Preludio

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Quella sera era stata veramente stancante. Frederick aveva portato a termine un parto durato ben un giorno e sua moglie non aveva fatto altro che urlare e dire che non ce l'avrebbe fatta nonostante i parti precedenti, che erano andati alla perfezione.

Questo bambino aveva scalciato come un matto, si era dimenato poiché voleva uscire e pesava tantissimo, tanto che aveva procurato a sua madre degli atroci mal di schiena nell'ultimo periodo della gravidanza.

Era nato alle nove di sera e adesso stava dormendo tranquillo nella culla che era appartenuta anche agli altri suoi fratelli. Entrambe le nonne erano state felicissime, come tutti i fratelli del ragazzo e suo cugino, che da oltre sette anni viveva con loro poiché aveva mollato tutto per praticare una vita migliore, una vita dove non sarebbe stato mai più giudicato da nessuno.

Erano venuti anche i ministri per complimentarsi dell'ennesimo figlio maschio in buona salute, e si erano domandati quale titolo i genitori gli avrebbero dato. Non che non avesse figlie femmine, anzi, stavano quasi per raggiungere il numero dei fratelli.

Alle dieci di sera il ventiquattrenne era veramente esausto, dato che aveva lavorato tanto per aiutare sua moglie a partorire il bambino e voleva solamente riposarsi. Lei era crollata sul letto dopo aver coccolato ed allattato il piccolo, quindi non voleva svegliarla, poiché sapeva benissimo che sarebbe stata irascibile e senza forze.

Si guardò allo specchio: era un bellissimo uomo, i suoi occhi azzurri si notavano subito al primo sguardo ed i capelli setosi erano sistemati in modo che non cadessero direttamente sulla fronte per oscurargli la vista. Aveva raggiunto la statura di oltre due metri, ma si era fermato poiché oramai era un uomo maturo.

I suoi lineamenti denotavano la sua mascolinità e i muscoli si vedevano bene da sotto la camicia. Anche se sembrava un gigante aveva un cuore buono quanto il pane ed avrebbe fatto di tutto pur di difendere i suoi bambini da qualsiasi sconosciuto che si sarebbe approfittato della loro nobiltà e innocenza per fare brutti scopi.

Chiuse la porta della sua camera, non volendo svegliare la mamma ed il suo piccolo, per poi dirigersi in quella di Frederick Augustus, suo figlio primogenito, principe del Galles e legittimo erede al trono e James, secondogenito.

I due bambini avevano rispettivamente nove mesi di distanza, ma era quasi come se fossero coetanei. James era spaparanzato nel suo letto a stropicciarsi gli occhi, mentre Charlotte, la principessa reale, stava badando alle sue sorelline e fratellini più piccoli.

Frederick entrò nella camera e tutti si disposero sull'attenti, come se fossero in caserma. James spalancò i suoi occhioni azzurri e si sistemò il pigiamino, mentre un ricciolo gli cadde sugli occhi. Il padre di tutta quella brigata si guardò attorno, non vedendo Augustus: si stava proprio per alzare nello stesso momento in cui il bambino varcò la porta comunicante tra la sua stanza e quella di Charlotte.

Era alquanto in ansia ed aveva tutti i capelli spettinati, ma si sedette comunque sul letto.
"Non trovo il mio taccuino!"
Era in lacrime: tutti i suoi vani sforzi di trovare un nuovo teorema matematico o di applicarsi sulla geometria euclidea erano andati in fiamme, inoltre che cosa avrebbe detto al suo professore dell'Università?

Lo avrebbe certamente deluso se non avesse completato le sue ricerche.
Stette vari minuti senza respirare, continuando a cercare per tutta la stanza, ma suo padre lo prese per i fianchi e lo fece sedere sulle sue gambe, bloccandolo con il solo ausilio delle braccia.

"Augustus, ora smettila, lo cercheremo dopo il tuo taccuino, questa sera è una sera importante e voglio raccontarvi una storia."
Il bambino di sei anni e mezzo fece una smorfia: a lui non piacevano le storie stupide che si raccontavano ai bambini per farli andare a letto, ma quelle dei grandi uomini del passato e credeva che suo padre fosse molto bravo a raccontarle.

Si sistemò i capelli bianchi e ricci, mettendosi in posizione di ascolto quando suo padre gli disse che sarebbe stata una storia interessante. Charlotte smise di badare alla sua bambola e guardò suo padre seriamente, dritto dritto negli occhi: era una piccola copia di sua madre, nonostante avesse il naso, la bocca e il caratterino perfettino e cocciuto di Frederick.

Anche gli altri bambini si misero sul letto, formando un cerchio intorno al padre, desiderosi di ascoltare. I più piccoli poi smisero di ciucciarsi il dito e fecero un sorrisone, ripetendo la parola "pappà".

L'uomo sorrise, accarezzandosi appena la barba:
"come sapete, oggi è nato vostro fratello, tra due ore poi sarà il mio compleanno. È stata una bella sorpresa aiutare la mamma durante il travaglio, ha sofferto molto ma alla fine ce l'ha fatta, come sempre. È una donna veramente forte e so che ognuno di voi si sentirà fiero di essere suo figlio."

Fece un sorriso, riprendendo poi con il discorso:
"proprio per questo, in occasione del mio venticinquesimo compleanno, voglio raccontarvi la mia storia. Esatto, avete capito bene: vostro padre vi racconterà tutto dal principio, da quando nonna e nonno si sono conosciuti fino ad adesso, possiamo anche continuare domani mattina se proprio siete così stanchi."

Tintinnò le mani sul bracciolo della sedia, mentre Augustus lo pregava di raccontargli come era da bambino più in dettaglio, dato che aveva visto solamente dipinti e disegni di suo padre e voleva sapere.

Anche Charlotte, pettegola com'era, voleva conoscere il minimo dettaglio, mentre James sembrava morire di sonno e se ne sarebbe andato volentieri a letto. Alzò gli occhi al cielo, dovendo sopportare un'ora piena di racconti di quando suo padre era un lattante.

Vedendo che tutti quanti erano d'accordo, il quasi venticinquenne iniziò con il suo racconto, lasciandosi trasportare dai ricordi e dal tempo,tornando al 10 agosto 1818:il giorno in cui i suoi genitori si sposarono, il giorno in cui Heinrich procreò quello che sarebbe stato il suo tormento per diciotto anni: il suo figlio primogenito.

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