When it all comes to an end

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Disclaimer: Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà della Marvel.
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Nessun copyright si intende violato.



HIGH HOPES

CAPITOLO 8 – WHEN IT ALL COMES TO AN END


•••



«Signor Stark!»
Peter si sentì raggelare.
Tony si voltò verso di lui, con il cuore in gola. Lo guardò con attenzione e studiò i lineamenti farsi più duri e il colorito più lattiginoso. Gli occhi di Peter erano spalancati, ma la sua bocca fin troppo serrata per aver potuto pronunciare quelle parole.
Pensò di aver avuto un'allucinazione, pensò e sperò al contempo di essersi sbagliato, ma era chiaro dai volti di tutti - e specialmente dall'espressione di Peter - che quelle parole fossero state pronunciate per davvero.
Da Peter, sì, ma non dal Peter con il quale era appena atterrato con la navicella.
E, quando la folla dei presenti si aprì per far spazio, quel Peter Parker poté finalmente agganciare i suoi occhi ai due supereroi che stava cercando da più di quattro mesi. Da quel famoso ventisette settembre.
Tony credette di svenire mentre Peter, al suo fianco, persino ci sperò. Sperò di cadere in un sonno così profondo da non svegliarsi mai. Il suo peggiore incubo aveva appena preso forme e consistenze reali.
Si specchiò negli occhi identici di quel ragazzo di fronte a sé, che aveva labbra tremanti di una rabbia palpabile dalla distanza.

«Perché, signor Stark? Perché!?» parlò infine quel Peter, con una smorfia di sdegno che gli irrigidì il viso glabro.
La sua voce tremava come una fiammella al vento, i suoi occhi erano velati e circondati da pesanti occhiaie violacee. Brividi sulle braccia di tutti i presenti.
«P-Peter... ma cosa...» balbettò Tony, anche se sapeva cosa gli stesse chiedendo Peter. Il suo Peter, quello dell'universo dal quale proveniva.
«Perché non ha voluto tornare da noi?» domandò lui, con gli occhi che pizzicavano. Non appena giunto alla T.S.M.A.F, la prima persona che aveva incontrato era stata Rhodey.
Aveva sperato con tutto il suo cuore che Tony stesse cercando un modo per tornare indietro, aveva sperato che tutti si stessero adoperando per riportarlo nella sua dimensione naturale ma, purtroppo, aveva appreso l'esatto contrario. Proprio come aveva temuto in ogni suo incubo da quattro mesi a quella parte. Non aveva voluto credere alle parole del Dottor Strange del futuro, il quale gli aveva detto che non l'avrebbe più rivisto. Poi si era soffermato su una frase, un'unica frase a quanto pare male interpretata.
Non nella tua dimensione, almeno.
Così gli aveva detto. Allora si era adoperato per andarlo a riprendere, e così avrebbe fatto. Così avrebbe agito, perché non poteva accettarlo. Non poteva accettare che il suo Tony rimanesse in quel futuro.
«Come hai fatto ad arrivare fin qu-» si intromise Peter, per domandare al suo sosia del passato come avesse fatto a trovare l'esatta epoca nel quale aveva portato Tony. Questi però lo interruppe.
«Stai. Zitto.» sibilò glaciale l'altro Peter puntandogli un dito contro, le parole scandite con estrema pericolosità.

Le schiene di tutti si irrigidirono di fronte a cotanta ostilità.
«Ok, questo è strano» commentò Rocket, mentre i due Spiderman si osservavano sottecchi, con cattiveria.
«Senti, so che può sembrare-» tentò di spiegarsi Peter, ma l'altro lo interruppe ancora.
«Tu non hai diritto di parola! TU LO SAPEVI! SAPEVI COSA AVREBBE SIGNIFICATO PER ME E L'HAI PORTATO VIA COMUNQUE!» scoppiò, con il volto paonazzo, nel tentativo di reprimere quelle maledette lacrime che gli stavano ardendo negli occhi.
«I-io...» balbettò Peter, deglutendo a forza il sapore amaro che aveva in bocca. Quante volte si era sentito in colpa, in quei mesi, nei confronti di se stesso? Certo che lo sapeva, il male che gli aveva fatto. Ma sperava che egli avesse compreso. Si fece un esame di coscienza e, ripensandoci, a quel tempo forse sarebbe stato troppo debole per comprendere. Per accettare quella cosa.
Cosa avrebbe fatto se dal futuro fosse arrivato un suo sosia a prendersi Tony? Non riuscì a darsi una risposta. Così come non riuscì a dare una risposta a Peter.
«Peter, sarei morto. Ho visto ciò che mi sarebbe successo e fidati, è meglio che il futuro sia questo» intervenne Tony, trovando chissà dove della ragionevolezza nella sua mente. Quella situazione era al limite dell'assurdo.
«NO! Non è affatto così. Il Dottor Strange del nostro tempo aveva previsto che quello era l'unico modo, ma quando siete arrivati voi si è aperto un nuovo arco di possibilità» ringhiò il ragazzo del passato. Volse lo sguardo anche verso Bruce e Strange, i quali abbassarono le palpebre consapevoli di aver preso parte anche loro a quella missione. «Carol ha schioccato le dita, e avreste potuto lasciare Tony lì. Perché non l'avete fatto!?»
«Per me» intervenne coraggiosamente Morgan, compiendo un passo in avanti per fronteggiare quello che non era affatto suo zio Peter. Percepiva in lui una minaccia, una minaccia vera. Quel tizio era giunto fin lì per portarsi via ciò che rimaneva della sua famiglia.
E, di tutta risposta, ricevette dall'altro Peter un'occhiata colma di rancore.
«Morgan, vieni qua. Non t'impicciare» la tirò indietro Thor, per proteggerla dietro le sue braccia muscolose.
«Per lei?!» sbuffò Peter con una risata nevrotica, riprendendo poi a fronteggiare il suo sosia, con sprezzo. «LEI HA QUATTRO ANNI, NEL MIO MONDO. ED È ORFANA DI PADRE!»
«E qui ne ha dodici, e cinque mesi fa è diventata orfana pure di madre! L'ho fatto per lei, per non lasciarla sola!» si indispettì Peter, perdendo ogni barlume di senso di colpa. Si ricordava quale fosse stata la ragione principale della sua missione. Non aveva più intenzione di farsele dire da quel moccioso colmo di rancore, non dopo l'occhiata minacciosa che aveva lanciato alla sua Morgan. A Morgan, colei per la quale avrebbe smosso il mondo intero, colei che era stata la sua forza in quei dannati otto anni. Era come una figlia, per lui.
«Tu l'hai fatto PER TE. Io lo so! Io ti conosco perché SONO TE!» urlò Peter. Spintonò la sua copia del futuro con sdegno, mandandolo a sbattere contro il portellone dell'astronave dei Guardiani.

Tutti trattennero il fiato. Tony, il quale ebbe come l'istinto di restituire il colpo a colui che aveva appena oltraggiato il suo protetto, si bloccò sul posto ricordandosi che, in qualche modo, anche quel ragazzo era il suo protetto. Si sentì andare in frantumi, al solo pensiero. Erano entrambi Peter, e ciò bastava per mandarlo nella confusione più totale.
Peter rialzò lentamente e tremò, ma non per il dolore. Ma per una rabbia, una rabbia incomparabile nei confronti di colui che l'aveva colpito. Perché il concetto di odiare se stessi non era mai stato più tangibile di così.
«No, Peter Parker. Tu eri ME prima di diventare completamente IRRAGIONEVOLE!» berciò Peter. Si avvicinò all'altro e lo prese per il bavero ma questi, come scottato da un marchio da bestiame, reagì scattando nella sua direzione attivando l'armatura di Iron-Spider, e lo colpì con un pugno dritto in volto. Un pugno che diede vita a una vera e propria lotta di prevaricazione. Peter balzò all'indietro, gli lanciò una ragnatela lo scaraventò per terra ma, naturalmente, ben sapeva che non si sarebbe arreso. Non si sarebbe mai arreso.
E così, sotto gli occhi sbigottiti degli Avengers e dei Guardiani della Galassia, i due Spiderman iniziarono a darsele di santa ragione.
«Sì, questo è davvero strano» confermò Quill, strabuzzando gli occhi.
«Oh, non lo puoi lontanamente immaginare» dichiarò Steve Rogers, ricordando quanto fosse stato bizzarro e al limite del ridicolo combattere contro se stesso nel viaggio del passato volto a recuperare le Gemme.
«Io lo sapevo che sarebbe stata un'idea del cazzo!» commentò Bruce, maledicendo il giorno in cui aveva dato il permesso al ragazzo di andare nel passato.
Nessuno fece nulla, nulla per intervenire. Erano tutti bloccati a guardare due Spiderman intenti a lottare e picchiarsi per qualcosa di tanto irrazionale.
Tuttavia, dopo un grave pugno nello stomaco incassato da Peter - il loro -, capirono tutti che la cosa stesse degenerando.
«ZIO PETER!» urlò Morgan, nel vederlo ripiegarsi in avanti dal dolore. Egli la guardò per qualche secondo con il respiro affannoso, poi arpionò il suo avversario con una ragnatela e lo fece sbattere contro un albero poco distante.
Non voleva fargli davvero troppo male, ma quel ragazzino stava davvero esagerando. Era giunto il quel posto sconvolgendo tutto, tutto ciò che aveva costruito fino in quel momento, demolendo quelle che oramai erano divenute certezze.
Con il cuore in gola e lo stomaco in subbuglio, deviò uno dei suoi colpi per afferrarlo per le braccia, contorcendogliele fino a farlo urlare.
«Tony, fa qualcosa!» supplicò Rhodey, riportando il suo amico in una condizione meno catatonica.
Tony rabbrividì di nuovo. Che fare? Quel che stava accadendo era così sconvolgente da mandarlo in tilt.
«I-io...» balbettò, strabuzzando gli occhi, ancor troppo indeciso sul da farsi.

Per fortuna non era solo. Per fortuna c'era una persona, tra tutti loro, in grado di riportarlo alla saggezza, a un pensiero concreto, a un livello superiore. Perché, se non ci fosse stata Morgan, Dio solo sapeva cosa ci sarebbe voluto per dare la forza a Tony di intervenire, di fermare quella disputa ai limiti dell'assurdo.
«PAPÀ! TI PREGO!» urlò Morgan, portandosi le mani sugli occhi per nascondere il proprio pianto. Aveva paura, troppa paura che Peter gli portasse via ciò che di più prezioso aveva, ciò che il suo Peter gli aveva riportato indietro dopo otto lunghi anni. Era terrorizzata all'idea, e questo Tony lo capì.
Avrebbe dovuto rompere quel momento. Con le labbra strette balzò tra i due Peter e, facendo forza con le braccia meccaniche della sua armatura, li divise con la forza bruta. Anche se non fu semplice.
«EHI, EHI, EHI! BASTA COSÌ!» urlò Tony, deglutendo coraggio e consapevolezza. Così interruppe quell'irragionevole combattimento per fare l'unica cosa che avrebbe avuto senso, in quel momento.
Con il fiato corto e le guance tumefatte dai pugni, entrambi gli Spiderman si placarono, continuando però a guardarsi in cagnesco. Avrebbero voluto piangere, tutti e due.
Tony li guardò con occhi gravi fino a quando smisero di fare resistenza.
«Peter, per favore... parliamo. Vieni con me» propose Tony, rivolgendosi a Bimbo Ragno. Il suo Bimbo Ragno, quello che aveva visto scomparire tra le sue braccia. Quello che sapeva appartenesse al mondo in cui era davvero cresciuto, nella sua dimensione originale.
Peter adulto aprì la bocca come per dire qualcosa, ma il fiato gli morì in gola. Si sentì cedere, si sentì ucciso. Specialmente quando li vide incamminarsi all'interno della T.S.M.A.F insieme, vicini spalla a spalla, e Tony non si guardò indietro.
Si lasciò cadere sulle ginocchia e si portò le mani tra le curve morbide dei suoi capelli.
Apatico, non sentì più niente. Nemmeno le mani di Morgan che, delicate, gli carezzarono la schiena.

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