Insieme a Sylvie i giorni scorrevano più velocemente che mai, passandoci davanti agli occhi come il più bello dei film. Sì, perché lei era la prima persona con la quale si era creata un'intesa tale da permetterci di poter condividere ogni cosa. Parlavamo per ore, senza mai esaurire gli argomenti, andavamo dappertutto e con chiunque senza mai sentirci fuori luogo, ci emozionavamo cantando una canzone in macchina, ci ammazzavamo di risate guardando un film e... beh, facevamo l'amore con una complicità ed un trasporto davvero fuori dal comune. Potevamo farlo a qualunque ora ed in qualunque posto, ci bastava un'occhiata e la scintilla scoccava immediatamente, alimentando un fuoco di passione che c'incendiava di voglia e desiderio. Era una sorta d'istinto primordiale, irrefrenabile, incontrollabile, che non avevo mai provato con nessun'altra prima d'allora e che poteva coglierci a qualsiasi ora del giorno e della notte, anche quando non stavamo insieme. A casa, in ufficio, quando stavo con gli amici... mi bastava pensarla solo per un istante, per scatenare un vero e proprio uragano che, con una forza spaventosa, spazzava via qualsiasi altro pensiero dalla mia mente, sballottandomi da una parte all'altra delle fantasie che solo Sylvie era in grado di ispirarmi.
"Guarda che le cose che ti dico non si amano...
...se devi amare, devi amare me...
...qui non si diventa, non si inventa...
...qui la parola chiave è casualità...
...ci morirei...ci morirei...
...su quel tuo corpo bianco e bello morirei...
...e tu lo sai...Dio se lo sai...
...per questo spingi forte tanto da sfondare..."
Era ormai notte fonda, quando salutai appassionatamente Sylvie e salii sulla mia macchina. Non passò un minuto che... bip bip... bip bip... "Te sei il mio tutto! Il mio migliore amico, il mio fratello maggiore, il mio amante, il mio compagno... Io vivrò di te e per te... per sempre! IO TI AMOOOOO!!!". Fuori pioveva che Dio la mandava, la città era talmente deserta da sembrare quasi irreale evocando, in me, il ricordo di una vecchissima puntata de "Ai confini della realtà". Accesi la radio e, immediatamente, partì Lascia stare, il nuovo singolo di Biagio Antonacci... incredibile... sembrava scritto apposta per me! Non perché fossi in crisi, anzi, tutt'altro, lei era adorabile sotto ogni punto vista e, tra noi, andava tutto splendidamente... era solo che mi sentivo in colpa perché ancora non riuscivo a dirle la fatidica frase, quella che lei mi sussurrava con una dolcezza al limite della commozione, quella tanto breve quanto profonda e significativa... insomma... proprio quella frase li, quella che non avevo mai detto a nessuna: ti amo. Eppure sentivo di provare quel tipo di sentimento per Sylvie ed io, quando ne parlavamo, se avessi potuto mi sarei strappato il cuore dal petto per dimostrarle che non grondava di sangue, ma del suo amore.
Lei, come sempre, aveva compreso alla perfezione il mio stato d'animo e non mi faceva pesare per nulla la cosa, anzi, molto brillantemente ci scherzava su, paragonandomi al mitico Fonzie di Happy Days che, ogni qual volta si trovava a dover pronunciare quella frase, si bloccava e si produceva un una specie di conato, qualcosa del tipo: "Ehi zuccherino, io ti... io ti... mmmhhhmmmhhhmmm". Ecco, tolto lo zuccherino, era la stessa cosa che capitava anche a me, e questo mi faceva sentire terribilmente in difetto di fronte a Sylvie, perché sentivo di amarla con tutto me stesso e non riuscivo ad esternarlo, ero come bloccato. Lei aveva un carattere eccezionale e l'aveva buttata sul ridere, ma sono sicuro che, anche se non me lo diceva, la cosa la feriva profondamente. E poi, per quanto ancora avrebbe sopportato l'idea di stare con uno che non era nemmeno in grado di dirle che l'amava? Beh, in tutta sincerità, permaloso com'ero, credo che al posto suo avrei reagito molto, molto diversamente! In fondo lei mi stava dando tanto, tantissimo... dovevo tirare fuori le palle e dirglielo! Una volta arrivato alla rotonda di Santa Teresa, anziché proseguire per Villa Olmo, girai e tornai indietro, in fretta e furia. Lasciai la macchina praticamente in mezzo alla strada, di fronte al Teatro Sociale e corsi, sotto la pioggia battente, fino al portone di casa sua. Le citofonai e lei si affacciò dalla finestra.
-Amore, ma che è successo? Arrivo subito!
Da una finestra vidi accendersi la luce delle scale e, dopo qualche istante, la porta si aprì e me la trovai di fronte, con il suo pigiamone rosa e le ciabatte di peluche, non si aspettava che tornassi, ed aveva l'aria spaventata.
-Tatino, non farmi preoccupare, dimmi che è successo, ti prego!
-Niente niente, non ti preoccupare...-Sei tutto bagnato, così ti prendi un accidente!
-Ma no... senti Sylvie, io sono convinto di essere la persona più fortunata sulla faccia della terra perché ho avuto la fortuna d'incontrare te, che sei il mio angelo... vedi... non è così facile per me... non sono abituato a dire certe cose ma...
Mentre le parlavo lei mi guardava più intensamente che mai con i suoi splendidi occhi verdi, ed io sentivo ancora il blocco fonzarelliano salirmi su per lo stomaco nel tentativo di frenarmi per l'ennesima volta, ma dovevo assolutamente farcela.
-...ma... con te sto talmente bene... insomma Sylvie, se sono tornato indietro nel bel mezzo della notte e sono qui sotto la pioggia, di fronte a te che sei in pigiama e con le ciabatte di peluche... beh... è solo per dirti che...
-Per dirmi che...
-...per dirti che questo ragazzo zuppo d'acqua ha trovato il coraggio di dirti che ti ama da morire Sylvie!
Lei saltò su di me dal gradino del portone abbracciandomi più forte che mai, baciandomi a raffica sul collo e sul viso.
-Anch'io ti amo, ti amo, ti amo, ti amooooooooo! Non sai quanto mi hai fatta felice, te se tutto matto! Io ti amoooo!
-Ti amo Sylvie, ma dovrai fare attenzione...
-E perché?
-Perché non ti libererai più di me!
-Liberarmi di te? Io e te siamo una cosa sola e staremo insieme tutta la vita... e anche oltre!
Diluviava, ma non sentivamo ne l'acqua ne tanto meno il freddo, senza staccarci per un solo istante salimmo il gradino ed entrammo nel portone, era buio pesto e si udiva soltanto il rumore della pioggia che cadeva dal cielo e che picchiava per terra. Le strappai di dosso la felpa del pigiamone e cominciai a baciare i suoi bellissimi seni e lei, nel frattempo, lei mi slacciò la cintura... eravamo entrambi talmente eccitati che, il pensiero che da un momento all'altro sarebbe potuto arrivare qualcuno, non ci sfiorava nemmeno lontanamente. A quel punto le abbassai i pantaloni, la girai e la feci appoggiare con le mani alla ringhiera d'ottone delle scale... quanto era bella... aveva un sedere perfetto, e la sua pelle era così liscia... ormai avevamo perso qualsiasi freno, non capivamo più nulla. La presi li, con il portone ancora aperto e l'acqua che, intanto, aveva finito di cadere.