Capitolo XXI: Derevaun Seraun

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Mi dispiace, — le sussurrò. — sono stufo delle menzogne.

   Nonostante il suo sguardo fosse fermo, Hereweald stava tremando.
La stretta attorno alla sua spada era incerta, debole. Gli sembrava di impazzire. Credeva di essere chiuso in una prigione dalle catene invisibili.
Le sentiva premergli sul petto, avvinghiarsi a lui come le parole di Lilith che ancora gli stavano risuonando in mente. Lo stesso valeva per le torture: avvertiva un bruciore intensificarsi sulla sua pelle. Era ridicolo.

Ciò che aveva scoperto essere la sua debolezza in quel momento era lì con lui, tra le sue braccia, più vicina che mai.
Che fosse reale o meno non aveva importanza: lo stava distruggendo e non poteva permetterlo.

Abegail cominciò a divincolarsi maggiormente. Le sue lacrime arrivarono a scendere sugli avambracci scoperti di Hereweald. Lui le sentì fredde, piene di paura e delusione.
Strinse la presa e serrò i denti.
Era un'illusione: Fidnemid era andata in cenere e Abegail era morta ancora prima che potesse assistervi. Non aveva più niente per cui combattere. La sua speranza gli era bruciata davanti agli occhi ed era impossibile che gli si ripresentasse.

— Ti prego...

   Tuttavia la voce della ragazza - reale o meno - aveva il potere di bloccarlo, sconquassava i suoi pensieri e intimidiva le sue azioni. Era così simile a come la ricordava e non capiva perché.
Doveva darci un taglio; bastava poca pressione affinché tutto svanisse e lui potesse vivere senza quel fantasma pronto a tormentarlo.
Non voleva e - soprattutto - non doveva ammettere che gli facesse un certo effetto sentire quel corpo - dalle parvenze tanto reali - così vicino al suo. La morbidezza delle sue forme poggiarsi su di lui e il suo profumo inebriarlo. Stava realmente impazzendo.

Nei mesi precedenti aveva pregato - nemmeno lui sapeva chi o cosa - affinché potesse rivederla. Avrebbe voluto toccarla per trovare conforto quando la sua mente stava andando in frantumi; quando il fuoco gli ardeva potente a pochi centimetri dalla pelle e il sudore lo avvolgeva come un tessuto.
Tuttavia - in quel momento - tutto ciò non aveva più rilievo. Portare a termine la missione era l'unica cosa da fare: non c'era nient'altro per risolvere quella circostanza nefasta se non accontentare la sua regina.

— Muoviti! — tuonò Lilith dall'altro lato del campo. La sua pazienza era al limite.
Si chiese se bastasse così poco perché ogni suo progresso venisse annientato. — Sei inutile...

   Sussurrò poi imbracciando meglio il fucile e mirando alla testa della ragazza. Se il suo principe non ne era ancora capace ci avrebbe pensato lei. Rendere ogni sua lezione concreta sarebbe solo stato utile per azzerare la libertà di Hereweald. Quella volta sarebbe stato definitivo. La sua mano fremeva di rabbia e il suo corpo emanava scintille. Alexander le diede una fugace occhiata l'attimo prima che lei premesse il grilletto. Il respiro del ragazzo cessò di esistere. Vide la pallottola partire, il fumo innalzarsi e il ghigno di Lilith segnare la fine per la sua protetta.

Fu tutto improvviso. Samuel gridò, Victor uscì allo scoperto paonazzo per la paura, il cuore che gli batteva a mille e Abegail si irrigidì chiudendo gli occhi. Eccetto il suono dello sparo niente intaccò l'udito in quei fugaci attimi. Quello strano silenzio crollò però a seguito di una potente raffica di vento.
Dopodiché nell'aria volò un lamento assieme ad alcune piume.

Victor sgranò lo sguardo - sorpreso quanto il padre - nel mentre si avvicinava con cautela a questo, saettando l'attenzione tra il demone e l'angelo. Le ali di Alexander splendettero libere sotto le nubi cineree del capanno in fiamme e del sangue macchiò il loro candore: avevano incassato il proiettile.
Il giovane si lamentò a denti stretti cadendo in ginocchio e prendendo a respirare irregolarmente. La sua essenza vibrava irritata e debole mentre i brandelli degli indumenti cadevano sull'erba.

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