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Il cancello grigio era freddo al tatto, non particolarmente accogliente, era alto pressappoco due metri ma non era niente in confronto all'immensa struttura che si elevava poco più avanti. Tutto era circondato da siepi verdi e prati esageratamente grandi e tagliati con la minima precisione, di un verde sano che a primo impatto fa domandare se sia erba vero o meno. All'ombra di alcuni faggi c'erano delle panchine di legno scuro ben laccate, circondate da fiori che crescevano sporadici qua e la. Percorrendo la strada di pietra chiara della via principale si arrivava a una grande fontana a due piani di un bianco ingiallito circondata dalle stesse panchine del giardino. La fontana precedeva una scalinata in granito bianco che da accesso alla sala principale. Appeso sulle grandi porte in legno massiccio vi era una lastra argentata con inciso "USC" in primo piano, leggermente più sotto il nome del fondatore, Robert M. Widney. Il signor Robert deve aver sudato molto per costruire l'immensa University of Southern California. Entrando nella stanza principale venni invasa dall'odore di libri vecchi, probabilmente proveniente dalle grandi librerie colme di libri e fascicoli alle spalle delle segretarie.
«Buongiorno, come posso esservi utile?» La segretaria venne verso di noi a passo sicuro sui suoi tacchi non particolarmente alti di color nero lucido. Era una donna sulla quarantina, alta, bionda e snella. Se fossimo in un film potrei scommettere i miei risparmi sulla probabile storia tra il rettore del College e la segretaria.
«Buongiorno, signora...»
«Marika.» replica con un sorriso cordiale.
«Buongiorno, Marika, siamo qui per l'assegnazione della camera di mia figlia. Alison Valerie Dawson, del primo anno.»
«Si certo, datemi un secondo...» disse controllando frettolosamente i fogli attaccati alla cartelletta rigida blu che portava sottobraccio «...trovata! Sei nel dormitorio tre, nella zona ovest. Ora ti faccio accompagnare dalla mia assistente Lidia.»
La sua assistente era decisamente più bassa e giovane di lei, avrà avuto a malapena trent'anni, i suoi capelli rossi raccolti in una coda alta ondeggiavano ad un ritmo ipnotico.
«Piacere di conoscervi, prego seguitemi.»
La mamma, affiancandomi mi fece cenno di rallentare.
«Tesoro, sei ancora in tempo per ripensarci, lo sai vero? Non sono ancora d'accordo sulla tua scelta di frequentare un College così lontano da casa. Se dovesse succedere qualcosa non potrei raggiungerti immediatamente e poi...»
«Mamma, ne abbiamo già parlato. Sono anni ormai che ho deciso di iscrivermi qua e di sicuro non cambierò idea proprio adesso. Non ti preoccupare non succederà niente di male, è una semplice scuola non un campo di guerra.»
Mia madre è sempre stata così, o per lo meno da quando ne avevo memoria. Non dá tregua fino a che non ottiene ciò che vuole, ma questa volta rimarrà a mani vuote, non cambierò la mia decisione. È vero, sono abbastanza distante da casa mia, ma non come essere dall'altra parte del mondo. Ad ogni modo era un cambiamento di cui avevo bisogno, l'aria che si respirava in casa mia stava diventando ogni giorno sempre più pesante da quando papà non viveva più con noi.
«Eccoci arrivate, stanza numero 266, terzo piano a destra. Alla sinistra della porta di entrata troverete l'ascensore. Benvenuta, Alison.» Lidia, prima di andarsene, mi appoggiò una mano sulla spalla come gesto solidale e subito scomparve lungo la stradina che ci aveva condotte al dormitorio. L'edificio in mattoni scuri si estendeva per molti metri ed era circondato anch'esso da siepi verdi, con i cinque piani di altezza faceva il suo effetto. Sul dépliant informativo della scuola c'era scritto che i dormitori dovrebbero essere divisi tra maschi e femmine, ciò aveva dato un minimo di sollievo a mia madre, anche se probabilmente questo aspetto dei dormitori non era molto rispettato da chi soggiorna qui. C'era un continuo flusso di gente che entrava e usciva dall'edificio, tra alunni e genitori che accompagnano i figli... e pensare che mancavano ancora tre giorni all'inizio delle lezioni, quindi gli studenti non sono ancora arrivati tutti. Oggi infatti era la giornata "dell'infestazione" delle matricole, molti ragazzi degli anni superiori dovevano ancora rientrare dalle vacanze estive.
«Bene, andiamo.»
L'interno era molto più accogliente di quanto pensassi, le pareti rosa tenue ben verniciate sono cosparse qua e la di manifesti e volantini di eventi scolastici di inizio anno, come per esempio la cerimonia di apertura per le matricole, oppure di novità per quanto riguardava i corsi extra scolastici come fotografia, pittura, origami. Ma per ora, la cosa più importante era la compagna di stanza. Dio fa che non sia una tipa strana, ti prego!
266... 266... 26... Eccola!
Quando io e mia madre arrivammo sulla soglia, la trovammo socchiusa. Spalancata la massiccia porta di legno mi si parò davanti una ragazza minuta, almeno dieci centimetri in meno di me, e io toccavo a malapena il metro e settanta, era magra, con due occhi blu luminosi e una coda di cavallo bionda, raccolta da un fiocco di seta rosa.
«Ciao! Piacere di conoscerti, io sono Kayla, sono del primo anno. Presumo tu sia la mia compagna di stanza, spero andremo d'accordo.» un sorriso euforico le spuntò sul viso.
«Ciao, io sono Alison, anche io sono del primo anno, piacere di conoscerti. Lei invece, è mia madre.»
«Molto piacere cara, io sono Joy.» disse lei con un sorriso amichevole mentre sistemava la mia valigia affianco alla porta. Io andai ad appoggiare i due scatoloni pieni di oggetti, che stavo portando con fatica da tutta la mattina, sopra il letto libero.
«Bene tesoro, penso sia giunto il momento per me di tornare a casa.» il suo naso sottile cominciò a colorarsi di rosso, segnale inconfondibile che stava per mettersi a piangere. Dopo qualche secondo i suoi occhi cominciarono a luccicare e si riempirono di lacrime. Io e la mamma ci assomigliamo molto, occhi verdi, capelli biondi, stessa statura e naso all'insù. Mia sorella minore Cass invece assomiglia molto di più a papà, con i suoi capelli castano scuro e i lineamenti del viso scolpiti.
«Mi mancherai tanto, tesoro, mi raccomando non fare stupidaggini e studia. Per qualsiasi cosa contattami, non dimenticare di chiamare tua sorella questa sera.»
«Mi mancherai tantissimo, fai buon viaggio e dai un bacio enorme a Cass.» strinsi la mamma in un abbraccio fortissimo e annusai il suo profumo, non lo avrei più sentito per molti mesi. Mentre si avviava alla porta si girò per farmi un ultimo sorriso triste e la richiuse alle spalle. Era la prima volta che mi staccavo dalla mia famiglia per così tanto tempo, mi mancherà svegliarmi alla mattina con la mamma che spalancava le finestre e faceva entrare l'aria ghiacciata invernale, provocando i lamenti sconfortati di Cass.
«Siete molto legate tu e tua madre?» domandó la mia coinquilina con curiosità dopo aver assistito alla separazione.
«Sì, abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto ma negli ultimi anni si è rafforzato molto.»
«Si vede. Quanto vorrei avere anche io un rapporto così con mia madre.» disse lei con aria pensierosa mentre si sedeva sul letto.
«Non lo è?» domando prudente.
«No purtroppo no, lei è sempre fuori casa per "lavoro". Io e mio fratello negli ultimi anni ipotizzammo avesse un amante.»
«Cavolo, che seccatura. Che lavoro fa?»
«Lavora come Interior designer per un importante azienda a Henderson, vicino Las Vegas.»
«Wow, Nevada. Bello.»
«Sì, te invece?»
«Phoenix, Arizona.»
«Ho degli zii che vivono a Phoenix.»
«Davvero?»
«No, ti stavo prendendo in giro» si mise a ridere e contagiò anche me. «Alison scusa se non te l'ho chiesto prima, ma ti va bene se prendo questo letto? Non mi piace molto dormire nel lato della finestra.» arrossì leggermente e si sfregò il collo con la mano imbarazzata.
«No, non ti preoccupare, va bene questo.»
Nella gran parte del pomeriggio sistemai i miei vestiti e gli oggetti che avevo messo negli scatoloni. Portai alcune cornici con foto di me, mia madre e Cass che sistemai sopra alla scrivania bianca. La stanza era simmetrica e abbastanza grande. Le due scrivanie erano situate entrambe ai piedi del letto e richiamavano lo stesso stile semplice dei comodini. Sopra la testiera del mio letto c'era la finestra, che come visuale aveva l'immenso giardino dell'area ovest con in lontananza la sala principale. Nel lato di Kayla c'era l'entrata del bagno, non particolarmente grande ma accettabile, per lo meno non aveva la vasca. Affianco alla porta di entrata si estendeva un grande armadio con due ante a specchio, che presumo dovremmo dividerci.
«Bella la tua coperta» dissi facendo cenno con la testa verso il letto di Kayla, al quale aveva messo una coperta rosa imbottita. Dava l'idea di tenere un caldo paradisiaco.
«Oh grazie, l'ho portata da casa perché non volevo rischiare di morire di freddo con quelle misere coperte che ci hanno dato. A proposito, ne ho una in più, me l'ha fatta spedire mia madre ma non credo mi servirà. Te la presto volentieri.» disse incamminandosi verso l'armadio. Ne tirò fuori uno dello stesso modello ma di colore viola pastello.
«Grazie mille, se non ci fossi stata tu, mi sarei dovuta rassegnare ad alzarmi congelata come un ghiacciolo tutte le mattine. » scoppiammo a ridere contemporaneamente.

Erano ormai le sette di sera, ci accasciammo sul letto appena finito di sistemare le ultime cose. Mi fermai a contemplare il lato di stanza di Kayla. Aveva appeso un poster con una giraffa su sfondo rosa, alcuni disegni anch'essi particolarmente colorati di rosa. Ora che ci penso anche la gonna che sta indossando in questo momento era rosa, come le sue scarpe.
«Kayla...»
«Chiamami Kay.»
«Okay, Kay. Per caso ti piace il rosa?»
«Sì, direi di sì» disse alzando la testa dal cuscino per analizzare l'ambiente.

La serata proseguì con una cena a base di pizza e Netflix. Optammo per iniziare una nuova serie uscita da poco, "Spinning Out", per ora niente male. Dovevo ammettere che la mia coinquilina era decisamente meglio di quanto mi aspettassi, non credevo di riuscire a fare amicizia subito il primo giorno. Avevamo in comune un paio di corsi, come filosofia e comunicazione, quindi ci saremmo viste spesso in classe.
Kay aveva decisamente alleggerito il peso che provavo per aver lasciato la mia famiglia, anche se la mancanza cominciava a farsi sentire già dal primo giorno.
Quando la mia coinquilina andò a fare la doccia chiamai mia sorella.
«Sì?»
«Ciao, Cass.»
«Ciao, sorellona.»
«Sei ancora arrabbiata con me?» questa mattina prima di partire per l'aeroporto avevamo avuto una leggera discussione, era triste perché "la stavo lasciando".
«Un po'.» disse con un filo di voce.
«Lo sai che non sarà per sempre, l'anno prossimo hai preso in considerazione di frequentare anche tu la USC, no? Ci vedremo tutti i giorni.»
«Lo so, solo che non sono abituata a non avere nessuno che mi rompe le palle ogni cinque minuti.»
«Ehi! Non è così che ci si rivolge a qualcuno più grande di te.» dissi con tono arrabbiato ma scherzoso. In cambio ricevetti una serie di lamenti come suo solito. Parlammo un po' del più e del meno fino a che quasi non mi addormentai seduta sul letto.
«Dai sorellina è ora di andare, sto praticamente dormendo. Fai la brava.»
«Si sorellona, buonanotte.»
«Buonanotte, Cass.»

Mi addormentai poco dopo guardando di sottecchi la serie TV su cui si stava addormentando anche Kay. Ce l'avevi fatta Alis. Avevi il tuo nuovo inizio.

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