10. Tentar non nuoce

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Lena

Continuano le mie sedute dalla psicologa. Non vorrei esagerare, ma direi che le cose stanno andando bene, tutto sommato: ogni giovedì riesco ad aprirmi un po' di più e ad affrontare sempre più aspetti della mia vita. Il muro che ho messo tra me e il mondo sembra scalfirsi piano piano, ma nonostante questo ci sono cose - demoni - che voglio rimangano solo miei e che non sono disposta a condividere con nessuno. Neanche con Dario, che cerca sempre di scavare a fondo nei meandri della mia testa matta. Ho paura che a forza di scavare, non riuscirà più a uscirne.
Mi tornano alla memoria le immagini di lui al mare, bagnato e scompigliato, che mi bacia il polso e mi guarda intensamente. Quel ricordo è così vivido che mi sembra di rivederlo qui davanti a me: lui e i suoi occhi castani, che mi studiano e cercano di decifrarmi. Mi chiedo se l'abbia capito, o almeno intuito; mi chiedo che cosa pensi di me ora che ha visto le cicatrici sulla mia pelle.
Fisso il bracciale nero e sono assorta tra i miei pensieri, ma una voce mi riporta alla realtà.

- Ciao, Lena. -
Pensavo che non l'avrei mai riconosciuto, qua in mezzo alle persone di questo bar sconosciuto. Dopo tutti questi anni, immaginavo che fosse cambiato, invecchiato, e che sarebbe stato difficile far combaciare l'immagine lontana del suo viso con quella attuale, per me nuova; ma soprattutto pensavo che la sua voce sarebbe stata diversa. Invece la riconosco subito, prima ancora di alzare gli occhi.
- Ciao. - ricambio il saluto, limitandomi a quello perché non saprei come chiamarlo: "babbo" sarebbe troppo, dopo 8 anni di assenza.
Lui si siede al tavolo davanti a me.
I suoi occhi scuri non mi guardano mai direttamente, ma d'altronde sono la prima ad evitare il contatto visivo.
Ecco da chi ho preso, penso.
Ha i capelli brizzolati e corti, quando ero piccola li portava lunghi e legati in una coda bassa, mentre adesso sono tirati indietro con del gel. Sembra un'altra persona.

Roberto inizia a parlare, credo si stia scusando, ma ho smesso di ascoltare. È come se la mia anima si fosse separata dal mio corpo e osservasse tutto dall'alto, fluttuando vicino al soffitto: da lì è difficile sentire cosa mi sta dicendo.
"Devi sapere che... Tutto questo tempo... Debolezza... Mi dispiace... Ginevra... Spero che tu... Capisci ciò che dico..."
Le sue parole mi arrivano a intermittenza, e ne colgo solo alcune parti, all'interno di un discorso quasi ipnotico.
Chissà se si è allenato davanti allo specchio per questo.

Sento la sua mano appoggiarsi sulla mia e quel gesto mi riporta nel presente.
- Mi farebbe davvero piacere cercare di recuperare questo rapporto, iniziando col vederci più spesso, per recuperare un po' il tempo perso... - sta dicendo.
Sul suo viso c'è stampato un sorriso, circondato dalle rughe di chi ha superato i 50 ed è molto vicino ai 60. Se non fosse mio padre, penserei che sia davvero sincero, che ci tenga.
Sono combattuta tra la diffidenza e la speranza, ma alla fine decido di dar retta al lato buono e fiducioso che è in me.
- Va bene, credo che si possa fare. - gli rispondo allora, cercando di mantenere il contatto visivo giusto il tempo necessario a conferire più fermezza alle mie parole.
- In fondo tentar non nuoce. -
Lui sorride ancora di più, e sembra davvero sincero e con buone intenzioni, ma non riesco più a guardarlo in faccia.
Chissà se ciò che dice è vero.

Dario

Fisso la pagina di Word, e per la prima volta dopo 6 mesi non è vuota. Non so se per questo devo ringraziare la dottoressa, oppure Lena.
È sempre più difficile pensare a lei senza andare su di giri, e un po' mi spaventa la velocità e l'intensità di ciò che sto vivendo con lei. Ma forse è proprio questa novità che mi sta aiutando a pensare, a scrivere e concretizzare.
Forse Lena è esattamente quello che mi serviva per sbloccarmi, per salvare la mia situazione.

Butto fuori il fumo della sigaretta, ormai quasi finita, e rileggo ciò che ho scritto con un piccolo moto di soddisfazione.
- Allora sei vivo! - grida mio fratello Leonardo, spalancando la porta di camera mia e facendomi prendere un colpo.
- Di solito si bussa prima di entrare! - gli faccio notare, irritato.
Lui ignora ciò che ho detto ed entra in camera mia, accomodandosi sul mio letto come se fosse il suo, con i suoi vestiti sportivi e la sua testa rasata appoggiata sul mio cuscino.
- Pensavo fossi morto, qua dentro. È tutto il giorno che non esci di camera. Ma almeno ci vai in bagno o la fai fuori dalla finestra!? - ridacchia da solo della sua battuta e io roteo gli occhi al cielo in risposta.
- Ero impegnato a scrivere. - gli faccio notare, come se il computer aperto con il foglio digitale lì davanti non fosse già una prova evidente.

C'è un momento di silenzio fra di noi, in cui spengo la sigaretta e mi chiedo se sia venuto qui perché abbia qualcosa da dirmi.
- Senti Dario, ma è tutto ok? - mi chiede all'improvviso, cogliendomi alla sprovvista.
- Certo. Perché? - rispondo di getto, risultando poco convincente.
- Sei strano, ultimamente. Un giorno sembri felice, a posto, quello dopo sparisci in camera e diventi quasi come... Un fantasma. -
Leonardo è sdraiato sul mio letto e sta fissando il soffitto, con le mani congiunte sulla pancia. I suoi occhi castani - uguali ai miei - non mi cercano e forse è meglio così, perché almeno non può vedere l'espressione interdetta che ho in questo momento.
Mi alzo dalla sedia della scrivania per andare a sdraiarmi accanto a lui.
Non molto tempo fa, riuscivo a parlare di tutto con mio fratello, ma per un motivo o per un altro ci siamo persi di vista, ed è diventato sempre più difficile comunicare. Eppure io sono un grande fan del dialogo, delle conversazioni, delle parole. Com'è possibile che proprio io, proprio noi, abbiamo smesso di parlare?
Tiro un sospiro, e decido che è il momento di rompere questa brutta abitudine.
- In effetti sono successe un po' di cose. - inizio a dire.
- Hai conosciuto una tipa? - mi anticipa lui.
Mi giro a guardarlo, stupito.
- Ma come fai a..? -
- Beh è piuttosto evidente. A volte torni a casa e sorridi senza motivo, sei allegro. Quindi o ti droghi, o hai la tipa... O entrambe. - dice, per poi guardarmi con un'espressione investigativa e un po' sciocca.
Scoppiamo entrambi a ridere.

Quando la risata si esaurisce, sento che mio fratello è la persona giusta al momento giusto.
- Lei si chiama Lena, comunque. -
- Lena, eh... - ripete Leonardo.
- È gnocca? - mi domanda poi ammiccante.
Gli tiro un pugno sulla spalla.
- No, lei è proprio bella... - sussurro, per non farmi sfuggire quel pensiero dalle labbra, e nel farlo mi scappa un sorriso.
- Uuuh! Sei cotto marcio, fratello mio! - mi prende in giro Leo, ma stavolta lo lascio fare perché ha dannatamente ragione.
Sei cotto a puntino, caro.

- Ma devi sapere che non è l'unica donna della mia vita. Ce n'è un'altra: si chiama dottoressa Gabrielli... -
Rimaniamo così per almeno due ore, a raccontarci tutto ciò che non ci eravamo detti negli ultimi mesi, e a ricordarci che un fratello è una persona su cui poter sempre contare, anche se ti ruba il letto e ti prende costantemente per il culo.

Lena

Mi ritrovo da sola a casa, perché mia madre è a cena fuori in vista della serata con le sue amiche. Mi ha lasciato la cena pronta e un bigliettino appeso al frigo per avvertirmi che tornerà tardi.
Probabilmente è meglio così, dopo il pomeriggio che ho avuto. Non so quante ore siano passate al bar con Roberto, so solo che lui continuava a parlare e giustificarsi, forse sentendosi in colpa per le troppe parole che gli uscivano dalla bocca, mentre io lo fissavo silenziosa e mi sentivo fuori dal mondo, dentro ad una bolla.
Se mia madre fosse qui adesso, se sapesse che l'ho visto, sicuramente mi starebbe rimproverando e mi starebbe lanciando una delle sue frecciatine che non significano niente, ma che lasciano intendere tutto.
È strano e forse brutto da pensare, ma certe volte la sua assenza mi dà conforto.

Mangio la mia cena e vado alla finestra a guardare il tramonto. Bolognina non è certo la zona migliore che ci sia, ma sotto la luce arancione e rosa del sole, sembra quasi un altro posto.
Mi chiedo quanto sia lontana la casa di Dario, da qui; so che anche lui vive in questa zona, ma   non ho ancora avuto occasione di scoprire dove. Forse un giorno vedrò casa sua, entrerò nella sua camera e conoscerò i suoi genitori. Ma per oggi, ho deciso, mi limiterò ad invitarlo qui da me.

Senza rimuginarci troppo, prendo il cellulare e gli mando un messaggio. Quando lui risponde, quasi subito, sento la mia faccia tendersi in un sorriso.
Con lui è inevitabile.

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Nel prossimo capitolo:
Ammetto che stavo aspettando un suo segnale, una chiamata o un messaggio, da tutto il giorno, e che quando lo schermo del mio telefono si è illuminato col suo nome, mi sono illuminato anch'io.
Esco dall'ascensore al terzo piano e lei è lì che mi aspetta, fa capolino dalla porta socchiusa, sporgendosi per farsi notare, con i capelli lunghi e biondi che le ricadono sulle spalle.

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, lo so che avevo detto che sarei sparita per un po' (e in effetti è così, più o meno) ma poi penso a voi che seguite la storia e mi dispiace lasciarvi senza niente troppo a lungo!
Quindi visto che sono riuscita a scriverlo, ecco qui il decimo capitolo!

Fatemi sapere cosa ne pensate ❤️



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