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Da quel giorno di fine agosto Felix rimase nella sua stanza a contemplare il soffitto bianco con alcune crepe grigie che si espandevano sulla superficie liscia

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Da quel giorno di fine agosto Felix rimase nella sua stanza a contemplare il soffitto bianco con alcune crepe grigie che si espandevano sulla superficie liscia.
Changbin gli aveva detto la verità, finita l'estate avrebbero smesso di vedersi, avrebbero smesso di avere quei momenti di intimità in cui si trattavano dolcemente l'un l'altro e dove baci e carezze rimanevano sulla pelle come per marcarla.
Sarebbe tutto finito nel giro di pochi giorni.
Era ormai da quasi una settimana che i suoi occhi erano rossi e gonfi per via delle molteplici lacrime che vi sgorgavano attraversando le sue guance piene di puntini marroni.
Si decise a scendere dal letto e prendere un libro dai suoi amati scaffali vecchi e rovinati: prese la raccolta dei sonetti di Shakespeare; scelta sbagliata e dolorosa.
Aprì la prima pagina e lesse:

Alle meraviglie del creato noi chiediam progenie
perché mai si estingua la rosa di bellezza,
e quando ormai sfiorita un dì dovrà cadere,
possa un suo germoglio continuarne la memoria:
ma tu, solo devoto ai tuoi splendenti occhi,
bruci te stesso per nutrir la fiamma di tua luce
creando miseria là dove c’è ricchezza,
tu nemico tuo, troppo crudele verso il tuo dolce io.
Ora che del mondo sei tu il fresco fiore
e l’unico araldo di vibrante primavera,
nel tuo stesso germoglio soffochi il tuo seme
e, giovane spilorcio, nell’egoismo ti distruggi.
Abbi pietà del mondo o diverrai talmente ingordo
da divorar con la tua morte quanto a lui dovuto.

Alzò gli occhi e guardò il cielo coperto da qualche nuvola bianca e pensò che quella poesia gli ricordava terribilmente il suo amato, un giovane che avrebbe il coraggio di sparire e lasciar morire la bellezza con lui, così da non farla contemplare ad altri.
Certo che era un egoista, ma lo amava e non ci poteva fare nulla.
Sentì le lacrime formarsi nei suoi occhi ormai spenti e stanchi, contornati da occhiaie scure.
I singhiozzi rimbombavano in tutta la camera e i muri assorbivano la tristezza di quel momento.
Chiuse il libro e lo scaraventò a terra, dove rimase per almeno due giorni.
Il tempo passava ovattato e confuso, fino a che il primo giorno di scuola non arrivò.
Felix quella mattina si alzò dal letto e andò verso il suo armadio in legno di mogano, lo aprì e prese l'uniforme che lo avrebbe reso uguale agli altri, un comunissimo filo d'erba in mezzo ad un grande prato verde e rigoglioso, dove, quando uno appassiva, veniva estirpato e messo da parte.
Scese le scale e percorse il corridoio per varcare la porta d'ingresso.

"Felix, non mi saluti? Che figlio ingrato...comunque Changbin si è offerto di accompagbarti, visto che fate la stessa strada"

Il cuore gli si fermò per qualche secondo, solo dopo annuì e si decise ad uscire.
Alla fine del lungo vialetto, come aveva detto sua madre, c'era Changbin, con la stessa espressione cupa e disinteressata di poco tempo prima.
Il biondo non voleva rivolgergli la parola, ma allo stesso tempo voleva corrergli incontro, prendere il suo dolce viso fra le mani e baciarlo, come facevano quando la scuola non era ancora una minaccia.
Sfortunatamente scelse la prima opzione, infatti non lo degnò nemmeno di uno sguardo e così fece l'altro.
Non voleva che andasse a finire così, sperava almeno che sarebbero rimasti amici e che avrebbero continuato ad andare a leggere sotto l'albero che gli piaceva tanto o semplicemente a stare lì senza fare e dirsi nulla, ma a quanto pare questo non era nei piani del più grande.
Giunsero davanti al grande edificio grigio e pieno di finestre chiuse, messe apposta per far ammirare la libertà che non avranno finché resteranno in quell'inferno.
Entrarono e sentirono voci di ragazzi che urlavano e correvano da una parte all'altra per capire dove dovessero andare.
A Felix venne quasi immediatamente un'emicrania, mentre Changbin si guardava intorno infastidito.
Quando il più alto si girò a guardare l'altro si rese conto di essere rimasto da solo.
Iniziò a vagare anche lui nei corridoi in cerca della propria classe.
La trovò solo dopo essere entrato un paio di volte nell'aula sbagliata ed essersi guadagnato molti sguardi storti dalle persone a cui era andato addosso.
Si mise seduto ad un banco vicino alla finestra e iniziò a sistemare la sua roba.

"Hey! Ciao! Io sono Seungmin! Sei nuovo, vero? Diventiamo amici!"

"Ok...?"

Sorrise a quello strano individuo che si era trovato di fronte ed iniziò a parlarci.
Sperava di aver incontrato qualcuno con cui parlare; il dolore che aveva provato fino a quel momento si era leggermente affievolito.
Dopo un po' guardò verso la porta aperta e vide un volto familiare.
Strizzò gli occhi e cercò di vedere meglio, quando lo riconobbe diventò pallido ed iniziò a balbettare.
Il ragazzo in corridoio si girò e vide Felix.
Inizialmente sembrò sorprendersi, ma dopo tramutò quell'espressione in un grande sorriso e lo salutò con la mano.
Il biondo, con il cuore che gli batteva forte in petto, riuscì a balbettare.

"H-Hynjin"

HEILÀ, COME VA?
Il sonetto di Shakespeare sembra messo lì alla cazzo di cane, però mi piaceva quindi shut up.
Vi do una fantastica notizia, non farò più commenti alla fine della storia :3
Credo proprio che la rovinino più di quanto non lo sia già, quindi ok :)))))
Va be', detto ciò, addiooo 〜(꒪꒳꒪)〜



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