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Il diavolo si presentò all'uomo

- Dimmi... -

- Perché? Perché succede ciò? Perché non riesco a smettere di uccidere? -

- Tu vuoi una grande stirpe, no!? Ed io te l'ho data, ma per ogni possibile nato, un uomo deve venire a me, per lasciargli il posto, non posso restare senza anime nel mio regno. Ricordati che hai fatto un patto col diavolo e non ho una buona fama. -

L'uomo disse che non era ciò che aveva chiesto e che non sarebbe più stato al suo servizio... ma quelle furono le sue ultime parole.

Anne passeggiava su e giù nervosamente nel corridoio dell'ospedale.

- Cavolo, cavolo, cavolo! Stupide regole! -

Voleva entrare, sapeva di non potere. Sapeva che Ariel non era una sua parente, anche se la considerava sua sorella e sapeva che in quel momento era permesso solo ai parenti di entrare nella stanza. Vedeva la luce solare uscire da sotto la porta e si mangiava le unghie attendendo.

- Creature meravigliose gli uomini, non trovi? -

Lucifero parlava nell'orecchio del suo amichetto che annuiva freneticamente ridendo.

- Puoi giocare con loro in mille modi, sono sciocchi -

- Guarda quello! - esclamò l'essere rossastro tra le sue mani - Quello a me non piace! -

Poche parole, uno sguardo, un'intesa e un povero uomo libero divenne la pedina di un gioco infinito.

Carlo e Matteo non si parlavano da un po' di tempo e fu strano per Matteo ricevere quella telefonata.

Non avrebbe voluto rispondere ma lui lo obbligò.

Carlo parlò veloce e ridendo, gli mancava il suo amico, gli proponeva degli appuntamenti, gli disse di aver conosciuto una ragazza e di aver comprato un cane.

Matteo mugugnava dei "sì" forzati, sperava l'amico capisse ma era testardo e fu costretto a cedere sotto la forza di Coso.

- Alle 19.00 al bar sotto casa tua. -

Matteo stava per piangere.

Carlo sorrideva emozionato.

La signora bionda con i tacchi a spillo e i guanti neri chiese all'infermiera informazioni su sua figlia.

- Stanza 406 -

Ringraziò.

Non bussò neanche quando vide la porta giusta e neanche si accorse che sdraiata sulle seggioline appena fuori dalla porta una ragazzina dormiva.

- Sei la solita incosciente! -

Non si mise ad urlare, né abbracciò la figlia. Aprì la finestra e si accese una sigaretta.

- Ti rispedisco da tuo padre. Sono stanca dei tuoi giochetti. -

Ariel aprì appena gli occhi, le saliva la nausea se provava a muoversi.

Cercò la mano di Anne. Non c'era.

Si guardò intorno impaurita.

La madre continuava a fumare.

- Non è qui - disse calma.

- Mi pareva di essere stato chiaro! Stai continuando a rimandare e non posso permettertelo. –

- Coso, fatti gli affari tuoi. –

- Pensi che portandole lo scrigno cambi qualcosa? Credi che Carlo avrà salva la vita? Credi sarà l'unico a morire? –

- Coso, le tue parole mi entrano da un orecchio e mi escono dall'altro. –

- Sì, sì, continua pure ad ignorarmi! Vedrai come la smetterai di fare il duro se Lui decide di scendere. –

- Sarebbe bello, così gli spiego che io non ho firmato un contratto e se vuole l'anima di qualcuno deve andare a chiederla a chi ha firmato per questa stupida maledizione! –

- Sai che l'uomo di cui parli è morto molto tempo fa? Magari ti racconto di nuovo la storia, così capisci che Roberto ha fatto quello che ha fatto, solo per disperazione. –

Carlo prese il telefono e digitò il numero della sua ragazza. Lei rispose. L'aveva svegliata, stava dormendo. Le chiese come stava, lei fece altrettanto con lui. Stavano entrambi bene. Avevano qualcosa da dirsi. Lui voleva far parlare prima lei. Lei voleva parlasse prima lui. Passò qualche minuto. Lei disse che voleva invitarlo a cena, sperava in un appuntamento a 4. Carlo sorrise, voleva lo stesso.

Una maledizione è per sempreWhere stories live. Discover now