High hopes

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Disclaimer: Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà della Marvel.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo.
Nessun copyright si intende violato.



HIGH HOPES

CAPITOLO 6 - HIGH HOPES



•••


Il sonno di Tony era sempre stato costellato da risvegli di controllo repentini. Sempre. Tuttavia, quella notte ebbe la piacevole sensazione di aver dormito come un sasso e, quando le prime luci del mattino penetrarono dalle imposte per baciargli il volto, dovette davvero faticare per aprire gli occhi.
L'ultima volta che era stato graziato da una sensazione simile era... beh, non se lo ricordava. Quindi forse non era mai esistita un'occasione simile.
Tranquillo. Era sorprendentemente tranquillo. Il rumore frenetico dei suoi pensieri era molto meno assordante del solito, e si sentì riposato.
Mentalmente, s'intende. Dall'alto dei suoi cinquant'anni suonati, dormire su un divano non era l'idea migliore per le giunture.
Si stiracchiò in modo distratto, poi si tirò a sedere ancora con gli occhi gonfi di sonno. Si guardò indietro nel sentire un piccolo grugnito da parte di chi aveva condiviso il suo giaciglio e non riuscì a fare a meno di sorprendersi.
Peter era lì, accartocciato nella loro coperta di flanella a quadretti, gli occhi chiusi e i capelli ancor più spettinati del solito. Sembrava ancora un ragazzino, sebbene fosse oramai un uomo a tutti gli effetti.
Le guance gonfie e l'espressione corrucciata di chi sta combattendo mirabolanti battaglie nel sonno.
Sorrise, Tony. Sorrise senza nemmeno rendersene conto. Sorrise perché era così piacevole guardarlo dormire. Sorrise perché non gli sembrava ancora vero, di averlo lì in carne ed ossa. Gli era mancato così tanto!
Non voglio morire, signor Stark.
Rabbrividì. Non riusciva ancora a toglierselo dalla mente, mai. Capiva Peter, i suoi incubi.
Avevano avuto entrambi un triste destino, in quella dimensione. E fu grato a quel ragazzino per aver cambiato le cose. Perché ora erano felici, sereni, tranquilli. Si era risolto tutto.
Felice. Sì, Tony si sentì veramente felice, ma la felicità era qualcosa che lo aveva sempre spaventato.

Il suo sorriso si spense all'improvviso, perché tirarsi la zappa sui piedi era sempre stata la sua specialità; avere paura delle cose positive, delle cose piacevoli ed emozionanti, di ciò che lo faceva sentire bene.
Così tipico di lui!
Si alzò in punta di piedi e sistemò meglio la coperta addosso a Peter, il quale inspirò senza però destarsi.
Quando Tony uscì dalla porta, trovò un quadro dipinto nei suoi occhi. L'alba di un nuovo giorno, un giorno con pennellate di blu, rosso e rosa. Sentì le guance pizzicare per il freddo, il bianco della neve sembrava un sorriso rivolto solo a lui.
Si strinse nelle spalle e strofinò le mani sugli avambracci per scaldarsi. Si appoggiò alla ringhiera del balconcino in legno chiaro del loro cottage e contemplò lo spettacolo naturale di fronte a sé per cercare di calmarsi, per scovare un appiglio dalle sue paure ingiustificate.
Non aveva senso avere paura. Peter era lì, e non sarebbe andato da nessuna parte.
Cosa c'era di male a sentirsi così felici, del resto? Cosa c'era di male ad avere un cuore che batte forte senza reattore ARC attaccato al petto? Cosa c'era di male a sorridere nel guardare una persona a cui si vuole bene? Cosa c'era di male a desiderare di averlo vicino... più vicino?
Tony corrucciò lo sguardo. Beh, forse non c'era niente di male. Ma qualcosa di strano c'era eccome.


«Più veloce, papà!» urlò Morgan, sorpassando il signor Stark e spruzzando la neve con la coda dello snowboard.
«Già, più veloce, signor Stark!» incalzò Peter, imitandola e lanciando una ragnatela a un albero più avanti per trainarsi ed aumentare la velocità. Oramai si sentiva sicuro, su quella cavolo di tavola.
«Ehi, Bimbo Ragno! Non fare troppo il gradasso, che ieri hai passato mezza mattina con il culo per terra!» lo sfotté Tony, con un ringhio. Dannato Parker! Tutto ciò che faceva gli riusciva bene, imparava anche fin troppo in fretta. «Troppo facile con i super-poteri!»
Incalzò una dunetta per darsi lo slancio e avere più velocità, ma sia Morgan che Peter erano già fin troppo avanti. Si sentì vecchio, dannazione! Ma non ebbe nemmeno il tempo di crogiolarsi nella frustrazione, che una sostanza collosa gli imprigionò la mano sinistra a tradimento.
«Ma che ca-» imprecò, sentendosi poi trascinare giù per la discesa ad una velocità fuori dal normale. «WOOOOH!» urlò nel percepire la pelle del volto bruciargli per il troppo vento. Veloce. Velocissimo! Anche fin troppo: una caduta a quella velocità sarebbe stata a dir poco rovinosa!
Peter, però, rise come un pazzo nel vedere il sorpasso del signor Stark. Staccò la prima ragnatela e lo agganciò con un'altra per farlo frenare, affiancandosi poi a lui.
Completamente in balia degli eventi, Tony non riuscì nemmeno a parlare perché Peter – attaccato a lui con quella stracazzo di ragnatela - riprese a scivolare giù per la pista sempre più veloce.
«No, no! NO-NO-NO!» urlò Tony nel vedere una pedana apposita per i salti proprio davanti a loro, ma fu troppo tardi. Insieme la imboccarono in pieno e planarono in aria l'uno di fianco all'altro.
Tony aveva volato una miriade di volte, ma in tutta sicurezza nella sua armatura! Un vuoto d'aria gli morse lo stomaco quando, nel picco della loro ascesa, si trovarono a una decina di metri da terra. Cadere da così in alto gli sarebbe costata la tavola, se non la vita. Fece per urlare, quando Peter affrancò una ragnatela a un altissimo pino silvestre e, prendendolo per la vita, si dondolò fino al fitto bosco per evitare uno schianto al terreno.
Peccato che il bosco, per l'appunto, fosse così fitto che da lì a schiantarsi contro un abete sarebbe stato un attimo. Tony dovette chiudere gli occhi. Non voleva guardare, ma lo schianto non arrivò. Si sentì scivolare verso il basso e cadde dritto dritto in un morbido e freddissimo cumulo di neve. Si sbilanciò in avanti e ci atterò in piena faccia e Peter, cadendo a meno un metro da lui, si lasciò andare in una fragorosa risata liberatoria.

Era stato davvero divertente! Per lui, almeno. Perché Tony sembrava sull'orlo di un collasso.
«Tu sei un folle!» soffiò questi con il cuore in gola e il volto innevato. «MA CHE TI DICE IL CERVELLO?!»
Nonostante il tono minaccioso, Peter non riuscì proprio a smettere di ridere.
«I miei sensi di ragno non avrebbero mai permesso che le succedesse qualcosa di male, signor Stark!» lo tranquillizzò, levandosi dagli occhi il casco e la maschera protettiva, scompigliandosi i capelli con una mano guantata. «Non si fida di me?»
Tony ringhiò e imitò il gesto lanciando il casco pochi metri più lontano, sganciandosi la tavola dai piedi.
Fidarsi di lui? Certo che si fidava di lui. Più di ogni altra persona al mondo. Gli avrebbe affidato tra le mani la sua stessa vita e quella di sua figlia. A ripensarci bene, sotto sotto, era stato quasi divertente. A volte si dimenticava che lui non era solo Peter Parker. Era Spiderman sempre, con o senza la sua tuta. A differenza sua – che era Ironman solo con l'armatura – Peter i super poteri ce li aveva in ogni istante.
Fece un grosso sospiro e riprese a respirare in modo naturale. Forse era risata di Peter che echeggiava nelle sue orecchie, forse era vederlo così allegro, sereno, con le guance arrossate dalla neve e gli occhi luccicanti di nuova vita, ma proprio Tony non riuscì a mantenere a lungo il cipiglio che aveva montato sul volto. Non poteva fare sempre il mentore, del resto.
Ma, anche complice tutta quell'adrenalina che la folle discesa gli aveva regalato, si sentì in diritto e soprattutto in dovere di fargliela pagare in qualche modo.
«E i tuoi sensi di ragno cosa ti dicono adesso?» domandò Tony, con un sorriso beffardo e vendicativo, dandosi poi lo slancio per caricare direttamente il suo protetto. «Perché sto per ammazzarti!»
«EHI, ASPET-» urlò Peter nel vederselo arrivare contro con due grossi cumuli di neve tra le mani. Se solo si fosse premurato di togliersi la tavola dai piedi avrebbe potuto balzare ed evitarlo, ma oramai era già una partita persa.
Si ritrovò con la schiena nella neve e un Tony Stark dall'aria minacciosa intento a spalmargli in faccia tutta la neve che riuscì a trovare intorno a loro.
«Così impari a sbeffeggiare chi è più grande di te!» ringhiò, nonostante la gran fatica a mantenere quella parvenza di serietà.
«BASTA – PUAH! - MI ARRENDO, MI – PUAH! - ARRENDO! TREGUA!» urlò Peter, sputacchiando neve nel tentativo di divincolarsi.
«Non te la caverai così facilmente!» ridacchio Tony, continuando a colpirlo.
«Ah no?!» disse Peter iniziando quindi a reagire, prendendo dalle mani altra neve e lanciandogliela contro. «E ora come la mettiamo?» domandò retorico. Decise di concludere lì quella battaglia e si diede lo slancio per potersi alzare e sollevare di peso Tony, lasciandosi poi rotolare verso il basso insieme. Perse la tavola rotolando.

Verde degli alberi, bianco della neve, azzurro del cielo. Bianco, verde, azzurro. Azzurro, verde, bianco. Ruzzolarono per qualche altro metro dentro quel fitto bosco, concludendo la loro discesa in un piccolo spiazzo appena illuminato da un raggio di sole.
Risero ancora un poco, fino a quando si accorsero entrambi di un dettaglio fin troppo significativo. Un dettaglio che non avrebbe potuto certo sfuggire, un dettaglio che forse si erano proprio andati a cercare.
Perché Peter, in quel momento, si trovava appoggiato con gli avambracci a lato delle spalle di Tony e, petto contro petto, si rese conto di essere adagiato sopra di lui, schiacciandolo un poco. Peter deglutì e schiuse appena la bocca con timore.
Le risate si fermarono. Tony spalancò gli occhi.
Il volto di Peter era così vicino da poter scorgere sul suo naso quella spruzzata di lentiggini che crescendo non erano scomparse. Se le ricordava, Tony, ma non aveva mai potuto contarle una ad una. I capelli erano umidi di neve, le guance tutte rosse per il freddo. Aveva la pelle delicata. Un timido raggio di sole gli carezzava la fronte, e i suoi denti erano bianchi come la distesa di neve che aveva visto ore prima, durante l'alba. Non si era mai accorto di quella sfumatura ambrata nei suoi occhi castani. Occhi timidi, spaventati forse almeno quanto i suoi.
Si guardarono da vicino, così vicino come non avevano mai fatto. Vicino da far sfiorare i loro nasi, le loro fronti in un contatto molto più intimo di quelli che avevano avuto. Tony si morse il labbro e percepì il proprio cuore battere fin troppo intensamente. Quasi gli fece male. Gli fischiarono le orecchie.
Peter si sentì soffocare, come se avesse bisogno di quella bocca per poter respirare. Era riuscito a farne a meno per anni e anni, a resistervi, mentre in quel momento sembrava un desiderio irrefrenabile. Avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi, sporgersi ancora un po' in avanti e coronare il suo sogno più recondito di sempre. Ma era giusto? Era davvero giusto così?
No, non sarebbe stato rispettoso nei suoi confronti. Tony era... beh, Tony era tutto. Come avrebbe potuto rovinare ciò che di meraviglioso si era creato per prendersi un rischio simile? Un'improvvisa paura lo colse.

Paura di essere rifiutato. Di fare la cosa sbagliata. Di mettere in difficoltà colui che amava in segreto, segreto che forse sarebbe stato meglio fare rimanere tale.
Troppa paura di deluderlo, di cambiare le cose. In fondo stava bene così.
Non era da lui scappare dai problemi, ma quello non poteva affatto considerarsi un effettivo problema. Scappare era l'unica via, l'unica via per difendere quello che aveva.
Con un colpo di tosse si sollevò sui gomiti per allontanarsi, mormorando scuse sconnesse così a bassa voce che Tony non comprese nulla. Non comprese ma capì una cosa: non avrebbe voluto affatto che Peter si sollevasse. Con un colpo di reni si alzò e si aggrappò alla sua giacca a vento, frenandolo dall'andarsene. Un gesto meccanico, senza pensiero. Istinto.
Ma, proprio quando stava per trascinarlo di nuovo a terra verso di sé, una voce acuta si levò da fuori il bosco, probabilmente da uno spiazzo a metà pista non troppo distante.
«PAPÀÀÀ! ZIO PETEEER! MA DOVE CAVOLO VI SIETE CACCIATI!?»
La voce di Morgan li fece sussultare entrambi, riportandoli sul piano del reale. Un reale duro e crudo come uno schiaffo in piena faccia.

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