Capitolo quarto

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Helene non si era aspettata quella reazione brusca da parte del marito.
Lo aveva guardato con occhi imploranti, sperando che egli non avrebbe utilizzato la cintura per picchiarla.
Le faceva paura vedere Heinrich cambiare l'espressione del volto così rapidamente: al momento del matrimonio non si sarebbe mai immaginata di vivere il resto della sua vita con uno psicopatico.

"Hai fatto la moglie cattiva, mi devi chiedere scusa, bastarda!"
Gli occhi di Heinrich erano spalancati e chiunque avrebbe provato paura solamente a vederlo: la prima volta che si era infuriato come non mai era al cospetto dei suoi genitori, ed aveva minacciato suo padre con lo stesso coltellino con cui aveva sfregiato il volto di Isaiah pochi anni addietro.
Il duca Hermann aveva deglutito ed aveva avuto paura che suo figlio l'avrebbe ucciso, menomale che sua moglie era intervenuta per calmare le acque. Se non fosse stato fermato, Heinrich sarebbe stato accusato di patricidio e fratricidio.

Il piccolo Isaiah si era seduto sulle ginocchia del padre per poter giocare con lui, e quando Heinrich si era presentato nella stanza con la stessa faccia che aveva fatto sei anni addietro, si era messo ad urlare a squarciagola, mentre alcune lacrime gli andarono a bagnare il vestitino da marinaio che gli aveva fatto indossare la balia.
Sentendo la vocetta fastidiosa del fratello implorare aiuto, Heinrich lo aveva preso per il collo e gli aveva fatto ciondolare la testa in avanti ed indietro, fino a che non svenne.

La sua rabbia si era calmata solo grazie alle dolci parole di sua madre, ma non si era minimamente preoccupato della salute del fratello minore, né gli sarebbe importato se in quel momento fosse morto.

La stessa situazione si stava presentando due anni dopo l'evento: Heinrich aveva iniziato a colpire le braccia e le gambe di Helene con una lunga cintura, che utilizzava solamente per picchiare sua moglie o chiunque lo infastidiva, mentre una delle cameriere, che aveva sentito i rantoli ed i gemiti della povera ragazza, aveva iniziato ad urlare, chiamando tutta la servitù per aiutare la loro padrona.

Heinrich alzò la testa, rigirando tra le mani la lunga cintura e inquadrando tutti i fedeli servitori dalla testa ai piedi:
"dannazione, sapete solamente urlare come dei cinghiali impauriti o feriti! Dovete fare silenzio, queste faccende riguardano solamente me e mia moglie."
Digrignò i denti, facendo vedere loro la cintura e toccando la parte metallica varie volte e freneticamente: avrebbe avuto intenzione di passare alle maniere cattive se anche solo uno dei domestici avesse sparso la voce dei maltrattamenti che faceva nei confronti della moglie.
Si sarebbe infatti trovato nei guai se il duca Edouard, suo suocero, avesse saputo come veniva trattata sua figlia.
Non bisognava assolutamente che egli si alleasse con i nobili locali per farlo destituire dal suo incarico, altrimenti la sua famiglia sarebbe morta senza lasciare alcun erede, e la famiglia di sua moglie avrebbe governato il territorio.

Schifosi albini, erano così dannatamente ambiziosi!
Si, sua moglie era albina, ma era l'unica che riusciva a sopportare.
Nei bambini albini rivedeva suo fratello minore, nelle bambine sua sorella maggiore. Nelle persone adulte invece rivedeva il suo antichissimo antenato, e si vergognava alquanto di appartenere alla sua stessa famiglia solo perché si erano sposati con altri malati al fine di mantenere la purezza del sangue e della carnagione.

Spostò di nuovo lo sguardo su sua moglie, che singhiozzava e piangeva per il dolore causato dalle cinghiate continue: non provò la minima compassione per lei, doveva soffrire per quello che aveva fatto.
Lui non voleva diventare padre, o meglio, doveva diventare padre, ma non a quell'età.
Si sentiva ancora troppo giovane per prendere sulle spalle quell'incarico seriamente, ma avrebbe dovuto farlo.
Sapeva che Helene avrebbe combattuto per non abortire, ma lui avrebbe un po' insistito solamente per vedere come avrebbe reagito la moglie.
Adorava mettere alla prova le persone: voleva vedere con i suoi occhi se il suo volere sarebbe stato più forte rispetto a quello di sua moglie, se avrebbe prevalso l'aborto o la custodia del bambino.

Helene si asciugò tutte le lacrime, togliendole con il gomito destro, per poi guardare sprezzante il marito:
"non ti avrò detto che sono in uno stato interessante, ma io il bambino lo voglio tenere. Non m'interessa assolutamente la tua opinione, io voglio metterlo al mondo e tu accetterai la mia idea.
Uccidimi, se ti va, ma non so quanto ti convenga. Mio padre verrà a sapere questa notizia alquanto presto, dunque, se ci tieni alla tua testa, ti conviene ubbidirmi."
La ragazzina si coprì le gambe coperte di lividi con la camicia da notte, e si alzò da terra, stringendo forte i pugni e continuando a guardare suo marito.

Heinrich scoppiò in una risata: non aveva mai visto sua moglie così seria e non aveva mai osato minacciarlo.
Si avvicinò a lei, sistemandole i capelli con la mano destra ed alzandole la spallina della camicia, tenendo sempre quel suo sorrisino da bastardo:
"Mia cara mogliettina, sei molto coraggiosa a sfidarmi!
Davvero, non ti avevo mai visto così arrabbiata, si vede che i miei colpi di cintura stanno facendo effetto.
Io non terrò mai il bambino, te lo strapperò dal tuo maledettissimo utero con queste stesse mani e me lo mangerò in un sol boccone."
I suoi bulbi oculari stavano per saltare fuori da quanto erano tesi, e in quel momento il duca assomigliava proprio ad un rospo.

Alcuni servitori si coprirono gli occhi solo nel pensare a quell'immagine così riluttante, altri invece si piegarono con le ginocchia, in atto di vomitare.
Heinrich si accorse subito dei loro gesti, e fece una faccia alquanto schifata:
"almeno abbiate la decenza di vomitare in un vaso da notte, piuttosto che sopra il pavimento della mia stanza. Non ci entrerei mai più se una delle vostre sporchissime bocche insudicerebbe questa camera, razza di maleducati.
D'altronde non potevo aspettarmi di meglio, i poveri sanno solamente ruttare, espellere gas dal deretano e vomitare, non hanno il minimo senso di civiltà."
Si avvicinò al maggiordomo, mescolò la saliva all'interno della sua bocca e gli sputò sulla divisa nera, ridendo successivamente.

Il pover'uomo dovette farsi imprestare un fazzoletto per potersi pulire, ed abbassò lo sguardo quando vide il suo padrone allontanarsi.
Il maggiordomo era entrato al servizio dei duchi di Sassonia trent'anni fa, aveva visto Heinrich nascere, crescere e sviluppare, oltre a giustificarlo per tutte le sue malefatte e soddisfarlo in ogni suo desiderio.
Avrebbe voluto che il duca tornasse a sorridere e a trattare con i guanti sua moglie, ma ciò non sarebbe mai stato possibile.
Aveva iniziato a diventare matto quando era morto Albert, e il povero ragazzo non sarebbe potuto risorgere per accontentare il fratello.

Si toccò il capo canuto ed alzò i suoi piccoli occhietti azzurri e vispi su Heinrich, prima di andare via dalla stanza piangendo.
Così fecero il resto della servitù, però molti di loro anziché tristi erano contrariati.
Heinrich sbuffò, chiudendo a chiave la porta e trovandosi faccia a faccia con sua moglie: le appoggiò una mano sulla guancia, accarezzandola appena, per poi stringerla abbastanza forte, facendola avvicinare bruscamente al suo petto.
"Io con te non ho ancora finito."
sussurrò tutto d'un fiato, dandole uno schiaffo in pieno viso e prendendo il famoso coltellino dalla tasca destra dei pantaloni, avvicinandoglielo alla guancia sinistra.
Helene pregò Dio affinché suo marito non gli lasciasse una cicatrice grossa ed evidente come quella di Isaiah, mordendosi forte il labbro e stringendo gli occhi.

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