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Una volta preso tutto, il più piccolo mi seguì e andammo verso la macchina lasciando i nostri genitori all'interno.

Saliti poggiai le mani sul volante e fissai la strada avanti a me.
«Perché l'hai fatto?» chiesi.
«Fatto cosa ?» chiese a sua volta Alex portando lo zaino sui sedili posteriori.
«So che ci siamo sempre stati l'uno per l'altro. Ma venire a stare da me, mentre loro ti chiedevano di rimanere..» continuai ma notavo il suo sguardo confuso «insomma, potevi rimanere con loro, invece..»
«Hai preso le mie difese come mai prima d'ora. Si ci siamo sempre aiutati, ma tu hai evitato che mi guardassero come una delusione.. soprattutto sapendo com'è fatto papà. Te ne sono grato, anche se hai detto una bugia che gioca contro te.» continuò il più piccolo sorridendomi.
Mi abbracciò e capii quanto avevo fatto di buono nei suoi confronti.

Tornammo a casa e prima di andare a dormire decidemmo di preparare due tazze di latte con il Nesquik.
Quello era il nostro momento felice, sin da piccoli.
«Ricordi?» chiese mio fratello portando un cucchiaio di nesquik nel latte caldo.
«Cosa?» chiesi io dopo aver bevuto dalla tazza.
«Quando eravamo piccoli e mamma e papà litigavano, tu venivi a controllarmi nel mio letto. Se dormivo mi abbracciavi, se invece vedevi che piangevo nascosto tra le coperte, non ci pensavi due volte, scendevi e prendevi due tazze di latte con Nesquik e le portavi in camera.»
Sorrisi, riportando gli occhi alla tazza.
«Però sai? Non é tanto il gesto.. Ma l'attenzione che ponevi al gesto.» disse sorridendo con gli occhi lucidi.
Cercai di capire ma aggrottai le sopracciglia confuso.
«Si, perché tu sapevi che non riuscivo a berlo freddo come piace a te e mentre loro litigavano, tu aspettavi che il mio si riscaldasse, per poi portare entrambe le tazze su per le scale.» terminò il più piccolo.
Sorrisi e gli andai vicino accarezzandogli i capelli e dandogli un bacio sulla testa.
«Sei il fratello migliore che potesse capitarmi. Tu sai davvero cosa significa prendersi cura dell'altro. E sappi che senza te sarei perso.»
Ammetto che dopo quell'affermazione una lacrima mi rigò il viso, ma la nascosi dietro ad un abbraccio.
«Qualsiasi cosa accada, sappi solo che io per te ci sarò sempre.» dissi per poi lasciarlo e salire di sopra, ma potei sentire un «anche io» sussurrato.

Andai a dormire, ero parecchio nervoso quella sera e presi sonno solo verso le 4.
Il mattino dopo mi svegliai e velocemente mi preparai. Scesi giù ed Alex era seduto a fare colazione.
«Hai bisogno di un passaggio?» chiesi.
«No tranquillo.» rispose continuando a guardare una puntata della Casa di Carta al computer.
«Ah! Hai pensato a come fare con mamma e papà?» chiese poi attirando la mia attenzione.
«Fare cosa?» chiesi tornando in cucina.
«Il fatto della finta fidanzata.. come la metti? Se gli dici che era una stronzata é un casino. Se scoprono che stavi nascondendo la mia situazione pure.»
"Cazzo é vero" pensai tra me e me, ma non volevo far notare ad Alex il fatto che in realtà ero entrato in un vicolo cieco.
Avrei dovuto inventarmi qualcosa, ma avevo un po' di tempo, per il momento non era la mia priorità.

Uscii e mi diressi verso l'edificio.
Ma come ogni lunedì che si rispetti, non poteva andare tutto bene.
Dimenticai alcuni fogli e per di più c'era molto traffico e arrivai con alcuni minuti di ritardo.
Educatamente salutai tutti e mi misi a lavoro.
Verso le 11 di mattina, mentre lavoravo con tre ragazze, intravidi Kate, o almeno vidi i suoi capelli grazie ad un movimento fatto con la testa per spostarli dalla spalla.
Sorrisi.
«Eh? Che c'è? Ti piace la figlia del direttore?» chiese Annabelle, una ragazza davvero carina dopo essersi messa in posa.
«Cosa?» chiesi io senza guardarla, rimanendo attento all'obiettivo.
«Si.. beh, ha tanti spasimanti. Eppure lei è così sulle sue, non se ne vanta e non se ne approfitta.» disse lei ma non ebbe mia risposta così continuò «quando entra, la mangi con gli occhi. Però tu sei strano, sei diverso. Potresti chiederle di uscire come fanno tutti, potresti scaraventarti su di lei.. eppure per quanto ti piaccia non lo fai. Cos'hai in mente?»
A quella domanda staccai gli occhi dalla fotocamera e la guardai.
Non dissi nulla, ma nella mia testa sapevo quanto avesse ragione.
«Non avrai paura di Nick?.. magari qualcuno la salvasse da quell'inferno.» disse poi guardando il pavimento e dandomi le spalle per uno scatto.
«Cosa?» chiesi e velocemente mi allontanai dalla fotocamera per avvicinarmi a lei.
La presi per un braccio e le chiesi «tu sai cosa succede tra quei due?»
E dopo un suo "aia" per poi liberare il braccio rispose «no.. Kate non dice nulla. Non ci ha mai parlato della relazione. In realtà non ci parla di nulla. Quella ragazza sa fingere di essere felice e stare bene.»
Notò il mio viso confuso e continuò «ma chiunque, guardandola, può capire che qualcosa non va.. chiunque.. tranne il padre..» disse per poi allontanarsi.
La seguii «il padre? Perché che c'entra il padre?»
Mi guardò come se volesse dirmi qualcosa ma non riuscì a farlo perché entrò l'equipe di trucco e parrucco e quella stanza si inondò di voci.
La lasciai e decisi di andare al bar.

Avevamo una pausa e io avevo molta fame.
Al bar incontrai Kate, era seduta al bancone ed era sola, così ne approfittai.
«Ciao.» dissi in modo distaccato.
Non lo facevo per me, ma per lei. Probabilmente se qualcuno ci avesse visto, anche solo a scambiare due parole, avrebbe detto altro a Nick. Quindi mi andava bene la distanza.
Mi sorrise, ma non diede risposta.
«Troppi direct eh.. »
«Cosa?» chiese girandosi verso di me.
«Si.. probabilmente troppi messaggi per leggere il mio.» le spiegai ironicamente.
«Ah.» disse, poi sorrise «nemmeno faccio in tempo a leggerli.»
«Perché?» dissi iniziando a ridere «hai il segretario che li legge per te?»
Non rispose.
«Scommetto che il segretario è Nick.» continuai senza rendermi conto del fastidio che potevo darle con quell'invadenza.
«Zitto. Per favore. Abbassa la voce.» disse lei mettendomi una mano sulla gamba e l'altra sulle labbra. Roba di 3 secondi, il tempo di uno sguardo che sembrava infinito e poi si staccò.
Ritornò seria, braccia conserte sul bancone, con i ricci che le coprivano il viso.
«Si. È proprio lui.» disse con fare nervoso.
«Lui controlla tutto della mia vita. Se mi arrivano messaggi, li legge lui. E fidati il tuo messaggio non è passato inosservato.» disse.
«Non dirmi che ti ha fatto qualcosa ..»
Fece 'no' con la testa, così le poggiai una mano sulla sua e glielo richiesi ma subito mi rispose con un «no» freddo.
Spostò la sua mano dalla mia e disse «invece tu.. hai proprio una certa delicatezza nel dirmi le cose. Come una freccia ad alta velocità che colpisce esattamente il bersaglio.» disse nervosa per poi alzarsi.
Non potevo permettermi di farla scappare via anche  questa volta, così mi alzai e la seguii.
«Kate.. Kate.. ferma.» dissi per poi pizzicarle la maglia «ok, hai ragione. Voglio farmi perdonare.»
«Sentiamo.» continuò lei lasciandosi andare.
«Vediamo.. hai un'oretta libera?» chiesi e notai un suo sorriso trattenuto.
«Nick non è qui ed io ho uno shooting alle 14, quindi si. Perché ?» rispose come per sfida.
«Perfetto.» presi la mia felpa, il cellulare e le presi la mano.
«Ma dove mi porti?» chiese la riccia cercando di lasciare la mia mano.
«Hai bisogno di un po' di svago ed io ho fame, spero anche tu. Andiamo a mangiare fuori.»
«Sei pazzo?» chiese fermandosi.
«Kate. Calma. Non voglio fare nulla. Voglio solo compagnia e tu invece hai bisogno di lasciare un po' la testa libera dal lavoro, lo studio.. dal tuo ragazzo.» dissi distogliendo lo sguardo all'ultima frase e senza dire una parola accettò seguendomi.

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