Prigionia di mezzanotte.

7.6K 151 43
                                    

02-10-2012

Questa storia ha avuto inizio circa cinque giorni fa ma solo adesso ho deciso di metterla per iscritto. Mi prenderò il mio tempo per essere sicuro di divulgarvi tutto e, il fatto che non abbia mai smesso di pensare a questo calvario, mi assicura che non mancherò di accuratezza. Sarà una storia molto lunga, forse troppo lunga per qualcuno di voi; ma sento di aver solo bisogno di darmi una sorta di spiegazione per impedire a me stesso di considerarmi pazzo. Spero che se scriverò tutto forse qualcun altro, o io stesso, potremo dargli un senso – per quanto poco ce ne possa essere.

Beh, suppongo che la storia in realtà sia iniziata 48 anni fa e l’unica ragione per cui ne so qualcosa è a causa di mio nonno. Dagli anni ’60 fino alla fine degli ’80, mio nonno lavorò sulle navi come mozzo. Lavorò su molte navi diverse sotto l’ala di molti capitani diversi, e così il mare – essendo il luogo emozionante che è – gli lasciò centinaia di storie da raccontare. Quando ero un ragazzino, gli chiedevo continuamente di raccontare queste storie – perfino quelle che avevo già ascoltato. Alcune di esse erano raccapriccianti, altre erano divertenti, c’erano anche un paio di storie tristi; ma solo una era veramente spaventosa. Ricordo quasi tutte le storie che lui condivise con me ma penso sia ovvio quale di esse mi rimase più impressa.

Mio nonno aveva 23 anni nel 1964 ed era appena stato imbarcato su una nave che trasportava merci dai paesi del Sud America. Non era per nulla diversa rispetto alle altre navi sulle quali aveva prestato servizio precedentemente, ad eccezione forse del fatto che quella era un po’ più grande. Non dirò il nome vero della nave, ma per riferimenti futuri la chiameremo CWS. Mio nonno iniziò la storia spiegandomi quanto fosse strano il capitano della nave; come fosse molto più felice ed amichevole degli altri capitani che aveva incontrato, ma solo durante il giorno. Quando l’orologio era prossimo alla mezzanotte, diventava paranoico, furioso e agitato – l’opposto di come era durante il giorno. Scorrazzava per la nave, facendo scappare tutti bruscamente nei propri alloggi; ignorava qualsiasi domanda gli venisse posta. Poi, poco dopo aver chiuso a chiave tutte le porte, lui fissava tutti negli occhi e ordinava loro di non lasciare le stanze fino al mattino seguente… quasi tutto gli davano retta.

A quel punto, dovrei dire che il capitano aveva un’abitudine fastidiosa che l’equipaggio dovette sopportare, cantava ‘Do You Want To Know A Secret?’ dei Beatles, tutto il giorno, tutti i giorni senza sbagliare – ed era l’unica canzone che cantava. Perfino durante la notte, potevano sentirlo canticchiare la melodia da dietro la porta della cabina chiusa.

Dopo esser stati sulla nave per una settimana o giù di lì, tutti i marinai iniziarono ad essere infastidi sempre di più dal comportamento del capitano. Il suo apparente sdoppiamento della personalità, il suo cantare continuo – tutte le sue caratteristiche irritanti; ma più di tutte, lo era il suo chiudere tutti i presenti nelle loro stanze di notte, quasi come se fossero dei bambini di cui non fidarsi. Questo fin quando, una notte, cambiarono tutti modo di vedere la questione.

Era quasi la solita ora della notte durante la quale il capitano guizzava, correva goffamente per chiudere tutti nelle proprie gabbie; ma uno dei marinai – JP – aveva un piano. Prima, durante la giornata, aveva scassinato la serratura della sua porta in modo che la si potesse aprire dall’interno con facilità utilizzando un magnete. A mio nonno dissero che JP aveva intenzione di far uscire tutti dalle stanze per far festa sul ponte inferiore, così, naturalmente, erano tutti eccitati e pronti per una notte di bagordi. Con l’orecchio appoggiato alla porta, mio nonno ascoltò attentamente quel che stava succedendo al di fuori della stanza. Oltre al monotono canticchiare ronzante del capitano, udì lo schiocco di una serratura che si apriva e il cigolio sommesso di una porta di metallo. Proprio mentre dei passi iniziarono ad echeggiare attraverso i corridoio vuoti, il mormorio si fermò. Mio nonno fece una smorfia infastidita davanti alla porta, sentì – tutti sentirono – tonfi violenti e urla di dolore, ululati e graffi sul pavimento mentre JP chiedeva aiuto. Le sue urla diventavano sempre più deboli, quasi come se lo stessero trascinando per nave; in basso, sempre in più basso nell’abisso d’acciaio. Mentre l’eco del suo dolore esplodeva nelle sale, mio nonno fece un passo indietro inorridito mentre tutti i movimenti fuori dalla porta cessavano e nel corridoio calava il silenzio.

Creepypasta - Storie HorrorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora