Risate liberatorie di tutti.
In questi e altri lazzi la sera avanzava. Non molto tardi, comunque prima di mezzanotte, il fidanzato figlio e il padre si congedarono.
Ero particolarmente allerta quella sera.
Notai una strana coppia ad un altro tavolo.
Lui, un vecchio panzone imbiancato sorseggiante quello che sembrava whisky da una tazzina di vetro, lo vedevo di profilo, sogghignante.
Aveva di fronte una bella bionda dalle cosce sode e piene, dal viso aspro ma sodo e pieno anch’esso, alti gli zigomi, piene le guance, piene le labbra, occhi vispi e indagatori, ma dal taglio duro, nell’insieme un che di mascolino conferitole dalle forti mascelle, bionda senza essere pallida, seno pieno (anche il seno, soprattutto quello, pieno) dentro la giubba stretta, invidiai il panzone che sogghignando si godeva quel panorama sorseggiando.
Lei sembrava un’europea dell’est, lui chissà che ruolo teneva in
quel contesto, di sicuro era uno del posto, un siciliano, forse era in qualche modo un suo protettore, la manteneva, forse? Mentre sbirciavo e pensavo più o meno queste cose scambiavo qualche battuta con Giulia, lei mi raccontava di una visita guidata di notte al monastero dei Benedettini a cui aveva preso parte il fine settimana scorso.
Nel frattempo, seduta dall’altro lato del tavolino Veronica era assediata dalla cameriera che sollazzava il suo cane di nome Francesco, dando in gridolini di piacere, venerandolo. Due folli amanti di cani si erano incontrate.
Anche la cameriera aveva due cani, piccoli diceva, li teneva in casa, la cuccia sul balcone, e questo, i cani in casa, il fatto che abbaiassero, sollevava enormi problemi con i coinquilini. Nonostante questo li teneva, amava i suoi cani e odiava i suoi coinquilini.
Quando parlavano di cani erano tutte guaiti di gioia e gemiti di commozione, quando l’argomento si spostò invece su quanto merdosi erano i coinquilini (Veronica disse pure di essere stata omaggiata a Natale di un libro dal titolo Il coinquilino di merda, un volume fatto bene sosteneva, con tanto di foto e storie vere) la cameriera si fece incredibilmente tesa, cominciò a sputare giudizi e a gridare contro i coinquilini anche se non erano lì, scaldandosi tanto fino a coinvolgere tutti i presenti in tutta una storia di meschini odi e veleni reciproci, sentenziò che era una cosa insostenibile, scandalosa questi suoi famosi coinquilini accendessero i fornelli per riscaldarsi, ci mise a parte come cose di solenne importanza della muffa, dell’umidità, delle condense, delle macchie sui muri e di tutte le altre sventure di cui erano sicuramente causa le odiosi abitudini
di questi suoi brutti, grassi e sporchi coinquilini, poi il discorso cominciò a insinuarsi negli androni del senza senso, spietatamente era solo la sua rabbia che voleva infliggerci, non solo a Veronica ma anche a me e a Giulia, che pur non avendo nessuna parte nella conversazione (non essendo fra l’altro possessori di cani né avendo da dare alcun conto a ipotetici coinquilini) ci trovavamo lì a subire quest’attacco gratuito, questo sbotto di veemenza fra sconosciuti. Giulia, alle spalle della cameriera, sbuffò guardandomi come per dire “ma quando finisce questa di annoiarci con le sue panzane”, Veronica invece ascoltava la cameriera sorellamente (se mi è concesso il termine), dandogli pure corda, commentando positivamente i suoi insulsi racconti, offrendo supporto e consigli, non scomponendosi minimamente.

Di squarci e di isoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora