OTOM4

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La base operativa era pronta. I microfoni, le telecamere, le informazioni, tutto come doveva essere.
"A quest'ora sarà già in cella" pensò Lovino.
Guardò l'orologio. 7 del mattino.
"È ora. Roderich Edelstein, dai il segnale."
L'austriaco, dunque, prese posto alla sua postazione. Parlò al microfono collegato con gli auricolari dei soldati.
"Ora." Disse solo.
Ancora i giornali non ne parlavano. Dal telegiornale nessun filmato.
Ma presto tutta la spagna avrebbe notato il colpo di stato più grande della storia.
Bersaglio: Palazzo della Zarzuela, sede della famiglia reale spagnola.

I soldati mafiosi entrarono nel giardino del palazzo con un furgone della Guardia Civil, segretamente contenente armi pesanti. Una volta scesi entrarono nel palazzo venendo scambiati per guardie del re.
I loro passi rimbombavano nel silenzio di quelle stanze tristemente vuote di vitalità. Si guardavano intorno, stupiti di tutto quello sfarzo e ricchezza.
Sorpassarono i dipendenti, attraversarono gli immensi corridoi del palazzo fino a raggiungere la sala di controllo.
Ogni soldato aveva la sua specialità.
Arthur Kirkland, genio e hacker informatico. Poteva sbloccare qualsiasi porta e innescare qualsiasi bomba.
Si sedette ai comandi e collegò il suo personale computer.
Quando lo fece, nell'auricolare destro di Romano iniziarono suoni tecnici, fino a quando non riuscì a sentire la voce dell'inglese.
"Siamo collegati" sentì Romano.
Prima che facesse scattare l'allarme per la chiusura ermetica, era il turno dei due soldati più esperti nel combattimento.
Lasciarono il gruppo di compagni, e si diressero a passo svelto verso le camere reali.

Il re si svegliò per colpa di rumori provenienti da fuori la porta della sua stanza.
Sentì spari, urla, rumori di pugni e calci, passi pesanti farsi sempre più vicini.
Senza pensarci due volte prese una pistola e si posizionò di fronte alla moglie, che si stava svegliando confusa.
Il panico e l'agitazione colpirono il re, che si spaventò molto quando con un calcio ben sestato fece spalancare la porta.
Vide entrare due figure in camera sua.
"Ho messo k.o. più soldati di te!" Disse il biondo, con un accento americano.
"Solo perché non ce ne erano altri." Rispose inquetantemente pacato il più alto, con evidenti origini russe.
Parlavano come se non avessero una pistola puntata contro.
"Fermi o vi sparo!!"
Si girarono finalmente verso il re.
"Keep calm bro, non ti faremo mica del male. Ci servi solo come ostaggio."
"Credete di riuscire in due a prendere in ostaggio tutto il mio palazzo?? Le mie guardie vi faranno subito fuori."
"Non siamo in due man, e con le nostre risorse sarà una passeggiata fare questo colpo di stato. I'm the hero e nessuno mi batte."
"Voglio vedere se ne sarai ancora convinto quando ti pianterò un proiettile in fronte!" Detto questo il re premette il grilletto e il rumore dello sparo risuonò in tutta la stanza. Fortunatamente il russo spostò il polso del re su un'altra traiettoria, impedendo che il compagno venisse colpito.
Poi strappò l'arma dalle mani.
"Parli troppo Alfred F.Jones."
"E tu sei antipatico, Ivan Braginski. Coraggio prendi il re e mettiamolo insieme agli altri ostaggi"
Ivan prese il re sottobraccio, senza fargli male ma comunque impedendo che scappasse.
Alfred, invece si rivolse verso l'impaurita regina. Fece un inchino e le porse la mano.
"Maestà, mi permetta di accompagnarla, la prego"
Non vedendo altre opzioni, la sovrana mise la mano su quella del mafioso e seguì suo marito.
"Non si preoccupi per le sue figlie, non servivano come ricatto, perciò le abbiamo fatti uscire con un messaggio per la polizia da parte nostra."
Alfred non avrebbe dovuto menzionare questo fatto, ma gli sembrava corretto nei confronti della pover donna.
Ovviamente, il messaggio era di liberare e annullare le accuse contro il loro Boss in cambio della liberazione degli ostaggi.
Un capo in cambio di un capo, sembrava equo.
Una volta che il re e la regina fecero la loro apparizione nella hall, scortati, tutti i lavoratori e le guardie del castello si sorpesero.
Mentre il portoghese João Henrique si mise ad accoglierli con un bel applauso e una finta risata.
"Spero che non avete fatto arrabbiare i nostri soldati migliori, maestà! Escono dalle guerre peggiori, come la Guerra Fredda. Non conviene averli contro! Hahahaha"
E mentre tutti e 87 ostaggi venivano legati, Arthur blindò le porte e le finestre.
"Qui sta scorrendo tutto liscio come l'olio, capo. Gli ostaggi sono tutti al loro posto. Come procede là?"
"Devono ancora chiamare. Henrique gli ha detto di farlo?"
"Si, ha mandato il resto della famiglia reale a riferire il tutto."
"Restate in attesa. Dobbiamo vedere la loro risposta.
Probabilmente sarà negativa, preparatevi per la difesa."
"Si capo."
Una volta chiusa la chimata con Romano, si girò di 180° gradi.
Dietro di lui, ad ascoltare tutto, c'era Wang Yao.
"È ora di andare in posizione."
"Si, ho sentito, vado. Berwald, vieni con me."
Wang Yao era stato messo in squadra come il miglior cecchino di tutta l'organizzazione. Mentre Berwald Oxenstierna, era un esperto di armi. Non c'era una pistola che non avesse avuto tra le mani, compresi mitragliatrici e bazooka.
Corsero per i corridoi, attraversando pure la hall contenente ostaggi e i loro compagni di squadra. Salirono le scale coperte dal tappeto rosso, e raggiunsero il balcone del terzo piano.
Essendo in alto, i poliziotti non avrebbero potuti colpirli a meno che non si affacciavano.
Ma a loro non serviva rischiare per mirare.
Le armi importate erano già state posizionate e Wang, dal mirino del suo cecchino, riusciva a vedere cosa stesse accadendo.
I maggiori copri di polizia, insieme all'esercito, si trovavano lì davanti in attesa di ordini.
I comandati delle due forze statali insieme ispettore incaricato della negozazione con gli assaltatori si trovavano all'interno di una tenda, molto probabilmente la loro base per le comunicazioni.
Wang Yao notò Francis Bonnefoy accompagnare l'ispettore ed entrare nella tenda.
Romano, in tutto questo, era beatamente seduto sulla sua sedia a sorseggiare un caffè.
Grazie alle telecamere piazzate dentro e fuori l'edificio, poteva sorvegliare tutto da quel posto.
Il telefono iniziò a squillare.
Aspettò tre squilli prima di alzare la cornetta.
"Ispettore, ci ha messo tanto a chiamare."
"Che cosa vuoi?"
"Come sei diretto, Himaruya. Sinceramente pensavo di chiaccherare un po'. Come stanno i suoi fan?"
"Non perdiamo tempo devi liberare subito il re e la regina. Tutta la spagna è in pieno panico e la notizia non deve uscire dallo stato altrimenti rischieremo un attacco estero."
"Comunichi pure alla stampa che il re è nelle buone mani della Mafia Bianca, e vedrà come la popolazione si calmerà."
"E così quindi, siete i cani di Carriedo."
"Se non lo liberate di vostra spontanea volontà, questi cani come ci ha chiamati lei, vi sbraneranno."
"Puoi minacciarmi quanto vuoi mafioso, ma non libereremo mai il vostro capo."
"Ti chiedo un parere personale. Secondo voi, anzi diamoci del tu, farmi proclamare in diretta successore del re, dal re stesso, è abbastanza umiliante per il vostro paese? O basta che lo buttiamo giù dal tetto del palazzo?" E dopo una breve pausa, aggiunse "Vi do due ore per pensarci."
Romano riattaccò bruscamente la chiamata.
Himaruya lanciò via infuriato il telefono.
Non sapeva cosa fare. Non poteva liberare la persona più ricercata di Spagna. Avevano impiegato molti anni per prendere suo padre e pure per lui.
"Bonnefoy"
"Mi dica Himaruya."
"È possibile sfondare la porta blindata?"
"Ecco, magari con dei carrarmati..."
"Li voglio qui il prima possibile. Irromperemo nel Palazzo della Zarzuela."
Francis andò a riferire l'ordine, mentre Romano, che aveva ascoltato la conversazione tramite il microchip nella giacca del francese, riferì il piano pure all'interno del Palazzo.
Qualsiasi cosa avesse intenzione di fare il governo, loro potevano prevenirla.
Era una partita a dama dove si sapeva già chi era il vincitore.
E lo scopo era far rientrare in campo la pedina principale, Antonio.
A qualunque mezzo.

