Dopo un tempo indefinito, come in una vita successiva, una sera decidemmo d'incontrarci, di far avanzare le nostre voci e le nostre parole fino a quel baratro dove si mostrano i corpi, le facce, le andature,le sagome, quei luoghi dell'essere in cui una volta manifestati è inutile negoziare, tirarsi indietro.

In preparazione a quest'incontro ci scambiavamo messaggi, a mezzo delle nostre macchine inseparabili, nostri forzieri e scrigni: i telefonini.

Lei rispondeva ai miei richiami, annunciata da un tin tinnn:

"Ciao Marco, perdonami se ti scrivo solo ora, studio con una mia collega edho messo il cellulare in modalità silenziosa per evitare i bip di distrazione di What's App. Ma che bello che sei qui.

Domani sera allora ci vediamo per forzissima." Ridigitavo io: "Ok,allora ci sentiamo per domani, per forzissima."

Ho letto una volta, in un articolo su una rivista di psicologia, che il fatto di imitare e persino ripetere i gesti, le espressioni e le parole di coloro con cui si viene in contatto, è, nel loro linguaggio, nel linguaggio di quelle riviste, tattica vincente, una mossa giusta per farsi prendere in simpatia, per accattivarsi i favori.

Uno di quei ritrovati scontatissimi insomma che vengono riportati sulle riviste "scientifiche" come scoperte grandiose, mentre sono, tutt'al più, opportunità o giustificazioni di finanziamenti pubblici e privati. Anche (e forse soprattutto) le corrispondenze istintive delle nostre più elementari emozioni sono inquinate dalle ricerche di una scienza degenerata.

Al mio messaggio lei rispose con tre sorrisi e aggiunse persino un cuore, che poi mi insegnò, si fa spuntare sullo schermo degli smart-phone, dei telefoni scaltriti, digitando un apri virgolette seguito dal numero tre.

Riprendendo discorsi spezzati (che così si crea un legame, una complicità) le risposi ironicamente di non fare la romanticona. Per venti minuti buoni lei non rispose.

Alche io, a corto di cose su cui applicarmi che non fossero i nostri pensieri, ridigitai aggiungendo: "Scusami, forse era una battuta inopportuna, buono studio."

Elei quasi subito: "Ma che dici Marco, era carinissima, mi è sbocciato un sorriso, anzi tre. E comunque io ssssono romanticona.

Io,in dialetto, idioma comune: E semu rui (e siamo due), incorreggibili.

Quell'aggettivo,incorreggibili, racchiudeva tutti i sottintesi del nostro scorciopassato insieme, un tirarla dentro un tempo solo nostro, aldilà di ogni altra vita quotidiana, il sigillo del nostro essere complici,anche distanti, un nostro vocabolario.

Ci scambiammo altri messaggi quel giorno, parole gentili, lusinghiere,carezzevoli.

Finì così,a l'indomani.

Buongiorno luce, le scrissi al risveglio.

Rispose digitando il carattere della stella.

Di squarci e di isoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora