I know it's crazy to believe in silly things

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HIGH HOPES


CAPITOLO 5 - I KNOW IT'S CRAZY TO BELIEVE IN SILLY THINGS


•••


Odore di ginepro, di fresco, di dopobarba e disinfettante asettico. Ciò che zia May e zio Happy – sì, oramai erano sposati da ben quattro anni - definivano Peter-Prurito erano nient'altro che i sensi amplificati di un essere umano con il DNA geneticamente modificato da un ragno. E nel pacchetto era compreso anche un super olfatto, sviluppato tramite allenamento. Poteva facilmente annusare tutte le sfumature di ciò che aveva intorno, e quella nota dolce-amara l'avrebbe riconosciuta in mezzo a una folla di centocinquanta persone. Il profumo di Tony.
Peter aprì prima un occhio con estrema riservatezza, poi entrambi con incredulità. Non avrebbe voluto muoversi di un solo centimetro, non dopo aver realizzato che si trovava nientepopodimeno che appoggiato con la testa al petto di Antony Edward Stark. Trattenne il respiro quanto bastò per rendersi conto di essere in via di soffocamento, poi si accinse a guardarlo come se stesse osservando un fantasma. IL fantasma.
Spettro di qualcosa che mai aveva né potuto né dovuto vivere, pensare, ipotizzare o immaginare.

Aveva capito di provare qualcosa per Tony - che fosse diverso dalla stima e l'affetto - da dopo che gli aveva offerto di diventare un Avenger e aveva rifiutato. L'aveva scoperto perché, poche ore dopo, aveva letto su un tabloid la notizia del suo fidanzamento con Pepper Potts e ci era stato... di merda. E ne aveva avuto la riconferma quando, durante una delle innumerevole nottate trascorse nei laboratori con lui, si era accorto di non riuscire a mantenere stabile e costante il battito del suo cuore. Ma Peter era sempre stato - a dispetto di ciò che tutti pensavano - una persona assai razionale da quel punto di vista. Lui era un ragazzino e Tony... beh, Tony era Tony. Il signor Stark. Si era sempre accontentato del rapporto che avevano e ne era felice; dare adito alle sue ossessioni avrebbe solo compromesso la loro amicizia.
Da quel momento aveva iniziato anche a porsi grandi interrogativi sulla sua presunta eterosessualità, interrogativi ai quali riuscì a porre la parola fine quando aveva provato ad avere una relazione con una donna ed era stato un vero fiasco. A livello fisico, s'intende. Per fortuna MJ era stata molto comprensiva a riguardo e avevano mantenuto una solida amicizia. Mentalmente lei gli era sempre piaciuta tanto, ma quando si era trattato di procedere sotto le lenzuola era stato un disastro totale.
Si era reso conto di amare veramente Tony solo quando l'aveva visto morire. Non si era dato pace quando tutto ciò che gli era rimasto di lui era racchiuso in una nanerottola alta un metro e una banana schiacciata con i suoi stessi occhi e la sua stessa audacia. Gli ci era voluto davvero poco ad affezionarsi a Morgan. Non era mai stato davvero geloso della signora Potts per ciò che aveva costruito con Tony durante i cinque anni in cui era stato cenere - o forse un poco lo era stato, ma si rendeva conto che fosse irrazionale - anche se mai, mai aveva smesso di amarlo. Nemmeno per un istante.

E come avrebbe potuto non farlo in quell'istante in cui, beato e immerso in chissà quali sogni, Tony se ne stava lì sdraiato su un letto tenendolo stretto a sé? Peter non riuscì a non guardarlo con occhi sgranati, tantomeno a far frenare il suo cuore da esplodergli nel petto. Il suo Peter-Prurito gli stava forse intimando di staccarsi di lì o sarebbe morto di cardiopalma?
Come avrebbe potuto essere razionale ora che aveva dormito sul petto di Tony Stark?! Addosso a Tony Stark. L'iperventilazione si fece insostenibile, tanto che non riuscì più a trattenere un sospiro forse troppo rumoroso per non essere notato. E, quando il suo mentore aprì gli occhi, Peter si tirò di scatto a sedere e arrossì alla tiepida luce di inizio dicembre.
«Oh! Ehi, Peter!» biascicò Tony con la bocca ancora impastata dal sonno, per poi sollevarsi, stiracchiarsi e scrocchiare la spalla indolenzita sulla quale aveva tenuto il suo protetto per tutta la notte.
«B-buongiorno s-signor Stark!» balbettò lui, guardando l'altro ricomporsi dal sonno con il fare più naturale del mondo.
E poi Tony ridacchiò. «Suvvia, Pete! Siamo stati a letto insieme e ancora non mi chiami Tony?» lo prese in giro con apparente audacia, cosa che fece arrossire ancora di più il povero Peter. In verità, con quel doppio senso scherzoso, Tony voleva solo allentare un po' la tensione che stava percependo addosso.
Voleva essere una battuta, Peter lo sapeva, ma in quel momento non riusciva proprio a prenderla come tale; proprio per quello decise di rispondere in modo razionale a quella domanda.
«Ho usato Tony solo una volta. Ed è stata l'ultima cosa che le ho detto» sussurrò, mordicchiandosi il labbro.
Mi dispiace... Tony...
Stark lo imitò nel suo gesto, poi sorpirò e tirò un sorriso vero seppur amaro. Non capì esattamente cosa stesse tentando di dirgli – del resto lui non le aveva mai sentite quelle parole – ma riconobbe che fosse qualcosa di importante.
Se lo domandò. Chissà cosa si erano detti, quando lui era... beh... quando era morto? Peter gli aveva menzionato un abbraccio, un abbraccio che però lui e il Peter della sua epoca non si erano mai dati. Cosa aveva provato il defunto Tony nel vederselo piombare sul campo di battaglia? Era stato qualcosa di forte come quando se lo era ritrovato lui davanti quel 27 settembre?
Perché era stato forte. Sconvolgente. Ancor più sconvolgente nel vederselo davanti così cresciuto. Ed era sconvolgente ogni cosa, di Peter. Ogni giorno di più.
«Magari adesso sarà la prima» sussurrò Tony in un flusso di coscienza che non sapeva da dove venisse. La prima? La prima di cosa? Perché gli aveva detto così? E perché ora Peter lo stava guardando con occhi così sgranati che ancora un po' e sarebbero caduti sul minuscolo lembo di lenzuolo che separava le loro gambe?

Peter trattenne ancora il respiro quasi da divenire cianotico ma, come oramai pronosticabile, ci pensò uno degli Avengers a interrompere - per fortuna - quel momento di imbarazzo sicché Peter potesse tornare a respirare.
«DRIIN-DRIIN! Sveglia, belli addormentati! Ho portato i croissant!» annunciò Rhodey, entrando nella stanza con un sacchetto color carta da forno che profumava di colazione. «Peter! Hai finito di farti ammazzare o no?»
Peter sospirò e liberò i polmoni di una forte dose di ansia, ricordando quale fosse il motivo per il quale si trovessero lì, quella mattina. Del perché avesse dormito abbracciato a Tony, quale fosse il reale intento del suo mentore.
Ci era riuscito, in effetti. Perché finalmente sentiva di aver ceduto, di essersi aperto e di avere affrontato la questione. Di essersi liberato di un peso. Tony non lo aveva giudicato, l'aveva accolto, l'aveva capito e ora lo guardava con quel gran sorriso soddisfatto e scaltro di chi aveva appena compiuto una gran missione. E, di rimando, Peter fece lo stesso e si scordò di tutte le seghe mentali.
Tony era lì, per lui, per loro, per Morgan. Non avrebbe più lasciato che qualcosa rovinasse tutto quello. L'avrebbe aiutato, si sarebbe fatto carico di parte di quelle responsabilità che tanto gli erano pesate in quegli anni. Non era più solo.
«Sì, Rhodes. Definitivamente» annuì Peter, poco prima di allungare la mano verso il premio tanto ambito. Una brioche ripiena di sciroppo d'acero.

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