«Andrea, sveglia! Siamo quasi arrivati»
Guardai fuori dal finestrino del treno, mi stropicciai gli occhi e cercai di guardare attraverso il vetro appannato dove mi trovavo.
Le goccioline di pioggia rendevano meno nitido il paesaggio esterno, mentre i binari del treno disegnavano una rotta lenta e inesorabile fra i boschi di betulle e gli specchi d'acqua sparsi qua e là.
Avevo il collo indolenzito per via della posizione in cui mi ero addormentato, con il capo appoggiato al braccio ormai completamente privo di sensibilità.
Stavo cercando nello zaino una bottiglietta d'acqua quando il treno iniziò a rallentare mentre alcuni bassi edifici iniziavano a sostituirsi al verde; finalmente apparve il cartello "Tampereen Rautatieasema".
Tarja si alzò per recuperare la sua valigia in fondo alla carrozza, mentre io riavvolgevo le cuffiette e le riponevo con cura nella tasca esterna del mio zaino.
«Sei stato molto di compagnia eh, italiano?»
Le risposi con un sorriso, ero ancora un po' stordito per la dormita non proprio comoda e i tour de force dei giorni precedenti; non avevo molta voglia di parlare anche se la presenza di Tarja mi rasserenava.
Indossava un berretto rosso con un pon-pon blu che copriva i suoi lunghi capelli corvini, tutto ciò faceva sembrava infondere una tranquillità quasi non terrestre, qualcosa di etereo che ricordava le favole che mia madre mi raccontava prima di addormentarmi, in cui i boschi della Finlandia erano popolati da elfi, fate e creature incantate.
Se non fossi stato un po' troppo grandicello per credere ancora alle favole, avrei potuto immaginare di essermi trovato di fronte ad una fata, tanto era in grado di interpretare i miei silenzi che sembrava mi leggesse nel pensiero.
«Male al collo? Lo sanno tutti che non bisogna dormire con la testa inclinata in treno, a cosa servono i maglioni che abbiamo nello zaino se non ad essere usati come cuscini?» disse rivolgendosi a me che nel frattempo mi ero alzato per sgranchirmi le gambe.
«Hai ragione, ma ero troppo pigro per aprire lo zaino, sai l'ho fatto con tanta cura...»
«Immagino» rispose con l'aria di chi sapeva bene che in realtà era tutto il contrario.
«Se non ti conoscessi potrei pensare che sei un ragazzo davvero ordinato Andrea, ma dopo aver visto come pieghi le magliette, beh, ho il beneficio del dubbio» concluse strizzandomi l'occhiolino.
«Ehi ragazzi, siete pronti? Si scende ora»
«Certo bro, tranquillo che non scappa la fermata» risposi a Joshua sbadigliando.
Si era unito anche lui all'ultimo, proprio quando io e Tarja eravamo già in procinto di lasciare l'ostello.
La settimana ad Helsinki era volata fra visite ai musei e gite fuori porta, un po' da solo e un po' in compagnia dei miei due nuovi amici, che si alternavano nel farmi compagnia, approfittando delle ore notturne per berci una birra tutti insieme nei locali del centro.
I miei buoni propositi di socializzare il più possibile erano andati a farsi fottere nel momento in cui avevo trovato la chimica con quei due, eravamo uno strano trio ma sembrava ci conoscessimo da sempre. Io riservato, silenzioso e sognatore, Tarja al contrario molto pratica, socievole e chiacchierona, e Joshua...beh, Joshua è Joshua, il solito incredibile ragazzone che sembra in sintonia col mondo e alla perenne ricerca di storie.
Ero fatto così, mi bastava una scintilla per far scattare in me quella fiducia che mi permetteva di aprirmi alle persone e trovare quel qualcosa che mi mancava, non saprei definirla, ma penso si tratti di condivisione. Nel vero senso della parola.
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Iperbole, la nascita di una canzone
Fiksi UmumAndrea è uno scrittore con la passione per la musica, una laurea in lettere e un lavoro come giornalista freelance per una testata locale. La sua vita scorre piatta e senza emozioni, finché un giorno la decisione: abbandonare tutto e ricominciare da...