E mentre Lovino si stava godendo il suo piano, che stava proseguendo correttamente, Gilbert Beilschmidt decise che era il momento di infastidire qualcuno.
Prese la sua sedia e la trascinò affianco a Romano, per poi sedersi con lo schienale davanti al petto.
"Hey Romanito, sta proseguendo tutto nel verso giusto!"
Romano non si girò verso di lui, ma si mostrò altamente infastidito. Corrugò la fronte.
"Non chiamarmi così e vai a lavorare, bastardo."
"Kesese scusami, dimenticavo che solo il tuo amore può chiamarti così!"
"Non so di cosa parli."
"Oh andiamo, lo sai bene che io e Francis siamo i migliori amici di Antonio! Pensi che non ci racconti nulla??"
"Allora saprai anche che non voglio parlarne sul lavoro."
"Va bene va bene, non parliamo della tua relazione segreta col Boss. Parliamo invece dei nostri fratelli. Non sono quasi favolosi quanto me, insieme?"
"Che grandissima cazzata. Feli non si metterebbe mai con un crucco."
"Questo è quello che pensi tu."
Roma decise di darsi un occhiata in giro, per poi posare lo sguardo proprio sui due mentre parlavano imbarazzati.
"Se Francis fosse qua direbbe che l'amour est dans l'air, kesesese" disse imitando il francese.
Romano restò fisso a guardarli, con una faccia rilassata senza espressioni. Pensava.
Non si sarebbe mai immaginato che Feliciano si fosse innamorato di un ragazzo.
Non si sarebbe immaginato che feliciano si sarebbe innamorato. E non perché da ragazzo non ci provava mai con le ragazze, anzi, aveva sempre avuto una fila di corteggiatrici.
Eppure la visione che Roma aveva per il fratello era ancora del fratellino piccolo e innocente, come anni prima.
E ora si ritrovò a doverlo vedere come un adulto, proprio come ormai era lui stesso.
Fu sempre il tedesco affianco a lui a risvegliarlo dai suoi pensieri, dicendo una frase che era meglio evitare.
"Chissà da quanto scopano"
Romano non ci pensò due volte a prendere la tazza del suo caffè, ormai semifreddo, e versarglielo addosso.
"HEY!" urlò arrabbiato Gil, osservando Romano altrettanto arrabbiato.
"Ops che sbadato. Dovresti andarti a cambiare."
"Sarai pure carino quanto vuoi ma non capisco come faccia Antonio a sopportarti" borbottò mentre se ne andava.
Antonio... la sua assenza si stava già facendo sentire. Mancava a Romano.
"Dovranno trattarlo bene in cella, o gliela farò pagare."

Our Type of Mafia- SPAMANO FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora