Esther, la barista del Margherita, mi accolse col suo consueto buonumore preparandomi il solito caffè americano che trangugiavo di fretta salendo le scale dell'ufficio.
In realtà neanche mi piaceva quella brodaglia, ma mi serviva per la concentrazione, in più l'avevo imparato nei film americani e mi sembrava in qualche modo di evadere da quella realtà, immaginando di essere un detective zoppo e con un mucchio di problemi alla ricerca di una soluzione ad un intricatissimo caso.
Non sono mai stato una persona che si prendesse troppo sul serio, amavo perdermi nei miei pensieri e giocare con la fantasia, per dare colore a un mondo che il più delle volte mi appariva grigio e senza emozioni.
«La vita non è un film» mi ripetevo, conscio del fatto che non c'è quasi mai quel colpo di scena tanto atteso che spazza via tutti i problemi, dando una svolta definitiva al corso degli eventi.
Il più delle volte le persone stanno in attesa di qualcosa che non arriva mai, ciò mi ricorda un libro che lessi diversi anni fa e che ancora oggi mi rimane impresso: Il deserto dei tartari di Dino Buzzati.
Una straordinaria metafora, dove l'attesa e l'inazione del protagonista, militare di fanteria, rispecchia la condizione di molti esseri umani, sopraffatti dalla monotonia della propria vita. Così, illuminato dalla luce artificiale dei neon sopra la mia scrivania, mi sentivo un po' l'ufficiale di fanteria Drogo nella fortezza Bastiani:
"Sentiva un'ombra di opaca amarezza, come quando le gravi ore del destino ci passano vicine senza toccarci e il loro rombo si perde lontano mentre noi rimaniamo soli, fra gorghi di foglie secche, a rimpianger la terribile ma grande occasione perduta."
(Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari)
Un richiamo a un dovere, quasi morale, di dare un senso alla propria esistenza, in cui i rimpianti pesano molto più dei rimorsi.
Io l'occasione ce l'avevo davanti e non dovevo aspettare che si materializzasse, avrei dovuto, per una volta, essere io a "prendere il toro per le corna".
Mentre aspettavo che il pc finisse di scaricare gli ultimi aggiornamenti, mi alzai per gettare il bicchiere di caffè, ne era rimasto ancora un po' sul fondo ma quella mattina era ancora più amaro del solito e il mio stomaco ne aveva abbastanza.
«Dannato computer» sbottai «ne ha sempre una». E in effetti anche quella mattina, quasi per un curioso gioco del destino, il mio computer era andato per l'ennesima volta in crash. Lo spazio in memoria non era più molto, un po' per la pesantezza di alcuni programmi di montaggio video, foto e correzione immagini, un po' per gli anni del mio Mac del 2013.
Fui dunque costretto a chiedere aiuto a Giovanni, il sistemista IT, un ragazzo di qualche anno più giovane di me, anche se ne dimostrava molti di più. Stempiato, spalle curve e un'aria affaticata dalla luce dei monitor, rispondeva alle mille richieste dei colleghi sempre controvoglia e non dava l'impressione di passarsela tanto bene.
Con me tuttavia si era sempre mostrato disponibile, fin dal mio primo giorno in ufficio, in cui fu l'unico a proporsi di farmi compagnia per il pranzo, portandomi in un posto poco lontano dall'ufficio, nascosto dai portici, che proponeva una cucina locale dove regnava un'aria familiare senza tempo.
Diventammo buoni amici, anche se non uscivamo molto spesso insieme, lui abitava a Casalecchio e in più non era il tipo che amava la movida bolognese. Nemmeno io ero un grande habitué, eppure ogni tanto mi piaceva immischiarmi fra gli universitari per godermi ancora un po' la spensieratezza di quegli anni.
Mi raccontò più volte della sua famiglia, originaria della Val di Susa, e di come gli mancassero le sue montagne.
Non sono mai stato un grande appassionato di montagna, preferisco di gran lunga il mare, ma Giovanni con le immagini che mi descriveva mi trasmise in qualche modo la voglia di sperimentare l'emozione di una ferrata o di una notte in rifugio a contemplare le stelle.
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Iperbole, la nascita di una canzone
General FictionAndrea è uno scrittore con la passione per la musica, una laurea in lettere e un lavoro come giornalista freelance per una testata locale. La sua vita scorre piatta e senza emozioni, finché un giorno la decisione: abbandonare tutto e ricominciare da...