The last one

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Quel giorno cominciò come tutti gli altri: con il ripetitivo e fastidioso rumore della sveglia. Non appena aprii gli occhi sorrisi spontaneamente perché sapevo che quel giorno non si sarebbe conclusi come tutti gli altri. Mi misi seduto sul letto stiracchiandomi. La vibrazione del mio cellulare mi fece sussultare, fu mamma la prima a scrivermi e non ne rimasi molto sorpreso. "Il gran giorno" lessi. Appena le risposi decise di chiamarmi capendo che ero già sveglio. "Buongiorno" disse lei per prima, come me era molto carica. "Buongiorno" risposi a mia volta. "Sei pronto per stasera? Immagino tu sia molto agitato" come avrei potuto non esserlo. "Sto bene, sto bene. È tutta ansia positiva, so che andrà bene". Mi agitava di più il pensiero di esibirmi davanti a tutta la mia famiglia e amici di lunga data piuttosto che esibirmi davanti a 50.000 persone, più o meno.
"Certo che andrà bene. Ci saranno fan da tutto il Canada se non da tutto il mondo" disse entusiasta, "mamma, non esagerare" dissi ridacchiando per la tensione. "Non sto scherzando. L'ho letto su Twitter. Non sai quanto sono fiera di te" le sue ultime parole suonarono quasi malinconiche. Conoscevo così bene mia madre, quel tono di voce non mi piacque per niente. "Mamma tutto bene?" Chiesi senza sembrare eccessivamente preoccupato, "certo, sono molto felice per te. Non pensare a nulla di troppo serio oggi, nel pomeriggio hai le prove". Annuii rendendomi conto dopo che non avrebbe potuto vedermi essendo al telefono. "Ci vediamo dopo, okay?" Dissi alzandomi dal letto dirigendomi verso il bagno "okay, ti voglio bene" replicai il suo 'ti voglio bene' per poi chiudere la telefonata e farmi una doccia.

Quella giornata di inizio settembre che aspettavo da mesi era finalmente cominciata.

Appena prima di uscire mi guardai per un attimo allo specchio. "Wow" dissi a me stesso. Ripensai alle parole di mamma, i fan avevano davvero attraversato l'oceano solo per vedere un mio concerto? anche quella volta mi lasciarono senza parole, era solo grazie a loro se stavo per realizzare il mio sogno: fare tutto esaurito al Roger Center.
Sorrisi per l'ennesima volta per poi prendere le chiavi e uscire di casa.

In poche ore ricevetti messaggi da familiari e amici augurandomi buona fortuna, mi sentii ancora più sotto pressione. Avevo mentito dicendo di stare bene, ero estremamente nervoso.
Decisi di chiamare l'unica persona che avrebbe potuto calmarmi, il mio migliore amico. "Brian, la mia testa sta per scoppiare" dissi prima che lui avesse potuto iniziare a parlare. "Amico stai tran-" lo interruppi "come posso stare tranquillo! Le mie mani stanno tremando e mancano ancora molte ore. Voglio fare bella figura" esclamai. Lo sentii sospirare, anzi, sbuffare. "Quante paranoie. Sai anche tu che puoi farcela senza problemi, lo sai benissimo. E poi stai parlando come se fosse il tuo primo concerto, è l'ultima data del tour americano!" Sapevo che aveva ragione. Sfregai la fronte con il palmo della mano, "non c'è niente di diverso dagli altri concerti" cercò di rassicurarmi "sono teso, esibirmi in uno stadio è davvero tanto e-".
"NO, CAZZO NO!" Gridò lui; "Non iniziare con i tuoi monologhi da tragedia greca. Tu hai fatto sold out al Roger Center, hai lavorato duro 5 anni. Ti esibisci davanti a 50 mila persone, non 50 mila giudici. Quindi vai e spacca il culo a tutti fratello!" erano parole che ripetevo spesso a me stesso, sentirle dire dal mio migliore amico riuscì a farmele entrare ancora di più in testa.

Cercando di mettere in atto quel che Brian aveva detto, guidai verso il ristorante dove mia mamma mi aveva dato appuntamento per pranzo.

"Hey!" Esclamai vedendo la donna bionda. "Hey" mi salutò lei abbracciandomi. Io e mamma avevamo un rapporto unico, parlare con lei era come parlare con un'amica. Quando ero piccolo iniziò a coinvolgermi nella sua vita e di conseguenza io non riuscivo a nasconderle nulla; crescendo vedevo i miei coetanei lasciare in disparte il rapporto con la famiglia vergognandosi di parlare con loro. Io invece no; mamma odiava quando provavo a mentirle, così giungemmo al "accordo della fiducia": se fossi stato sempre onesto lei non avrebbe potuto arrabbiarsi con me. Più volte prima di andare ad una festa dovetti ammettere con tutta l'onestà del mondo "ti avviso che sta sera bevo, buona notte" per poi uscire di casa senza aspettare una risposta. Fu un'ottima scelta, sapevamo di poterci fidare l'uno dell'altro.

What if I told you that someone was me | s.m.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora