"My past is being burnt down
I've shown you the ash
Is it me, or are we more than just friends now?
I have to ask."
― Eric Overby, SensesDelle voci disturbarono il mio sonno, facendo cominciare la giornata con il piede sbagliato. Chiunque mi conoscesse sapeva che c'era un giorno alla settimana, la domenica, in cui io volevo dormire fin quando il mio corpo ne avesse avuto bisogno. Solo il riposo sufficiente avrebbero dovuto svegliarmi quando fosse arrivato il momento, a prescindere che fossero le nove del mattino o le due del pomeriggio. Indispettita sbuffai contro il cuscino, scostando le coperte di scatto per balzare di sotto dal letto. Ero pronta a fare una sfuriata a chiunque fosse che con quel tono mi aveva svegliata, ma non appena mi affacciai dalle scale vidi Adrian sulla porta, coperto in parte da mio fratello che non lo faceva passare.
"Adrian? Che ci fai qui?" domandai io, ma prima che lui potesse rispondermi, Brandon si intromise.
"Te l'ho detto amico, te ne devi andare. Subito." io sospirai, perchè sapevo che lo stava facendo solo per me. Adrian però mi guardò, con quegli occhi blu profondi ed io sentii qualcosa che non riuscì nemmeno a spiegare. Però volevo che si scusasse, lo volevo da morire perchè a quel punto avrei potuto passarci sopra senza sembrare una cretina. Il problema è che ci ero già passata sopra, ma sarei risultata debole se gliel'avessi detto quindi avevo bisogno delle sue parole e avevo bisogno che fossero convincenti.
"E' tutto okay Bran." mi avvicinai a lui e gli poggiai una mano sulla spalla, accennandogli un sorriso di ringraziamento.
"Scusa se ti abbiamo svegliata. Buongiorno comunque." mi diede un bacio sulla guancia e si allontanò verso il piano di sopra.
"Vieni, ti preparo il caffè." dissi ad Adrian e gli feci cenno di seguirmi in cucina. Non era mai stato a casa mia e sebbene cercasse di non darlo a vedere, stava ispezionando ogni singolo dettaglio. Le prime volte era sempre difficile, tutti mi squadravano da capo a piedi, ma io ormai ci ero abituata. Io e Brandon vivevamo in una casa bellissima, estremamente elegante e decisamente troppo grande per noi due soli, ma nostro padre se la poteva permettere ed io non avevo mai capito perchè dovessi vivere in una casa più piccola. Per non sbattere in faccia alla gente che mio padre era benestante? Perchè dovevo vergognarmi di essere figlia di un uomo con i soldi? Mi era sempre parso tutto insensato e così avevo imparato a lasciar correre.
"Non ricordo molto, ma Annika mi ha chiamato per darmi del cretino e non appena si è calmata è riuscita a spiegarmi cosa ho fatto, perciò ho provato a chiamarti, ma non rispondevi e quindi sono corso qui." disse lui, rompendo finalmente il silenzio.
"Si beh sai, stavo dormendo." risposi solamente mentre accendevo la macchinetta.
"Ma sono le 11.30." ebbe il coraggio di dire lui, ma si rimangiò tutto non appena gli scoccai un'occhiataccia che avrebbe incenerito chiunque.
"Come stai?"
"Starei stata meglio se fossi stata svegliata con l'odore di pancakes e non con il tuo vocione da orco." gli feci una smorfia e poi gli porsi il caffè. Mi sedetti dall'altro lato del tavolo, di fronte a lui e mi strinsi nelle spalle. Solo in quel momento realizzai che portavo addosso dei pantaloncini corti, una felpa decisamente troppo grande e le mie pantofole rosa.
"Bree mi dispiace. L'alcol ha un brutto effetto su di me, non avrei mai voluto tu mi vedessi così. Per te volevo essere la migliore versione di me possibile ed ho già perso in partenza." aprì bocca per tranquillizzarlo, ma lui non mi fece parlare e continuò imperterrito.
"Non penso quelle cose, dico sul serio. Penso che tu sia straordinaria e che tu abbia tutto il diritto di soffrire per il tempo necessario che credi. Non sei strana, non hai un problema. Mi dispiace anche averci provato con te, avevo promesso che non lo avrei fatto e voglio mantenere la promessa. E' solo che...dannazione non sarò ne il primo ne l'ultimo a dirti che sei una bomba. Sei proprio uno schianto ed è difficile trattenere certi ormoni, soprattutto se si beve troppo."
Una risata mi uscì dalle labbra mentre lo vidi in difficoltà cercare le parole migliori per esprimersi. Era proprio buffo in quel momento ed io avrei tanto voluto passare le mie mani in quei capelli scombinati.
"Adrian è tutto okay, davvero, non sono arrabbiata. Diciamo tutti cose che non pensiamo quando non siamo noi stessi, è successo anche a me. So che non lo pensi sul serio e so che non ci proverai con me di nuovo. Non so chi pensi che io sia, ma non giudico le persone per un minuscolo errore." dissi, allungando la mia mano per prendere la sua. Lo sentì rabbrividire, ma eliminai subito quella sensazione perchè era semplicemente sbagliata.
"Non devi mostrarti nella tua versione migliore, ma semplicemente per quello che sei. Io sono piena di difetti e li scoprirai perchè non ho nessuna intenzione di nasconderli. E se poi saranno così insopportabili da allontanarti, allora andrà bene perchè significherà che non eravamo adatti a far parte l'una della vita dell'altro." aggiunsi, lasciando andare la sua mano per sollevare la tazza con il caffè, prendendone un lungo sorso.
"Com'è che sembra che tu sia la vecchia saggia della tribù e io l'imbecille che combina sempre guai?" mi domandò lui inarcando le sopracciglia e io accennai una risata, di nuovo.
"Forse è ciò che eravamo in un'altra vita. In più le mie perle di saggezza sono sempre le migliori." feci finta di darmi delle arie, spostandomi i capelli dietro le spalle.
"Hai dei programmi per oggi?" gli chiesi, trovando il coraggio in un piccolo buco dentro di me. Lui scosse la testa e io mi alzai dalla sedia con un sorriso.
"Allora vieni, ti faccio iniziare a vedere Grey's Anatomy visto che hai commesso il peccato più grave al mondo di non averlo mai visto." gli porsi la mia mano e fu solo quando lui la afferrò che io sentì quel peso allo stomaco andare via, peso che nemmeno mi ero accorta di avere.
Ero sul letto di Annika a mangiare la pizza maxi che avevamo ordinato da Domino's dopo che lei mi aveva chiamato, annunciando una riunione di emergenza che mi aveva costretto a cacciare Adrian da casa.
"Te l'ho detto Nik, era ubriaco e non lo pensava davvero. Tutti facciamo stronzate e tu dovresti saperlo meglio di tutte." lei si fece piccola nel suo pigiama e io seppi di averla colpita nel punto giusto.
"Perciò basta, non siamo più arrabbiate con lui. Ora dimmi del ragazzo con cui ti stava appassionatamente divertendo ieri." la incitai con una gomitata e lei diventò immediatamente tutta rossa.
"Si chiama Kyle, ha un anno più di noi. Lavora in un hotel come receptionist ed è un baciatore pazzesco." fece finta di svenire sul letto, portandosi una mano al petto ed io scoppiai in una risata.
"Abbiamo il suo numero di telefono?"
"Assolutamente si! E indovina un po'?" mi chiese lei e potei vedere la sua eccitazione nel farmi sapere questa, apparente, bella notizia.
"Dimmi, forza, prima che esplodi!"
"Mi ha scritto questa mattina! Mi ha voluto dare il buongiorno e ora stiamo parlando un bel po'..." io feci un balzo sul letto dalla sorpresa e mi allungai per abbracciarla, tentando di non ribaltare il cartone di pizza.
"Oh mio dio ma allora potresti aver trovato uno di quelli buoni!" lei rispose con un urletto ed io mi riempì di felicità per lei. Era tanto che cercava qualcuno e anche se non fosse andata a buon fine, questo sicuramente le alzava l'autostima che aveva perso nell'ultimo anno.
Continuammo a chiacchierare finchè la pizza non finì e poi ci mettemmo a guardare la serie tv che stavamo seguendo al momento, Lucifer.
Poco prima di addormentarmi però sentì il bisogno di porle una domanda.
"Pensi che Zach mi pensi ancora?" chiesi, quasi in un sussurro e la sentì irrigidirsi, prima di voltarsi verso di me.
"Credo di si. Credo che si sia strappando i capelli dalla disperazione di aver perso una come te anche in questo momento."
"Sono seria, Nik."
"Anche io Bree."
"E' che io lo penso e pure tanto. Lo penso spesso, più di quanto dovrei o vorrei. Non riesco a non chiedermi se lui faccia lo stesso." cercai di mantenere la voce salda mentre pronunciavo delle parole che mi spezzavano.
"Bree io questo non lo so. Non so se ti pensa, se ti ama ancora o se invece è felice, ma so che tu dovresti essere felice. Lui fa parte del passato e hai un futuro davanti a te bellissimo, in cui incontrerai qualcuno che ti farà ricordare quanto sia bello amare." io annui e le strinsi la mano, cercando con tutta me stessa di credere alle sue parole. Sentì il cellulare vibrare sul comodino e lo presi per controllare chi fosse a quell'ora.
Un sorriso mi spuntò con forza sulle labbra dopo aver letto il messaggio della buonanotte di Adrian e accompagnò per tutta la notte.
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Our Pistanthrophobia.
Romance"Avevano entrambi il cuore talmente spezzato da essersi scordati cosa significasse essere felici. E se fossero destinati ad essere l'uno la felicità dell'altra?" Pistanthrophobia: la paura di fidarsi di qualcun'altro.