CAPITOLO 7

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Ci incamminammo soli, io e lui, inoltrandoci sempre di più nella foresta. Gli unici rumori che ci circondavano erano il costante frinire delle cicale, e il suono dei rami spezzati dai nostri passi. Oltre ad essi, vi era la quiete più totale. Un silenzio addirittura inquietante, da quanto profondo e oscuro. "Dove stiamo andando?" Mi concessi di domandare a Taehyung, guardandomi appena in giro. Per tutto il tragitto non avevo mai staccato gli occhi da lui, dal suo corpo. Studiavo ogni suo movimento cercando di vedere attraverso la sua anima, ma invano. I suoi pensieri mi incuriosivano alquanto."Siamo quasi arrivati" Mi disse lui senza girarsi nella mia direzione nemmeno per un secondo. I nostri corpi erano distanziati da pochi metri, e continuavano a camminare all'unisono, creando quasi una sinfonia. Era confortante sapere di essere con qualcuno, di non dover guardare a destra e a sinistra costantemente, impaurita da ogni insignificante rumore.Non ci conoscevamo affatto, ma sentivo comunque in cuor mio di potermi fidare ciecamente.Continuammo a marciare in mezzo ad arbusti e rami che il più delle volte mi avvolgevano, graffiandomi la chiara pelle. Continuammo ad avanzare fino a quando, tutto d'un tratto, i suoi piedi si immobilizzarono, diventando quasi di pietra.Mi accorsi del suo gesto così repentino e improvviso troppo tardi e, con sbadataggine, gli andai contro, sfiorando la sua schiena. Una vampata di calore improvviso mi invase, facendomi sentire completamente inerme e inutile. Era la stessa sensazione che avevo provato in quella cella, ma leggermente diversa. Questa era una sensazione che, oltre a darmi fastidio, mi procurava un filo di piacere.Non saprei definire in che modo, lo faceva e basta. Lui però, vedendomi il viso paonazzo, fece finta di nulla, limitandosi a mostrarmi il suo solito viso radioso e pieno di vita. Subito un calore intenso si fece largo nel mio cuore, una sensazione mai provata prima di quel momento.Quel suo sorriso, infatti, aveva qualcosa di strano, era diverso da tutti quelli che avevo incontrato fino a quel giorno. Mi infondeva felicità, ma anche un filo di malinconia. Sembrava volermi dire qualcosa, ma senza l'uso di parole. "Siamo arrivati" Disse lui così, infrangendo quel silenzio che tanto stava facendo viaggiare la mia mente. Mi guardai in giro, tornando completamente alla realtà. Non vi era nulla di diverso dalla visione che avevamo poco prima, nell'accampamento. Attorno a noi vi erano solamente alberi e arbusti. Mi voltai nuovamente nella sua direzione, con aria interrogativa, aspettandomi una risposta, o quantomeno una spiegazione. Subito sciolse la mia curiosità interiore, facendo risuonare la sua profonda voce nuovamente nell'aria. "Vieni" Concluse, avanzando appena. Rimasi immobile per un secondo, fino a quando i miei piedi rincominciarono a camminare, comandati dalla loro volontà."Attenta a questo ramo, potresti farti male" Mi disse lui spostandolo e facendomi quindi passare. I nostri corpi si sfiorarono, facendomi sussultare appena. Non ero più abituata a nessun tipo di contatto fisico e questo mi rattristava un poco. Fino a poco tempo prima, ricevevo il calore umano solo attraverso violenza, niente di più. Scostai i miei pensieri, facendo roteare i miei occhi davanti alla scena che mi si stava proiettando davanti.Subito mi illuminai di felicità e per un attimo la piccola Aalina che prima faceva parte del mio presente, riprese coscienza del suo corpo.Mi sentì per un attimo più leggera, quasi su un altro pianeta. "Wow" mi feci sfuggire continuando ad ammirare la scena, stupefatta. Davanti a noi vi era un laghetto, contornato da piccoli arbusti, su cui si specchiava la luna che ora era ben visibile ai miei occhi. Finalmente riuscivo a mirare il cielo senza nessuna difficoltà. Non avevo mai notato quanto la natura fosse bella, quanto le stelle potessero essere luminose. Dei piccoli fiorellini si facevano largo sull'erba alta e bagnata, che mi era possibile vedere grazie delle fioche luci. Sgranai gli occhi, con l'intenzione di capire, e così fu. Erano lucciole. Le avevo sempre studiate sui libri di scuola, ma non ero mai stata così fortunata da poterle vedere dal vivo. Ed ora, grazie a uno straniero, ero riuscita ad ammirarle da vicino. Rinchiusi tutto d'un tratto il mio viso in un sorriso, che mi venne completamente naturale. Non lo sfoggiavo da tempo, e quasi mi ero dimenticata della sua esistenza. "Bello vero? Pensare che l'ho scoperto poco fa, per caso" mi domandò lui, seguendo il mio sguardo lieto. "Già..." dissi io ancora a bocca aperta. Non mi aspettavo nulla di tutto ciò. Questo andava al di sopra di ogni mia aspettativa. Non che fosse in realtà così complesso. Jeongkook mi aveva portato via, assieme alla mia castità, la mia vita e con essa ogni mia speranza"Ti ho vista ammirare le stelle poco fa, quindi ho pensato ti potesse piacere vederle meglio" mi disse lui senza spostare gli occhi da dove si trovavano, nemmeno di un centimetro. Forse non sarebbe riuscito a reggere il mio sguardo. Era improbabile, ma feci comunque fantasticare un poco la mia mente che piano perdeva lucidità ogni secondo che passava. Io rimasi in silenzio, non trovando le parole adatte per esprimere la mia gratitudine. "Scusami... forse ho esagerato, insomma... ci conosciamo da pochissimo e questo potrebbe sembrare troppo smielato" Continuò lui, facendosi sempre più timido e con tono quasi imbarazzato, pronto a rivolgermi le sue scuse. "Non devi scusarti. Ti ringrazio, al contrario. Questo posto è così magico." esclamai quindi io, portando i miei occhi sul suo viso. Egli seguì il mio gesto, facendo così coincidere i nostri occhi.Notai solo ora il luccichio nei suoi occhi, proiettato dalla luce irradiata dalla luna.Piano mi persi nei suoi profondi occhi, non trovando più la via del ritorno.Rimanemmo così per qualche secondo, con gli sguardi incastrati l'uno nell'altro, e con il silenzio più totale che ci abbracciava come una coperta. D'un tratto il ragazzo si sedette per terra, risvegliandomi. Iniziò a spostare il suo sguardo, a scatto continuo, da me a un posto immaginario accanto a se, quasi a chiedere di sedermi affianco a lui. Indugiai un poco, non capendo esattamente cosa fare. Forse stavo semplicemente fraintendendo, fatto probabile, dato che la mia mente continuava ad offuscarsi sempre di più, per un motivo a me ignoto."Vieni?" mi domandò, snodando completamente il mio dilemma interiore. Trasalì alle sue parole, non credevo le avrei mai sentite uscire dalle sue carnose labbra. Non immaginavo nemmeno lontanamente mi stesse seriamente invitando a sedermi affianco a lui.Entrai nel panico, non sapendo cosa sarebbe stato giusto fare in quella situazione.In fondo eravamo sconosciuti, perché gli avrei dovuto dare così tanta confidenza? La mia coscienza però non fece in tempo a pensarci due volte, che ero già seduta al fianco di Taehyung. Da quella minuscola distanza riuscivo a sentire il calore irradiato dalla sua pelle, e con esso anche il suo respiro profondo. Per un attimo chiusi gli occhi, cullata da quel suono, che ora, non sembrava che una musica per le mie orecchie. Abituata a tutti i suoni sgradevoli che ogni giorno mi accompagnavano, sentire una persona affianco a me, mi dava una sorta di conforto.Il silenzio regnava nuovamente su di noi. Questa volta, però, si era trasformato in un mutismo gelido e imbarazzato. Aprii la bocca diverse volte, pronta a pronunciare parole, ma che poi risentendole rimbombare nella mia mente, scartavo. "Chiedimi pure tutto quello che vuoi" Mi sorprese lui, capendo evidentemente il mio stato d'animo combattuto. Un groppone si fece spazio nella mia gola e una vampata di imbarazzo prese possesso del mio corpo, torturandolo.Deglutii con grande fatica, e con tutto il coraggio rimastomi in corpo, aprii la bocca, facendo uscire finalmente le parole. "Hai detto che assomiglio a una persona a cui vuoi molto bene... chi sarebbe?" Domandai io con voce tremante e spaventata dalla possibile risposta.Non avevo idea del perché mi sentissi improvvisamente così. La mia curiosità continuava a prevalere su tutte le mie emozioni, lasciami ogni volta spaesata. Questa era infatti una domanda che continuava, da diverse ore, a logorare la mia mente, non trovando una plausibile causa. Il suo viso si rabbuiò un poco, quasi colpito nel profondo dalle mie parole. Subito il senso di colpa iniziò a logorarmi piano lo stomaco, lasciandomi quasi senza respiro. "Mi-mi dispiace, non avrei dovuto entrare così nel personale" Cercai io di scusarmi, balbettando alquanto. Non avevo idea di cosa dire in quella situazione. L'unica cosa che la mia mente riusciva ad elaborare era l'auto rimproverazione. "Non ti preoccupare, ti ho detto io di potermi fare qualsiasi domanda, non hai fatto nulla di male" Mi disse lui, guardandomi nuovamente negli occhi e rivolgendomi un sorriso, con l'intenzione di rincuorarmi, ma invano. Non era una delle sue solite risate, questa era pieno di tristezza, che mi arrivò dritta al cuore, incrinandolo un poco. "Beh, la persona che mi ricordi molto è la mia sorellina. Ho promesso di tornare a casa da lei sano e salvo, e così farò. Solo per lei. Quella piccola peste è la mia unica ragione di vita" Concluse lui, rivolgendo un sorrisetto al cielo. "Quindi tu hai una famiglia a cui ritornare..." Mi lasciai scappare io, avvicinando le ginocchia al petto e appoggiandoci, a peso morto, il capo. Un senso di vuoto incredibile si impossessò improvvisamente di me, facendomi diventare un fascio di nervi unico. Nuovamente mi sentivo sola, scostata dal resto del mondo. Mi sentivo di nuovo diversa. "Beh... non è del tutto vero." Mi rispose lui abbassando immediatamente il viso con aria triste. Rimasi in silenzio, portando il mio sguardo su di lui. La sua espressione era completamente affranta. "I miei genitori non ci sono più... sono morti durante uno dei bombardamenti. Io e mia sorella scappammo e potei stare al suo fianco fino al compimento dei miei 18 anni. Fui quindi obbligato ad arruolarmi all'esercito e lasciai, a malincuore, la mia piccola sorellina in un orfanotrofio. Prima di andare però le promisi di tornare e, al mio ritorno, di rincominciare una nuova vita insieme, solo io e lei." Concluse lui, creandomi una voragine a livello del cuore. Rimasi senza parole, a fissarlo con le lacrime agli occhi. "Mi spiace, non volevo rattristarti con la mia vita" mi disse lui rivolgendomi un sorriso tirato e avvicinando lentamente il pollice al mio viso, quasi a chiedere il permesso. Rimasi immobile, facendolo fare. Piano si mise ad asciugarmi le lacrime amare sul mio viso straziato, con la punta del suo soffice dito. Il suo tocco era deciso, ma flebile e ingenuo allo stesso tempo."Dai... non piangere" Mi disse quindi lui, continuando a sorridermi, con l'intenzione di rallegrarmi, ma invano. Alle sue parole di conforto, non facevo altro che sentirmi peggio. Sarei dovuta essere io a rincuorarlo, non il contrario.Inoltre, sapere che una persona così solare apparentemente, avesse subito così tanto, mi scosse qualcosa a livello del cuore.D'istinto mi allungai nella sua direzione affondando nelle sue braccia, guidata dal mio cuore. Lui sobbalzò leggermente, ma accolse subito il mio gesto, ricambiandolo teneramente. Il calore del suo corpo affievolì l'irrigidirsi dei miei muscoli e mi fece sentire tutto d'un tratto meglio. Tra le sue braccia finalmente mi sentivo capita, cosa che non provare da un tempo oramai immemore...

THE RUSSIAN GIRLDove le storie prendono vita. Scoprilo ora