Capitolo 1

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-Tu, signorina all'ultimo banco, sapresti dirmi quando fini la seconda guerra mondiale e come ?
Quel dannato robot che ci insegnava storia ce l'aveva con me. Non lo sopporto. Pretende risposte schematiche a domande schematiche. Io non posso essere schematica, io sono diversa. Odio essere messa in determinate situazioni da risolvere come vogliono gli altri, ho un modo di pensare tutto mio.
-Signorina, la sto aspettando- ribadì quella scatola di latta.
-Non lo so.
Era l'unica cosa che mi venne in mente da dire per non rispondere
-Bene bene, il tuo numero prego.
- 19646.
- Basso ceto, non mi sorprende che tu faccia così ragazzina
- Basso ceto ? Cosa sta dicendo ?- stavo perdendo la pazienza, non solo quel robot mi stava prendendo in giro perché non avevo voluto rispondere, ma stava blaterando anche del mio numero.
- Vede signorina, ogni numero corrisponde a qualcosa di ben schematico. Dovrebbe saperlo, i suoi antenati furono così intelligenti.
- I miei antenati furono dei cretini a lasciarmi in situazioni così, a parlare con una scatola di latta.
Forse stavo esagerando, ma chissene frega.
Quel sistema di governo con a capo robot che non sbagliavano mai mi aveva stancato, davvero non ne potevo più.
- Cosa sta dicendo, signorina ? Come si permet...
- Mi permetto che diavolo ! E non mi chiami signorina, io avrei avuto un nome, se lei non si trovasse qui.
DRIIN !
L'intervallo. La campanella mi aveva salvata.
Prendo il mio zaino e vado al mio armadietto, contrassegnato dal mio numero. Cosa diceva quel robot ? Ogni numero ha dietro di se una storia ? Qualcosa del genere, ora volevo sapere però.
- Ehi mocciosetta !
Era Migliore Amica. Mi saluta sempre così quando siamo a scuola. Dice che tra queste mura sono insopportabile, e non ha tutti i torti. Quello che è appena successo nell'ora di storia lo dimostra.
- Ehi.
- Ho appena sentito di quello che hai fatto a storia. Wow ! Nessuno aveva mai risposto a un prof in questa scuola. Sei mitica
- Ti hanno detto cosa mi ha detto quel ... Prof ?- pronuncio la parola prof con disgusto quasi.
- No, cosa ?
- Ogni numero ha dietro di se una storia.
- Levatelo di testa.
- Non sai di cosa sto parlando
- Oh invece si. Non puoi scoprirlo. Sono informazioni top secret.
- E tu come lo sai ?
- Papino
DRIIN
- È ora di andare mocciosetta. Non fare casini in questa altra ora.
- Mmmh tanto dopo ne riparliamo non finisce mica qui.
Prendo il mio zaino, chiudo l'armadietto e mi dirigo verso l'aula di chimica. È forse la mia aula preferita, perché, oltre a un altro robot programmato per la chimica, c'è un assistente umano, che ci tratta come persone normali, e non come esseri inferiori a differenza dei robot.
È l'ultima ora questa, un po' per la stanchezza, un po per le parole che mi ha detto MA, mi addormento.
Faccio uno strano sogno.
Sono dentro una casa abbandonata e senti dei passi. È mia madre, le corro incontro e la abbraccio.
- Tuo nonno si sbagliava. Tu senza un nome sei solo una figlia per me, invece vorrei che fossi anche una persona più cara a me. Volevo chiamarti Alice, perché come le eliche di un elicottero tu voli in cielo, sei la mia angioletta. Alice Evans, è melodioso no. Poi in un libro che ho letto quando avevo la tua età, una tale Alice Evans era una musa, la musa della canzone.
Bene mia cara Alice, trova il modo di far sbagliare il nonno e farmi felice.
È la campanella a svegliarmi dal sonno.
Uscita da scuola vado al punto solito dove metto la bici, un pino dove vi sono delle lettere incise, una s e una a, a ricordarmi delle generazioni passate felici con i loro nomi.
Torno a casa e abbraccio mamma.
È la più grande forma di affetto tra noi due da almeno un anno.
Mangio il mio piatto di pasta al ragù e vado a farmi la doccia.
L'acqua è bollente, proprio come piace a me. Avrei preferito fare la vasca, ma devo andare a parlare con MA.

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