Capitolo 9: Apologia

40 0 0
                                    

"Ma vi pregherei di guardare soltanto a questo, a ciò che ho da dire. Rivolgete a questo la vostra mente: se dico il vero o no, perché questa è la virtù del giudice, come quella dell'oratore è dire il vero"

Gli occhi di quei due poveri ragazzi si aprirono nello stesso momento, consapevoli ormai a ciò a cui stavano andando incontro. Si svegliarono alle ore 11:00 del mattino compiendo la solita routine: si alzarono, si fecero una doccia e si vestirono, non si vestirono normalmente però. Michelangelo indossò la sua unica giacca e la sua unica cravatta che aveva, pronto per affrontare a testa alta quello che gli è stato messo davanti. Giulia si chiese subito:<Perché ti sei messo quel vestito? Non è da te>. Michelangelo la guardò e disse:<Capirai tutto durante il mio discorso>. Non persero nemmeno un secondo e alle 14:00 in punto si ritrovarono in tribunale; la faccia di Giulia era al quanto sorpresa nel vedere la mole di gente che era arrivata, c'erano tutti, dal primo all'ultimo, tutta la sua amata compagnia che si era riunita per l'incredibile atto finale. Non erano soli però, dall'altra parte della tribuna c'erano tutti i loro genitori, pronti già da subito a cantar vittoria, in quel momento la sentenza iniziò con le fatidiche parole del rappresentante di giuria:<Signor Ghignoni Michelangelo, lei è accusato di plagio contro i qui presenti giovani e di alimentazione di questi ultimi contro i loro stessi genitori, le è concessa una sola arringa per difendersi, a fine discorso la giuria si proclamerà a suo favore oppure a favore dei suoi rivali. Può iniziare il discorso quando vuole, aspettiamo solo lei>. Non girava una bella aria in mezzo alla compagnia, erano tutti molto agitati e nervosi, pensavano che avrebbe ceduto, ma fu proprio in quel momento che Giulia disse a tutti:<Tranquilli ragazzi, andrà tutto bene, sarà il discorso più bello mai sentito>. A quel punto Michelangelo prese un bel respiro e incominciò:

<Buon giorno signori giurati, vorrei sapere che impressione vi hanno dato i miei accusatori di me; io non lo so, so soltanto che per come loro mi hanno descritto, a volte dimenticavo anche me stesso, eppure una tra le loro menzogne mi colpisce più di tutte, in cui si dice che voi dobbiate per forza stare in guardia davanti a me, e non vi lasciaste ingannare da me, quasi fosse veramente temibile l'arte del ragionare. A me è sembrato che loro mi descrivano come un mostro, a meno che voi non chiamate mostro colui che dica la verità. Se loro volevano dire questo allora mi potreste benissimo identificare come un bugiardo, una persona che non fa che consegnare bugie, peccato che non sia così. Loro infatti, ripeto, non hanno detto nulla che abbia almeno un briciolo di verità, da me invece udirete solo e soltanto cose vere ed autentiche. Vi pregherei solo di una cosa miei cari signori della giuria, ossia di non prestare attenzione alle parole usate, dato che non è nella mia natura usare belle frasi per travisare il mio messaggio, al contrario userò soltanto le prime parole che mi verranno in mente, nulla di più. Quindi vi prego, non prestate attenzione alla mia retorica, ma vi pregherei di guardare soltanto a questo, a ciò che ho da dire. Rivolgete a questo la vostra mente: se dico il vero o no, perché questa è la virtù del giudice, come quella dell'oratore è dire il vero. Innanzitutto sono qui per difendermi dalle accuse che mi sono state fatte, accuse di plagio, l'accusa di aver influito sul pensiero dei giovani in maniera non buona. Forse spinti anche dall'invidia della mia comprensione verso i loro figli, che loro non si sono mai sognati nemmeno di avere. Infatti ci troviamo in una situazione che loro potrebbero descrivere in questo modo:" Ha fatto prevalere il ragionamento debole su quello più forte". Costoro infatti giudicano debole chi usa il dialogo come forma di ragionamento, io ho semplicemente alzato la testa contro tutti loro per dimostrare che si sbagliavano. Non è altrettanto vero inoltre che io tratti i miei fratelli come bestie da ammaestrare, plagiando la loro mente senza scrupoli, come uno spacciatore che vende fumo alle anime altrui. Io non vado in giro a persuadere i giovani, sono loro che usano l'arma più potente che dio ci ha donato: Il libero arbitrio. La loro sponte, la loro anima, il loro cuore li ha condotti da me, ed è successo per un motivo ben preciso, perché noi tutti eravamo stufi di essere assoggettati ai giudizi altrui, che abbiamo sempre definito come i peggior nemici di noi stessi. Noi che abbiamo il desiderio di vivere in un mondo libero dai giudizi, in cui ognuno può esprimere ciò che vuole senza paura. In seguito continuai ad andare da altre persone per diffondere il nostro pensiero, ben accorgendomi che ciò creava un profondo odio verso di me da parte dei miei accusatori, cosa che mi addolorava e che io temevo, ma soprattutto non ho mai nascosto di avere paura di tutto ciò, perché non mi sono vergognato di essere come sono sempre stato. Tuttavia mi parve necessario tenere di maggior conto la mia considerazione verso la mia compagnia di fratelli, la quale protezione è diventata la mia stessa ragione di vita. Io non vi dico, miei cari giurati, le parole orribili che sono volate dalla bocca dei miei accusatori verso i loro figli, mentre io mi chiedevo il perché, perché loro riscuotono molto più rispetto e considerazione di noi, noi che siamo sempre stati amorevoli con tutti e ci hanno pugnalato alle spalle, poiché alla fine le persone oneste hanno sempre meno amici, ma più preziosi. Oltre a questo, i giovani che di loro spontanea volontà mi seguono, prendono gusto nel sentire questi miei esami della mente umana e delle sue azioni, finendo per esaminare loro stessi la loro mente e quella di altri, come se volessero imitarmi. L'accusa che però mi ha dato più fastidio è stata quella di aver fatto prevalere un ragionamento che a loro impressione risulta debole. La verità infatti, come io credo, loro non la vogliono dire, vengono soltanto convinti della loro ignoranza, mentre presumono di sapere qualsiasi cosa. Non sono solo io a pensare che i miei accusatori, accecati dall'ira, diventino avidi di onori, impetuosi, numerosi e, parlando tutti a mio riguardo in maniera persuasiva, hanno riempito le vostre orecchie di tante belle parole che nascondono un suono molto amaro, rendendomi ai vostri occhi un bugiardo senza scrupoli. Sono loro quindi che hanno creato tutto questo mare di odio in cui io mi trovo in questo momento. Questa è la verità miei amati signori della giuria, ve lo dico senza nascondere nulla e senza travisare alcun messaggio, anche se so che tutto questo mi procurerà altro odio. Molti dei miei accusatori mi definiscono un distruttore, che ha dichiarato guerra a persone di cui non sapeva nulla. Signori giurati, io sono qui in veste di pacifico oratore, in quanto il mio obbiettivo non è alquanto vincere questa sentenza con i miei ragionamenti, ma cercare, almeno fino a dove le mie scarse capacità me lo consentono, di aprirvi gli occhi verso la prospettiva di un mondo migliore, un mondo dove tutti quanti noi possiamo goderci i motivi per i quali ci guardiamo in faccia tutti i giorni, un mondo fondato sul rispetto e sull'amore, ma soprattutto sul libero arbitrio. Vorrei spendere inoltre alcune parole verso i miei accusatori, io infatti non ho imposto nulla ai loro figli, anzi sono stati loro che ogni giorno mi ringraziavano per quello che ho fatto. Voi infatti leggendo le labbra dei vostri figli, accecati dall'ira verso di loro, mi avete riconosciuto come il peggior essere sulla superficie terrestre, quando io gli ho solamente insegnato ad essere loro stessi qualunque cosa accada. Io sono perfettamente consapevole di non essere nessuno, di essere una persona che non vale nulla, ho solo provato infatti a mettere a disposizione l'unica cosa utile di cui disponevo: il mio cuore. Ho insegnato ai vostri figli a ragionare, a non provare rancore, ad essere coerenti con loro stessi, non mi sono mai vantato per talenti sconosciuti che non ho mai chiesto, gli ho insegnato la preziosità di rimanere unici nell'universo senza farsi influenzare da nessuno. Non importa veramente quanta gente io abbia visto o quanta io realmente ne abbia conosciuta, so solo che questa vita mi ha abbracciato. All'inizio pensavo fosse un peso, poi imparai pian piano ad amare la mia sensibilità sempre di più, facendo di essa il mio punto di forza. È sempre stato facile parlare usando parole di cui non sappiamo nemmeno il significato, pensando di sentirci grandi nel travisare i messaggi così mandati, ma in questo modo non ci si rende conto del fatto che ormai si è estinto il concetto di fiducia, perché homo homini lupus. Ma non pensate, miei cari giurati, che io abbia fatto tutto da solo, infatti io devo tutta la mia vita e i miei traguardi a coloro che tutt'oggi chiamo la mia famiglia. Ho avuto una madre che mi è sempre stata vicino, un padre che io stimo e stimerò fino alla fine e che mi ha insegnato la bellezza infinita della fisica, infine non può mancare la mia compagnia, che mi ha sempre sostenuto in ogni mia scelta e in ogni mia caduta, perché so che loro saranno sempre con me e io sarò più che onorato di essere considerato il loro capitano, che darebbe ogni cosa per difendere la sua ciurma, anche la sua stessa vita. Dunque, miei cari giurati, ciò che avevo da dire a mia difesa è presso a poco quello che già ho detto, io non farò nulla per persuadervi e non lo farò mai, perché voi non siete qua per favorire, siete qua per far rispettare la legge, che bella o brutta che sia va rispettata. Un'ultima cosa volevo aggiungere al mio discorso, ossia il sottolineare l'importanza delle regole: senza regole noi chi saremmo? Persone disposte a fare di tutto per sé stessi, persone che danno sfogo solo ai loro istinti primordiali, persone senza anima e cuore che abbiamo sviluppato solo rispettando tutto questo. Ricordo a tutti qua dentro: Regole, senza vivremo come gli animali. Signori della corte, sono arrivato ormai alla fine del mio viaggio, senza più nulla da dire, ho messo completamente a nudo la mia anima davanti a voi, spero che il vostro giudizio possa essere equilibrato. Vi ringrazio per avermi ascoltato>.

Appena si udirono quelle parole, scese nell'aula un silenzio a dir poco tombale, che nessuno più poteva disturbare dopo un discorso di quel calibro. Giulia fu la prima a sussurrare a sé stessa queste parole:<Comunque vada ogni cosa, io sarò sempre fiera di essere stata la tua ragazza e sarò ogni giorno più fiera di te>. Dopo aver sussurrato quelle parole, lei si mise a fissare la madre, cosa che fecero anche Riccardo e Laura. Erano rimasti a bocca aperta vedendo che delle lacrime stavano scendendo dal viso dei loro genitori, fu proprio quello il momento in cui entrambi gli schieramenti capirono che cosa bisognava veramente fare, ed è quello che successe successivamente: ogni persona presente nel tribunale si alzò dando vita ad un incredibile abbraccio collettivo, che aveva fatto sì che le parole di Michelangelo non furono sprecate. Dopo il lungo e caloroso abbraccio, i compagni di Michelangelo furono i primi ad urlare a squarciagola:<Ce l'abbiamo fatta capitano, abbiamo vinto grazie a te!>.

Nello stesso momento i giurati uscirono dalla loro camera per esprimere il loro giudizio, infatti pronunciarono le fatidiche parole:<La presente corte di dichiara a favore del signor Michelangelo Ghignoni, attribuendo a quest'ultimo il merito di vincitore della sentenza, congratulazioni>. Niente fu più paragonabile alla gioia che tutti, genitori e figli, provarono in quel momento, avevano paura di aver perso la loro guida, ma come disse Giulia all'inizio:"È andato tutto bene". Michelangelo non era mai stato così felice di vedere i suoi compagni, infatti li abbracciò uno per uno, ma il trattamento di favore lo diede alla persona più importante della sua vita: Giulia. Erano tutti felici usciti da lì, anche se Michelangelo sapeva che a breve lui doveva dare a tutti una spiacevole notizia. 

Il Figlio Di DiracDove le storie prendono vita. Scoprilo ora