Capitolo 1
Erano passati giorni, ma sentivo come se il mio corpo fosse ancora in quel corridoio privo di colore. La mia mente era offuscata dal perenne pensiero che una parte di me fosse morta insieme ai miei genitori, lasciandomi privo di qualsiasi emozione: positiva o negativa che fosse.
Respiravo, camminavo, alle volte mi ritrovavo persino a proferire parola, ma la mia visuale si era spostata un po' più alto, ed il narratore della mia storia, era diventato esterno.
Mi guardavo dall'alto, mentre girovagavo senza meta tra gli studenti.
– Dio, ho così tanta fame. – Una ragazza del terzo anno mi passò accanto, afferrando la manica della mia felpa. – Hai monete? – Monete? Non ricordavo nemmeno quali vestiti stessi indossando...
La spinsi via con uno strattone.
– Signorina Patil, vada ad elemosinare da un'altra parte. – Uno dei professori che supervisionava l'atrio, la prese al volo, portandola lontana da me.
Pareva che diventare orfano fosse una giustificazione abbastanza valida per trattarmi in modo condiscendente. Non mi interessava. Affatto.
L'unica ragione per la quale continuavo a frequentare il liceo, era Sirius. Non avevo intenzione di pesare sulle sue spalle, più di quanto già non facessi con la mia sola presenza. Vivere a casa sua non era facile, e provvedere ai miei bisogni nella situazione in cui si trovava, lo era ancora meno.
Se avessi lasciato la scuola, di certo non se lo sarebbe perdonato.
Inoltre continuare a frequentare le lezioni, era un intricato e alle volte inutile, modo di tenere a bada i miei amici, diventati sempre più asfissianti.
Se ne stavano lì, attaccati alle mie caviglie in ogni momento della giornata, facendomi domande su domande, tanto stupide da farmi quasi ridere.
– Come ti senti oggi? –
– Vuoi che ti vada a prendere qualcosa da mangiare? –
– Ti va se stasera vengo a casa tua per farti un po' di compagnia? –
Tutte quelle attenzioni non richieste cominciavano a darmi sui nervi. Più di tutte, quelle di Ginny.
Mi aspettava fuori dalla mia classe ad ogni intervallo, mi seguiva durante la pausa pranzo e alla fine delle lezioni. Mi prendeva per mano e mi portava a spasso per i corridoi, quasi fossi un cucciolo smarrito, o il soggetto del suo servizio civile.
Parlare con lei era fuori discussione, data la mia propensione al mutismo selettivo... ma forse avrei potuto scriverle un bigliettino...
– Signor Potter? – Un libro venne sbattuto sul mio banco, facendomi alzare lo sguardo. – Non ha sentito la campanella suonare. Di nuovo. – Il professor Piton mi fulminò con gli occhi, anche se il suo tono di voce era tanto pacato da sembrare persino gentile.
Buttai lo zaino sulla spalla e mi avviai verso la porta.
Piton mi fissò senza fiatare.
In situazioni normali mi avrebbe detto qualcosa di velatamente acido, ma ultimamente anche la sua crociata nei miei confronti si era ammorbidita.
Lui e mia madre erano stati compagni di classe per diversi anni durante l'infanzia, ed ero convinto che ignorarmi fosse il suo modo di onorarne il ricordo.
– Non sarà giustificato ancora per molto, signor Potter. – Mi fermai, senza voltarmi. – Tra non molto, sarà costretto a tornare alla normalità. – Sentii i suoi passi, mentre si spostava nuovamente verso la cattedra.
– Sta cercando di mettermi in guardia, professore? Da cosa? Dalla vita? – Mormorai tra i denti.
– Sto solo cercando di darle una mano. La morte fa anch'essa parte della vita. Prima o poi siamo tutti destinati a sparire nel suo oblio, e reagire nel modo in cui sta facendo lei è deleterio. – Le sue parole furono tanto profonde quanto superficiali.
Strinsi i pugni, uscendo dall'aula.
– Harry! Dov'eri finito? – Ginny mi afferrò per il gomito, trascinandomi a ridosso del muro, in modo da non essere trascinati via dagli altri studenti che cambiavano aula.
– Stavo parlando con il professore. – Appoggiai la schiena sulla parete, mentre il suono metallico dello zaino che sbatteva sull'armadietto rimbombava nelle mie orecchie.
–È successo qualcosa? Hai problemi con Piton? Vuoi che ti dia una mano con gli assegni? Potrei aiutarti a... –
– Ginny, smettila. – Le appoggiai le mani sulle spalle, zittendola. –Tu sei al quarto anno, e io al quinto. I nostri programmi non sono neppure uguali. E poi non ho alcun problema con i compiti o con i professori. –
– Cercavo solo di darti una mano. – Sussurrò.
– Non ho bisogno del tuo aiuto. – Approfittai della mia presa sulle sue spalle per spingerla leggermente, facendola indietreggiare. – Ci vediamo dopo. – Non avevo la minima intenzione di starmene lì a discutere con lei.
– La mensa è dall'altra parte! – Ma io ero già lontano.
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Together alone || Drarry (REVISIONATA)
FanfictionNon c'era nulla. Solo una insormontabile e orribile sensazione di vuoto. Non sapevo cosa, o chi ci fosse accanto a me, perché i miei occhi erano rivolti verso il muro bianco sporco che avevo davanti. Il mio collo sembrava bloccato nella direzione d...