8

487 101 136
                                    

Una luce fioca passava attraverso le tende del soggiorno, illuminando il triste salotto di casa. Io e Cass stavamo guardando la televisione, sedute sul divano. Non avevo ben chiaro cosa stesse trasmettendo.
La mamma lavorava al computer, come suo solito. Sembrava una giornata come le altre, senza nessuno scopo apparente.
Non so per quale motivo, ma una strana angoscia cominciò a salirmi dallo stomaco, lungo tutto il ventre. Saliva, piano piano, fino ad opprimermi il petto. Mi alzai dal divano e andai al centro della stanza, davanti a Cass e alla mamma.
Tutto all'improvviso sembrò diventare sempre più piccolo, sempre più distante da me.
- Mamma! Cass! Cosa sta succedendo?! - urlavo ma non potevano sentirmi.
Cominciai a correre il più velocemente possibile, cercando di raggiungerle, ma ad ogni passo sembravano allontanarsi sempre di più.
Ad un certo punto qualcuno afferrò con prepotenza il mio polso, l'angoscia non smetteva di tormentarmi. Cominciai a respirare sempre più velocemente. Non avevo il coraggio di voltarmi, ma qualcosa in me conosceva la provenienza di quella mano, così autoritaria e priva di amore.
Qualcosa di estremamente freddo avvolse il mio polso, provocandomi un brivido per tutta la schiena. Sembrava un bracciale, come uno di quelli in metallo.
La persona che aveva ancora il mio braccio in pugno, si avvicinò al mio orecchio.
- Ora saremo legati per sempre, Alison. - potevo percepire il suo sorriso glaciale.
Quando ebbi le forze per voltarmi a guardare, i miei occhi si fermarono in un altro paio, per me familiari. Guardai in basso, vidi il mio braccio imprigionato in un paio di manette. Legato insieme a me però, c'era anche lui.

Mi svegliai di soprassalto, la maglietta era fradicia, così come la fronte.
Appoggiai la mano sul petto, il cuore stava scoppiando. Feci due respiri profondi, come mi aveva insegnato la mamma.
Cominciai a tranquillizzarmi dopo una manciata di minuti. Quando mi guardai attorno riconobbi la mia stanza, era ancora illuminata dalla luce tenue della notte, Kay dormiva beata.
Presi il telefono dal comodino e guardai l'ora, erano le 4:37 del mattino. Appena mi alzai dal letto, il dolore lancinante del ginocchio mi svegliò del tutto.
Tanto valeva farsi una doccia, non sarei comunque riuscita a riaddormentarmi.
Presi silenziosamente degli abiti puliti dall'armadio e mi avviai verso il bagno. Una volta aperta l'acqua mi spogliai.
Prima di entrare mi soffermai allo specchio, sopra al lavandino. Avevo una faccia orribile. Bianca come il latte, le labbra leggermente rosate e gli occhi erano contornati da un ombra scura.
Cercai di riprendermi sotto il getto caldo della doccia, che riuscì a sciogliere solo in parte la tensione che avevo accumulato in questi giorni.
Perché non riuscivo ad avere un po' di pace?
Chiusi gli occhi per un minuto. Volevo cancellare quel senso di oppressione che circondava ancora il polso.

Quando uscì dalla doccia, mi asciugai e mi vestii. Indossai un paio di leggings e una delle mie magliette preferite, era gialla con un piccolo girasole ricamato su entrambe le maniche corte. Io e mia sorella l'avevamo presa prima che io partissi. Ci eravamo ripromesse che l'avremmo indossata ogni qual volta avessimo avuto bisogno dell'altra.
Ma in questo momento, l'unica cosa che potevo fare, era una passeggiata. Dovevo schiarirmi le idee.
Infilai rapidamente le scarpe e presi le chiavi.
Una volta in corridoio, richiusi la porta cercando, di non svegliare Kay. Poi mi diressi verso l'uscita.
L'aria fresca mi pizzicava la pelle, ancora calda dalla doccia. Le stelle splendevano in cielo, regalandomi uno spettacolo stupendo.
Con gesto automatico presi il telefono e scrissi un messaggio a Cass.

Sei sveglia?

Attesi qualche minuto, con la speranza di averla svegliata.

Ora sì.

Missione compiuta.

Hai voglia di chiamare?

Due secondi dopo, il nome di Cass comparve sullo schermo.
- Alison? - la sua voce era ancora arrocchita.
- Ciao sorellina. - un sorriso mi spuntò sul viso. Mi mancava da morire.
- Tutto okay? - chiese lei dubbiosa.
Cominciai a vagabondare per il campus senza una meta precisa. - Sì, più o meno. -
- Avanti, raccontami. - sentì un fruscio e subito dopo un clack. Era il rumore della nostra portafinestra, che dava al giardino. Probabilmente era diretta alla nostra panca a dondolo nera.
- È successo ancora. - dissi timidamente, inconsciamente cominciai a rigirare un ciuffo di capelli tra le dita.
- Incubo? - disse lei con voce comprensiva.
- Sì. -
- Quale questa volta? -
- Manette. - dissi guardando il mio polso.
- Beh, questa volta ti è andata bene. Sbaglio o era da un po' che non ne facevi? -
- Vero, solo che... in questo periodo sono un po' stressata. Te invece? -
- Per ora non ne ho avuti, l'ultimo è stato quando eri ancora qua. - ricordavo quella sera, la sentì urlare da camera mia. Passammo il resto della notte insieme , come facevamo tutte le volte che accadeva una cosa simile.
- Sono felice per te. - ci fu qualche secondo di silenzio.
- Mi manchi, sorellona. - la sua voce si era inclinata leggermente.
- Anche tu e la mamma, mi mancate tantissimo. Resisti, ci vedremo per le vacanze di Natale. - cercai di rassicurarla.
- Lo so, ma non è come averti qua tutti i giorni. - percepivo il suo tipico broncio.
- Ora devo andare, Cass, ci sentiamo in questi giorni. - il sole stava iniziando a sorgere, colorando il cielo di una luce lieve.
- Ciao, Alis. - disse prima di riattaccare la chiamata.

Hold My HandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora