capitolo 7

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Sono passate due settimane dal mio arrivo; sono in grado di muovermi per i quartieri limitrofi senza rischiare di perdermi. Una volta sola ho dovuto chiamare Harry, il quale ha passato metà del tempo a ridere di me, senza però spiegarmi dove fossi finita.

Qualche volta ho persino rivisto Liam al solito caffè; Harry invece l'ho visto poco, è parecchio impegnato con degli esami universitari e se prima le giornate erano organizzate in modo da stare insieme la maggior parte del tempo - idea sua per non lasciarmi sola troppo a lungo - ora ci vediamo solo la mattina prima che esca di casa o dopo cena, per due chiacchiere e un caffè.

Non mi lamento, mi piace avere tempo per me: a casa non ero mai sola. Tutto ciò mi serve per pensare, nonostante a volte mi ritrovi addirittura a fissare semplicemente qualcosa, senza sapere realmente cosa fare.

In città si sente odore di neve, persino il cielo sembra che abbia voglia che cada, come se dovesse alleggerirsi di un peso che è costretto a portare. Arriccio il naso respirando l'aria fresca, poi mi volto verso destra; le strade sono illuminate a festa, le vetrine dei negozi non smettono di brillare e lungo i lampioni e i cornicioni delle case non mancano ghirlande e lucine colorare.

È quasi ora di cena, le persone stanno tornando alle proprie case; i lampioni rendono le strade quasi giallognole, ma l'atmosfera è serena e sa di Natale. Nella piazza centrale è stato posizionato il classico abete natalizio ed è lì in bella mostra per i passanti e i turisti. Tutti sembrano volerlo immortalare in una foto, i passanti addirittura gli rivolgono un sorriso, come ad aspettarsi di riceverne uno in cambio. Lo faccio anche io, in qualche modo mi ricorda casa.

Il Natale è sempre stata la mia festa preferita, mia madre ed io passavamo ore e ore a decorare ogni superficie libera presente in casa. Papà invece non ha mai avuto troppo spirito natalizio, ma il coraggio di contraddire sua moglie su questo preciso argomento gli è sempre mancato.

C'è una panchina libera nelle immediate vicinanze, una coppia di anziani si è appena alzata e mi sorridono quando sono io a prendere il loro posto. Mi stringo le braccia al petto dopo essermi aggiustata la grossa sciarpa che mi avvolge il collo; resto lì da sola, osservando e ascoltando ciò che mi accade intorno: un gruppo di ragazzi ride quando uno di loro indica qualcosa lì nei paraggi.

Una ragazza mi passa accanto e parla al telefono così velocemente che a fatica capisco le parole che le escono dalle labbra. Un uomo mi si siede accanto qualche minuto più tardi, facendo cenno al suo cane di accucciarsi tranquillo ai suoi piedi. Mi chiede che ore siano e quando glielo mostro sul quadrante dell'orologio, mi rivolge un cenno di assenso, mimando un semplice grazie con le labbra. Il suo respiro condensa e lo stesso fa il mio quando gli rispondo che non c'è problema. La temperatura negli ultimi giorni si è abbassata drasticamente, il sole sembra che non abbia nemmeno più voglia di mostrarsi.

Mancano davvero pochi giorni a Natale ed io sento sempre di più la mancanza di casa e non credevo nemmeno che fosse possibile. Mi sono resa conto che sarà tutto diverso: mio padre si trova in Giappone e so bene che ha programmato tutto di proposito per evitare di rimanere in Florida. Evan e la sua fidanzata resteranno nel loro appartamento con gli amici di sempre e Matt andrà a New York dai nonni.

Io rimarrò a Londra, da sola. Però la cosa non mi pesa, il Natale non mi piace più. L'ho deciso qualche giorno fa e non me ne pento: sarà un giorno come un altro.

Il telefono mi sta squillando in tasca da diverso tempo e sussulto quando il nome di Harry lampeggia su di esso.

«Sì, pronto?» Rispondo in fretta perché già lo immagino alzare gli occhi al cielo e sbuffare quando la mia voce non arriva dopo qualche squillo - colpa della volta in cui mi sono persa.

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