fatto anche con Dario.
Raccontavo a me stessa la nostra storia e affogavo in ogni ricordo, anche se era lontano, anche se non l'avrei più rivisto. Mi ricordavo ogni giorno il motivo della mia scelta: l'ho fatto per me, l'ho fatto per lui; lui mi ha insegnato ad aprirmi e a volermi bene, ma non è bastato, e tenerlo vicino avrebbe significato trascinarlo con me, dargli l'illusione che avrebbe potuto salvarmi. Non poteva, nessuno poteva. Solo io.
Mi guardo il polso, dove tengo ancora la fascetta, nera come il ricordo a cui si lega. Poi guardo il cestino, dove qualcuno ha gettato le cartacce di un panino, e butto via il mio bracciale.
Le cicatrici sulla mia pelle sono ormai chiare, sbiadite sotto la luce del sole, e non ho più bisogno di coprirle: mi ricordano che ce l'ho fatta.
Tiro un sospiro e supero la barriera di vetro tra me e quel corridoio, che ho odiato per tanto tempo, ma che adesso è l'unico posto in cui vorrei essere. Mi avvicino alla porta dello studio e sono un po' eccitata all'idea di rivedere la dottoressa Gabrielli dopo tutto questo tempo: ci sono così tante cose che voglio raccontarle.
Chi l'avrebbe mai detto, eh? Mi manca la psicologa!
Come una forza che mi attira, mi volto a guardare il cortile oltre la porta di vetro, lo stesso dove mi sono incontrata con Dario tante volte, dove mi baciava prima di salutarmi.
Chissà che cosa starà facendo lui, adesso...La porta dello studio si apre e quasi mi colpisce in faccia, ma mi sposto appena in tempo per evitarla. Quando alzo gli occhi, rimango senza parole.
- Dario? -
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E con la prossima parte finirà anche questa storia...
Tenetevi pronti! 😊Vi aspetto nei commenti 💕
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Chi può salvarci
FanfictionLe persone si possono incontrare nel più inaspettato dei posti. E scoprire di avere in comune gli stessi demoni nascosti.