Capitolo 2

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Autumn's pov

«È carino questo campus.» Dice Thomas, il mio ragazzo, poggiando un braccio intorno le mie spalle e stringendomi a sé.
Reprimo l'impulso di scacciarlo via o di allontanarmi. Io non voglio questo; Dio, lui non mi piace nemmeno.
Ma mio padre me l'ha imposto, e so che cosa comporterebbe se io mi ribellassi. Avete presente la terza guerra mondiale? Mio padre farebbe scoppiare anche la quarta.

«È uno dei migliori del Canada.» Ribatto, mordendomi l'interno della guancia per avere una voce normale e non infastidita. «Credo che non sia solo carino.» Il giardino del campus è pieno di studenti, un viavai che ricorda vagamente l'androne del liceo. Ovviamente le differenze finiscono qui, o almeno per me. Non frequenterò questo posto, non saprò se le lezioni ricordano il liceo e non farò amicizia con nessuno. Ma Thomas sí, ed ha insistito affinché lo accompagnassi fino alla sua aula.

«Sí, beh, è un buon college.» Alzo gli occhi al cielo. È di buona famiglia, ha detto mio padre, la prima volta che me l'ha presentato. Si è dimenticato di dire che è anche uno stronzo patentato, arrogante, presuntuoso ed egoista. Ma papà voleva che mi mettessi con lui. Io, in poche parole, sono il suo burattino da quando mamma non c'è più. E mi va bene così: me lo merito e non ho nessun motivo per ribellarmi.

Non dico più niente e mi concentro sul giardino di questo college, chiedendomi come diavolo farò a sopravvivere per un anno qui. Mio padre è il direttore, se così vogliamo definirlo, e mi ha imposto di aiutarlo. A quanto pare non gli è piaciuto il fatto che ho lasciato il mio vecchio college e che non mi sono neanche trovata un lavoro. Tutto quello che ho fatto da questo inverno fino ad adesso è stato fissare il vuoto seduta sul divano, con le ginocchia strette al petto e i sensi di colpa che mi consumavano dall'interno. Lei, se non fosse per me, sarebbe ancora qui con noi. E forse se ci fosse io non sarei bloccata in un college che non frequenterò, stretta ad un ragazzo che a stento sopporto.

I dieci minuti successivi li passiamo in rigoroso silenzio: Thomas continua a stringermi a sé e mi conduce verso la sua aula. Entrata nell'edificio dove si svolgono tutte le lezioni, rimango per qualche secondo sbigottita. È tutto in ordine, pulito; non sembra per nulla un posto dove decine di centinaia di ragazzi vanno e vengono. Mio padre si occupa di questo posto da soli due mesi, da luglio, ma a quanto pare sta tenendo bene questo posto. Thom, come vuole che io lo chiami davanti ai suoi amici, si ferma davanti ad una porta di legno scuro. Lascia finalmente le mie spalle e preme le labbra sulle mie. Una bacio veloce, che non esprime assolutamente niente, e che a stento fa unire le nostre labbra. «Questa è la mia classe. Ti scrivo quando c'è la paura pranzo, amore.»

Entra prima che possa dire qualcosa e forse è meglio così. Alzo gli occhi al cielo appena non mi vede più. Odio quando mi chiama amore o piccola o altri soprannomi. Ho un nome per un motivo, no?

Con uno sbuffo stringo più forte la cinghia della borsa e mi avvio a passo spedito verso l'ufficio di mio padre. Non ho idea di che cosa mi farà fare oggi, dato che ogni giorno se ne esce con qualcosa di assurdo e strano. Ieri, per esempio, anche se le lezioni iniziavano oggi mi ha fatto provare ogni singolo pennarello per le lavagne; solo per farmi fare qualcosa. Oggi sarebbe capace di farmi provare i gessi, anche se non credo ci siano più quei tipi di lavagne in questo college.

Durante il tragitto mi faccio mentalmente uno schema di tutto ciò che devo fare oggi. Devo aiutare mio padre questa mattina, poi andare a prendere Thomas come se fosse un bambino dell'asilo appena finite le lezioni e probabilmente vorrà che pranzo con lui e con le sue nuove conoscenze. La mia unica speranza è che conosca qualche modella e mi lasci per lei. Così mio padre non potrà dire niente e io non dovrò sopportare più tutto questo. Stringo le labbra in una linea sottile, probabilmente levandomi involontariamente anche un po' di burro di cacao. Questa è la mia punizione, me la merito, e non posso uscirne così facilmente. Anche se Thomas mi lasciasse, papà mi troverà un altro ragazzo di buona famiglia, magari anche peggio.

Sciolgo i capelli castani scuro e ricci, fino a farli ricadere morbidi sulle spalle. Li lego per abitudine, mi ricorda i giorni in cui mia madre, quando ero piccola, ogni mattina li raccoglieva in una coda alta. Mi riprendo severamente in testa: non dovrei pensare a queste cose, non ora e non qui. Arrivo in poco tempo, così in anticipo che guardo un paio di volte l'ora per perdere tempo. La porta è chiusa e può significare solo due cose: o papà ha già iniziato a lavorare, o non è ancora arrivato.

Scrollo le spalle, faccio un paio di smorfie per rilassare i muscoli facciali -e mentalmente spero che se le faccio adesso non le farò davanti a mio padre, quando mi dirà qualcosa di orribile- ed entro con nonchalance, risparmiandomi di bussare. Mi congelo sul posto, appena vedo il direttore di questo college, cioè quello che una volta consideravo il mio eroe, guardare severamente un ragazzo che avrà all'incirca la mia età.

È alto; con le spalle larghe e i capelli biondi. Si morde nervosamente le labbra, segno che non è finito qui intenzionalmente. «Sono davvero sorpreso dal suo comportamento, signor Hill. I suoi voti sono eccellenti, ma non si può dire lo stesso del comportamento.» Poi mi rivolge un'occhiata glaciale e anche il ragazzo sembra accorgersi della mia presenza. Io rimango ferma, immobile, ancora con una mano sulla maniglia e l'altra sulla cinghia della borsa. «Non ti ho per caso insegnato a bussare?»

«Pensavo che non fossi ancora arrivato.» La mia voce è roca e devo schiarirmela prima di parlare di nuovo. «Terrorizzi gli universitari anche di prima mattina, adesso?»

«Non credo di aver chiesto il tuo parere, Autumn. Dovresti iniziare a rispettarmi.» Ribatte piccante mio padre, con una smorfia alla fine. E come posso iniziare a rispettarti, chiede una vocina nella mia testa, quando mi ricordi ogni giorno il male che le ho fatto?

Inarco un sopracciglio nella sua direzione e non dico più niente. Mio padre si rivolge di nuovo al povero ragazzo terrorizzato. Eppure, nonostante sia nervoso di trovarsi qui, finché parlo non sposta mai lo sguardo da me. «Adesso puoi andare, Nathan, ma non voglio che ricapiti mai più una cosa del genere.»

Lui annuisce, porge delle scuse con una voce così bassa che fatico a sentirla, e si alza per andarsene. Quando mi scosto dalla porta per farlo passare, mi rivolge un piccolo sorriso, poi esce fuori. Io guardo mio padre, che sembra un toro inferocito in questo momento.
Socchiudo gli occhi e lo guardo male a mia volta. Per tutti è iniziato un nuovo anno, forse anche un nuovo inizio; per me non è iniziato altro che l'inferno.

~ Angolo autrice ~
Sono super felice di aver pubblicato il capitolo 2 dal punto di vista di Autumn, come ho già detto ce ne sarà uno dal punto di vista di Nate e uno di Autumn, quindi il suo pov's ci sarà di nuovo nel capitolo 4. Nonostante abbia scritto pochi capitoli su di lei ci sono già affezionata, è una protagonista un po' diversa dalle altre su cui ho scritto, quindi spero proprio che vi piaccia. ❤️
Grazie per essere qui, vi voglio bene.
-sil

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