Capitolo 9

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Erano circa le sette del pomeriggio, quando la clessidra che Kronos teneva al suo fianco finì, indicandogli che un'altra ora era scoccata

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Erano circa le sette del pomeriggio, quando la clessidra che Kronos teneva
al suo fianco finì, indicandogli che un'altra ora era scoccata.
Era davvero stancante essere un Dio: Kronos - il Dio del tempo, figlio di Urano (cielo) e di Gea (terra) - aveva solo la possibilità di osservare la Terra e gli umani da una piccola nuvola insignificante, della quale gli uomini mai si accorgevano. Gli era stata regalata da suo padre stesso, quando una volta nato avevano scoperto che lui avesse il dono di controllare tempo, attraverso la sua clessidra, l'oggetto da cui mai poteva allontanarsi o sarebbe potuto succede qualcosa.
Kronos era immortale, come d'altronde lo è il tempo, ma la sua noia lo portava a provare un'angosciante e quasi fatale agonia, talmente forte che spesso sperava che Zeus decidesse di ucciderlo e farlo fuori, anche se impossibile.
Quella piccola nuvola sul quale stava era leggermente diversa dalle altre: era quasi più rosea, indipendentemente da che momento della giornata fosse; era spezzettata, in modo tale che, con lui, potesse portare la sua preziosa clessidra e altri oggetti che gli erano stati concessi dall'Olimpo. Il fatto che lui fosse nato dalla coesione di cielo e terra - gesto quasi surreale e poco accettabile - gli dava la possibilità di poter osservare coi suoi occhi stessi, quegli scriccioli di essere viventi che, troppo indaffarati e presi dalle loro vite, non notavano un particolare diverso nel cielo, nonché la nuvola su cui viaggiava Kronos.
Andava d'accordo con tutti sull'Olimpo tranne che con suo fratello gemello Krainos: i due differivano per come riuscissero a gestire il susseguirsi dei secondi, Kronos riusciva a controllare il tempo come desiderava, gli umani avevano una concezione dello scorrere delle ore, dei minuti o secondi, a seconda di come il Dio si sentiva; si era, fin dalla nascita, considerato importante per questa sua capacità, giocava spesso con gli umani, stando sempre sulla sua nuvola, provocandoli quando faceva trascorrere il tempo troppo lentamente, portandoli ad alzare gli occhi al cielo e sentendoli talvolta lamentare di come il "tempo" non passasse mai. Aveva questa clessidra che teneva sempre con sé - l'aveva persa solo due volte in tutti quegli anni; non aveva la possibilità di ricrearne un'altra, perché quella che doveva tenere con sé era l'unica che sarebbe stata accettata da Zeus stesso, una volta giunta sera e tornato all'Olimpo. Il tempo condiziona le menti degli umani: ogni volta lui si allontanasse dalla sua clessidra, nasceva un anti-Dio, che avrebbe portato alla distruzione di molti umani; quando Kronos, perdeva il suo amato oggetto, l'umano faceva guerra o compiva gesti estremamente sbagliati.
Questo perché la clessidra legava lui e suo fratello gemello, Krainos: la qualità del tempo. Questo Dio, aveva il compito di dare a ciascun umano il tempo corretto, opportuno, giusto per fare qualcosa, per agire sulla Terra.

Kronos e Krainos era gemelli, dipendevano uno dalla clessidra dell'altro, ma evitavano di incontrarsi. I due dei, essendo dipendenti l'uno dall'altro, quando erano viso a viso, nuvola a nuvola, avevano la possibilità di creare la contemporaneità solo poggiando un dito sulla clessidra. Esattamente, accadeva che delle anime profondamente legate fra di loro, riuscivano a sentire le stesse emozioni, nello stesso tempo: Kronos concedendo l'attimo e Krainos generando quei sentimenti.
Era stupefacente come i due non volessero neanche guardarsi in faccia, poiché una volta scambiatosi uno sguardo, ad entrambi sarebbe venuto il desiderio di toccare la clessidra, creando un unione di anime.

𝙻'𝚊𝚛𝚝𝚎 𝚍𝚎𝚕 𝚜𝚎𝚜𝚜𝚘 ꨄ︎ 𝙺𝙾𝙾𝙺𝚅Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora