Incipit

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...biiiiip...biiiiip...biiiiip...biiiiip...biiiiip... Roma, giovedì 1 febbraio 2007, ore 7.00. Era già tardi... quella mattina si sarebbe riunita l'unità di crisi, avrei avuto un sacco di cose da fare. Mi alzai dal letto e mi trascinai faticosamente fino allo specchio del bagno, nel quale, come tutte le mattine, presi ad osservarmi meticolosamente. Una volta finito di sistemarmi, spensi il televisore, indossai il trench, impiegai i consueti dieci minuti per cercare la mia valigetta, che buttai chissà dove la sera prima. Era una bella giornata e, grazie al sole, la temperatura era quasi primaverile. Uscii dal portone e cominciai a camminare, dovevo percorrere un po' meno di due chilometri per arrivare al mio ufficio, in Piazzale della Farnesina. Dopo pochi passi incrociai lo sguardo con una bellissima ragazza bionda che arrivava dalla direzione opposta alla mia, si abbassò gli occhiali da sole e mi sorrise. Io, quasi incredulo, feci passare qualche secondo e mi girai, accorgendomi che aveva cambiato direzione, era dietro di me! Ovviamente risposi al suo sorriso ma, istintivamente, non mi fermai. Dopo qualche istante, incrociai un'altra ragazza, stavolta dai lunghi capelli castani, sui quali portava un grazioso cappellino rosso, che s'intonava alla perfezione con il suo rossetto e con il poncho che le avvolgeva le spalle. Anche lei mi guardò intensamente e mi sorrise. Di primo acchito mi diedi un'occhiata per vedere se avessi qualcosa che non andava, che so, la camicia macchiata di caffè o qualcosa del genere... ma niente, era tutto a posto, non c'era nient'altro ad attirare il loro sguardo. Istintivamente mi girai e vidi che anche lei, di fianco alla ragazza bionda, stava dietro di me. Va beh... guardai l'orologio e continuai, imperterrito, a camminare, girai l'angolo e... un'altra ragazza, stessa scena, mi sorrise e si mise a camminare dietro di me, insieme alle altre due... non potevo crederci, forse era uno scherzo di qualche collega... meglio proseguire fino all'ufficio senza voltarmi. Pochi metri ancora e... ecco la quarta ragazza, e poi la quinta, la sesta, la decima... erano tutte dietro di me, mancava circa un chilometro a Piazzale della Farnesina e, per la strada, non facevo altro che incrociare belle ragazze che, dopo avermi sorriso, cominciavano a seguirmi. Mi guardavo attorno, ma di uomini nemmeno l'ombra, c'erano solo ragazze, tutte bellissime, che arrivavano dalla direzione opposta alla mia, mi sorridevano e si accodavano dietro di me. Ma che cavolo stava succedendo? All'inizio la cosa mi piaceva ma, dopo un po', cominciava ad inquietarmi, spaventandomi non poco. Accelerai il passo, sentivo il cuore che mi batteva a mille all'ora, ma non dovevo più girarmi, volevo solo raggiungere il prima possibile il portone del mio ufficio. Continuai a camminare a passo spedito, cercando di non guardarmi intorno, come se avessi i paraocchi, ma non ce la facevo, continuavo a trovarmi di fronte sempre più ragazze, tutte che si comportavano allo stesso modo, mi guardavano, mi sorridevano e poi si mettevano a camminare dietro di me. Ormai ero quasi arrivato, mancavano si e no cinquecento metri, dovevo assolutamente resistere alla tentazione, non dovevo voltarmi, per nessuna ragione al Mondo. Ma dietro di me sentivo un rumore che era diventato quasi assordante... ma che diavolo era? ...tuuumm ...tuuumm... tuuumm...no, non dovevo girarmi ...tuuumm... tuuumm... tuuumm... dovevo resistere, ormai ero quasi arrivato ...tuuumm... tuuumm... tuuumm... accelerai ulteriormente il passo, ero talmente nervoso che cominciai a sudare, sentivo un calore pazzesco ed il cuore che stava per scoppiarmi nel petto tuuumm... tuuumm... tuuumm... ma che cosa stava succedendo? Quel maledetto rumore era sempre più forte... no, non ce la facevo, dovevo girarmi, mi voltai e... erano centinaia, tutte dietro di me, tutte con lo stesso viso, ed io, d'istinto, mi fermai. Loro fecero lo stesso, si bloccarono, in silenzio, e mi fissarono, tutte con il sorriso stampato sulle labbra, dieci, venti secondi e poi cominciarono a chiamarmi, a scandire il mio nome. Ma che volevano da me? No, non potevo stare lì, poteva esessere pericoloso, ormai l'ufficio era vicino e lì fuori avrei trovato le camionette di Polizia e Carabinieri, sarei stato salvo, dovevo raggiungerlo il prima possibile! Un ultimo sguardo, mi voltai e cominciai a correre, più forte che potevo... la valigetta mi dava fastidio, la lasciai andare e, senza fermarmi, mi voltai per guardare se fossero ancora dietro di me... erano una moltitudine, correvano ad una velocità supersonica, ormai mi avevano quasi raggiunto... ma dovevo farcela, ormai la Farnesina era lì, di fronte a me, a poche decine di metri... ma come? Non c'era nessuno, il piazzale era completamente deserto, continuai ugualmente a correre, arrivai con qualche metro di vantaggio, ma no, dannazione, il portone era chiuso! Cominciai a bussare, ma non c'era nulla da fare, mi voltai... ormai stavano arrivando, erano migliaia e non sorridevano più...

-Francesco... stai calmo... perché non ti avvicini? Non ti mangiamo mica...

Mi dissero, fissandomi.

Allargai le braccia, alzai gli occhi al cielo e cominciai ad urlare "Nooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!"...biiiiip...biiiiip...biiiiip...biiiiip...biiiiip...Ahhhh...ahhhh...ahhh...sbarrai gli occhi, ero nel mio letto, sudatissimo e con il fiatone. Mi voltai verso la sveglia, erano le 7.00 in punto. Ma che razza di sogno! Mi alzai, andai in bagno e cominciai a guardarmi allo specchio, mentre stavo li pensavo al sogno, ero ancora un po' spaventato, ma trovai la forza di riderci su. Mi preparai accuratamente, indossai il trench e mi misi a cercare la valigetta che, quella mattina, trovai immediatamente, perché l'avevo lasciata per terra, proprio vicino allo stipite della porta. Uscii, feci le scale, varcai la soglia del portone e... proprio come nel sogno era una splendida giornata. Ero ancora frastornato, così cominciai a guardarmi intorno, era pieno di gente e c'erano anche gli uomini! Sì, certo, c'erano anche le ragazze ma, come tutte le mattine, avevano tutte una gran fretta e tiravano dritte per la loro strada, chi parlando al telefonino, chi leggendo la prima pagina di un quotidiano mentre camminava. Mi girai e, con sollievo, vidi che dietro di me c'era soltanto una nonna con il suo nipotino... non mi seguiva nessuno, pericolo scampato!

A questo punto vi starete chiedendo chi sono, cosa faccio e, soprattutto, perché, talvolta, il mio subconscio mi gioca questi brutti scherzi. Bene, cominciamo da me, il mio nome è Francesco, ho trentadue anni e vivo a Como, città a misura d'uomo dove puoi trovare tutto ciò che cerchi, tranquillità compresa. Nella vita mi è sempre andato tutto bene, ho una splendida famiglia, degli ottimi amici e faccio il lavoro che ho sempre avuto nel sangue: il giornalista. Ho cominciato da ragazzino, scrivendo le cronache delle partite di calcio delle squadre di periferia e, a ventiquattro anni, sono stato scelto dal Direttore di Como Oggi per seguire la cronaca della politica locale. Dopo tre anni passati ad inseguire i politici è stato uno di loro ad inseguire me, infatti, appena eletto Deputato, l'Onorevole Avuti mi chiese di lavorare per lui in qualità di addetto stampa, accettai immediatamente.
Insomma, non mi mancava proprio nulla: avevo un lavoro che mi permetteva di frequentare ambienti e persone stimolanti, una certa stabilità economica e, grazie a madre natura, la fortuna di essere un ragazzo assai piacente. Ed in effetti le donne non mi sono mai mancate, anzi... diciamo pure che ho sempre avuto il privilegio di poter scegliere, infatti, nella piccola Como, un po' per la mia faccia tosta, un po' per fatto che fossi abbastanza conosciuto, ho sempre avuto gioco facile con il gentil sesso. Certo, per il mio stile di vita mi ero imposto di non avere condizionamenti di alcun tipo, quindi, dopo al massimo tre volte che uscivo con la stessa ragazza dovevo mollare il colpo, cambiare. Molti faranno fatica a comprendere il senso di una decisione del genere, che è oggettivamente difficile da spiegare e potrebbe anche apparire crudele. Ma non lo era affatto, anzi, il mio modo di essere con le ragazze che frequentavo non era assolutamente quello stereotipato del machorozzo che tratta male le donne ma, al contrario, era finalizzato a far vivere loro una sorta di sogno romantico, trattandole come vere e proprie principesse. Sembrerà banale, ma tutte le donne, anche quelle che appaiono decise e sicure di se, in cuor loro, non aspettano altro che il loro Principe Azzurro, una persona gentile e sensibile, che sappia viziarle con tutte le attenzioni di questo mondo, che riesca a sorprenderle scrivendo una lettera strappalacrime che conserveranno gelosamente - magari nascondendola al marito od al fidanzato - per il resto dei loro giorni.
Questo vogliono le donne, ed io, seppur per un lasso di tempo limitato, ero in grado di darglielo, di far vivere loro un sogno.

Ti odio da morireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora