CAPITOLO 5

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“Ragazza, é il momento di andare” 

Mi stupii della mano tesa su di me che mi offriva aiuto. Taehyung si toccava la ferita alla testa con le dita e impiastricciava ancora di più il sangue che già si era diffuso al lato del sopracciglio.

“Dovevi stare attento. Sono sicuro che per salvare questo mostriciattolo ti sei tagliato. Cosa avevamo detto sui salvataggi?”

Il ragazzo biondo non smetteva un secondo di rimproverare Taehyung e guardava con disprezzo la mano ancora in attesa della mia. Mi ritrovavo sotto la presenza di entrambi gli uomini che facevano ombra sul mio corpo. Presi coraggio e con uno scatto accettai l’aiuto del ragazzo. Lui si voltò verso di me e ai lati delle labbra fece accenno un piccolo sorriso, innocuo, volto a non far notare nulla al ragazzo biondo, il quale reggeva il mio sguardo senza battere un ciglio. 

Notai che Teahyung non resse molto il mio peso mentre mi alzavo, ma nascose l’espressione di fatica e di dolore (ancora non riusciva a rimanere in piedi su tutte e due le gambe) dietro le ciocche di capelli che gli coprivano gli occhi. 

“Dovremmo correre ora.” Pronunciò il ragazzo che dietro di me ancora non avevo notato. Mi mise una mano sulla spalla e mi sussurrò nella sua lingua qualcosa che non riuscii a decifrare. 

“Ti sta chiedendo se ce la fai.” Intercesse Taehyung, con una alzata di sopracciglio rivolta al ragazzo con i capelli color rame. Quest’ultimo mi dette un colpetto sulla spalla, in segno di cominciare a far muovere le gambe. “Sono Jung Ho-seok.” Mi disse cercando di sorridere.

Il biondo fece un verso di stizza. 

“Rimanderei le presentazioni a più tardi se non ti dispiace.” Fulminò con uno sguardo Ho-seok e questo ritirò in risposta la mano dalla mia spalla e rapidamente il suo sorriso tirato si spense. Quel ragazzo di cui ancora non sapevo il nome doveva essere proprio intimidatorio agli occhi degli altri due. A me sembrava un ragazzo ancora bambino nella statura e colmava questa sua mancanza con un tono isterico.

Le uniche cose che ricordo in quegli attimi sono i nostri piedi che calpestano il terreno all’unisono, in una sinfonia che fa riecheggiare anche i nostri respiri affannosi nell’aria densa di morte. I miei capelli frustavano contro la mia guancia ogni volta che mi giravo per osservare per un’ultima volta il luogo che mi aveva tenuta prigioniera per mesi, che mi aveva usata. 

Non avrebbero più avuto la loro bambola. 

Adesso ero libera, nelle mani di altri uomini, ma libera.

Mentre correvo potevo vedere a qualche metro davanti a me i capelli di Teahyung che rimbalzavano sul collo sudato e sporco di polvere da sparo. 

Il ragazzo biondo anticipava tutti nella corsa, come se volesse lasciare indietro gli altri. Solo l’uomo con i capelli color rame si voltava per assicurarsi che stessi al loro passo e che non collassassi a terra.

L’ansia e l’adrenalina entrarono nel mio corpo ad una velocità inumana facendo accelerare il battito del mio cuore a livelli insostenibili per me. 

Non so per quante miglia corremmo, ma conoscevo bene ormai il tremare incessante delle mie gambe e il continuo cadere per terra. Non so quanto volte mi sforzai e ripresi la mia corsa sfrenata e troppo faticosa per il mio debole corpo. 

Il mio cuore cominciò a battere a livelli elevatissimi. Attraversammo tutta la distesa pianeggiante ancora scoperta dagli alberi.

Riuscimmo a scampare il mirino dei cacciabombardieri e ci inoltrammo nella fitta boscaglia. Ci trovammo finalmente al riparo e cademmo tutti in ginocchio aspirando più aria possibile e tastando il terreno bagnato per diminuire il calore corporeo. Inserii anche io le dita attraverso il terreno fresco e pieno di sassolini. Quando sfilai la mano, mi accorsi che il terreno era stato macchiato dal sangue. Strinsi la mano in un pugno e cercai di contenere il continuo desiderio del mio corpo di lasciarsi andare nell’urlare. Mi allontanai verso un cumulo di foglie e cercai disperatamente di levare via il sangue che già si era insinuato nelle pieghe del palmo. 

THE RUSSIAN GIRLDove le storie prendono vita. Scoprilo ora