Carillon.

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Non mi sono mai piaciuti i carillon.

Quei suoni meccanici sono inquietanti, e lo scricchiolio delle molle all’interno della scatoletta mi ha sempre messo i brividi. Non mi piace l’idea di un suono meccanico, tutto qui, sono un purista della musica classica.

Ed averne la casa zeppa non aiuta.

Mia madre, mia nonna, la mia bisnonna…

tutto il ramo femminile della parte di mia madre è caratterizzato dalla passione per quei maledetti aggeggi. E non lo sopporto. Persino quando ero piccolo, mia madre insisteva a mettermi dei carillon vicino alle orecchie per farmi addormentare, ma peggiorava soltanto le cose: piangevo come un vitello. E la situazione non è migliorata: quando sento il suono di un carillon scatto come una belva e mi allontano il più possibile.

L’idea di sentire un suono artificiale mi rende irrequieto.

Se poi contiamo la maledetta scatolina nera che stava sul mobile antico del soggiorno, facciamo bingo. Era una maledetta scatola con dei fregi dorati tutt’intorno, niente di particolarmente interessante, se non fosse stato per la chiavetta per la carica all’esterno. Devo ammettere, però, che se non fosse stata un carillon l’avrei trovata un bellissimo ornamento.

Mia madre mi diceva sempre di non aprirla, perché succedevano brutte cose a chi lo faceva. Non che avessi particolare interesse a farlo, anzi, più lontano stavo da quel coso, meglio era per me. E poi, perché la tenevamo in casa se era ‘maledetta’ o qualunque cosa fosse?

“Non riesco a sbarazzarmene”, commentava mia madre con aria turbata, guardandosi bene anche soltanto dal toccarla. Non mi ha mai detto cosa succedesse esattamente, ma il fatto che lei, grande appassionata di quei cosi maledetti, ne fosse turbata mi rendeva anche più spaventato e meno interessato alla faccenda; riuscii addirittura a dimenticarmene. Per un po’, almeno. Almeno fino a quando quel dannato aggeggio non incominciò a suonare da solo, durante la notte. O, almeno, credevo stesse suonando da solo. Succedeva tutte le volte allo stesso modo: si poteva udire una melodia ovattata in lontananza, una melodia dolcissima e intrigante, che faceva venir voglia di danzare. Ma era solo dopo qualche nota che ti accorgi che si tratta di un carillon. Così, ogni volta andavo a controllare, per vedere se mia madre lo avesse fatto partire o cose simili, ma niente; trovavo per lo più mio padre in stato di coma vigile davanti alla TV ancora accesa, ma col volume troppo basso per essere udibile da camera mia. Eppure, la melodia, per quanto lontana sembrasse, era perfettamente udibile.

La scena si ripeté per un bel po’, fin quando non mi stufai, e tentai di rompere la scatoletta.

Se l’avessi fatto, probabilmente mia madre mi avrebbe ammazzato, vista la sua reazione quando mi vide con diversi martelli in entrambe le mani, pronto a sbarazzarmi del carillon. Ebbe una sorta di crisi isterica, spaventosa a vedersi, mi implorava di non toccarlo perché avrei potuto farmi male, o cose del genere. Evidentemente sapeva qualcosa che io non sapevo, ma non ci fu verso di estorcerglielo.

Purtroppo, lo scoprii a mie spese.

Deciso a mettere fine all’avvenimento inquietante che si verificava pressoché ogni notte, pensai che dare un’occhiata alla scatola maledetta non avrebbe potuto uccidermi. Non credevo al sovrannaturale. Trovavo soltanto che quel suono artificiale fosse inquietante.

Da solo in casa, nel silenzio più irreale che mi avesse mai circondato, decisi di affrontare la mia paura. Presi la scatolina nera (era pesante, questo lo ricordo) tra le mani e la posai sul tavolo, tremante. Il cuore mi batteva a mille apparentemente per nessun motivo mentre aprivo la scatoletta per poi stringere le dita attorno alla chiavetta per la carica. La piccola statua di ottone all’interno della scatola aveva qualcosa di vagamente familiare (Possibile che fosse mia nonna?) aveva l’aspetto di una donna anziana, ma bella, con un vestito semplice ma elegante, in una statica posizione di danza. Caricai più forte mentre ne osservavo i dettagli: gli occhiali, l’espressione quasi estatica del viso, i lineamenti troppo familiari. Lasciai andare la chiavetta, e la melodia incominciò a suonare. Era bella. Era la melodia che sentivo di notte. Ma era artificiale, e non dovevo lasciarmi trasportare dalla sua bellezza.

Però…

quel suono, sentito così da vicino, spingeva ad alzarsi e danzare. E così feci io. I passi sembravano venire da soli, per quanto fossi turbato qualcosa mi spingeva a muovere i piedi. Mi sentivo un perfetto idiota a danzare nel soggiorno, eppure mi sembrava di volare.

Era un bel ritmo.

Si faceva più veloce.

Sempre più veloce.

La stanza incominciò a girare insieme a me. Ero in armonia perfetta con i suoni, con i luoghi, in pace con me stesso e con tutto, quasi non mi sembrava di respirare e di muovermi. Sentivo quasi come se fossi fermo su un perno e stessi girando a vuoto su me stesso.

Non ci volle molto a capire che la mia anima era stata intrappolata in quella scatola maledetta.

Vedevo tutto più grande, e man mano che la melodia andava rallentando, diventando quasi una marcia demoniaca, anche io rallentavo, e non riuscivo a muovermi.

Qualche minuto dopo, la mamma guardò dentro il carillon, trovandolo orribilmente aperto. Si poteva ammirare una piccola statuetta raffigurante un ragazzo, molto simile a suo figlio.

Creepypasta - Storie HorrorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora