Era una fredda mattina d'inverno, il sole c'era, ma era come se fosse stato dipinto in cielo perchè tutto quello che si sentiva era il familiare e dolce freddo. Mi svegliai in mezzo alla neve, nel bosco, il mio bastone vicino a me. Mi misi a sedere mentre l'unico rumore che si sentiva erano i miei movimenti e la neve sotto il mio peso. Sbadigliai e mi stiracchiai. Mi misi in piedi e mi scrollai la neve dal mantello, raccolsi il mio bastone e mi diressi verso la cittadina. Mentre mi incamminavo verso Arendelle mi chiedevo se la luna sapesse se io avessi mai avuto una famiglia, magari degli amici come i bambini che vedevo correre per le stradine. Iniziai a pensare a cosa mi aveva detto la luna, e a quello che era successo, mentre la mia mente vagava ero arrivato alle porte di Arendelle, dalle bancarelle profumi di tutti i tipi mentre i bambini giocavano e si rincorrevano e le madri si fermavano a chiacchierare. I bambini si lanciavano palle di neve, rimasi a guardarli per un po' quando il più grande di loro tirò una palla in pieno viso a una piccola bambina dalle treccie bionde che stava attraversando la strada, questa cadde e il ragazzino scoppiò a ridere. Dentro di me crebbe un gran senso di ingiustizia e rabbia. Iniziai a camminare verso il ragazzino e mi parai davanti a lui, ma lui continuò a ridere, come se io non fossi li.
"Chiedi scusa a quella bambina, o dovrai prendertela con qualcuno della tua taglia." Dissi furioso. Aveva non meno di 14 anni, due in meno di me. Solo mi accorsi di una cosa, lui davvero non mi vedeva. Non capivo il perchè. Ero confuso, io ero li, in carne ed ossa, eppure ero invisibile ai suoi occhi. Mi spostai verso una signora li vicina che stava conversando con un'altra signora con in mano una cesta piena di fiori. Neanche lei sembrava notare la mia presenza. Era come stare in un incubo. La paura crebbe in me, non ci vedetti più e il panico si impossessò di me. In pochi minuti la mia concezione della realtà era cambiata. Iniziai a correre, nessuno sembrava notarmi, mi passavano attraverso, e io sentivo quel vuoto dentro di me allargarsi. Urlai, disperato mentre crebbe in me il panico. Stanco di correre presi il mio bastone e spiccai il volo con la prima folata di vento. Sentii gli occhi lucidi e mi ripetei che non dovevo piangere, ma era quasi più forte di me, volavo mentre le lacrime mi bagnavano il viso. Atterrai su un albero in mezzo al bosco, con il fiatone e gli occhi serrati. Mi sedetti contro il tronco dell'albero con la schiena, le braccia appoggiate alle ginocchia. Senza che me ne accorsi iniziai a piangere, sempre più forte. Perchè stavo piangendo? Non avrebbe risolto di certo le cose, ma serviva a sfogarmi. Mi sentivo così solo, senza un posto dove andare o una famiglia, ero diverso dagli altri ragazzini, nessuno mi vedeva. Mi sentivo un fantasma mentre il vuoto nel mio petto si allargava e dilaniava il mio cuore. Singhiozzai un paio di volte prima respirare a fondo e asciugarmi le lacrime rabbioso. Non so per quanto tempo rimasi su quell'albero, ma lo feci fino a quando sentii una dolce risatina, aprii gli occhi e guardai giù. Due testoline stavano giocando nella neve, mi sporsi forse un po' troppo e persi l'equilibrio cadendo giù dall'albero. Atterrai con un tonfo in un cespuglio.
"Hai sentito Anna?" Una vocina aveva eslcamato, si erano accorte di me? Come? Io ero invisibile, un fantasma, ricordqai dolorosamente a me stesso.
"Io non ho sentito proprio un bel niente, Elsa." Aveva risposto l'altra bambina. Elsa. Non mi era nuovo quel nome. Come un deja vu . Il cespuglio si mosse e si aprì. Spunto una piccola bambina dai grandi occhi azzurri, curiosi e vivaci. Era la bambina della notte prima. Come un lampo mi attraversarono la mente le immagini di quello che era successo quando l'avevo toccata, di quando aveva sussurrato il mio nome, come se le potesse dare conforto e speranza. Sussultò, guardò nella mia direzione come se stesse veramente vedendo me, e non un po' di rametti schiacciati. La fissai per qualche secondo prima che lei sussurasse di nuovo quel'unica parola che mi aveva raggelato la sera scorsa.
"Jack.." Finalmente mi accorsi che stava davvero guardando me. Come mai mi stava vedendo?
"Tu... mi vedi?" Dissi incredulo tirandomi su a sedere. Lei annuì e mi sorrise, venendo vicino a me e abbracciandomi. Per un momento rimasi rigido ma poi ricambiai l'abbraccio stringendo quella bambina tra le mie braccia. Non poteva avere più di dieci anni. Mentre l'abbracciavo mi sentii protetto, come a casa, e il mio cuore ebbe un po' di pace per un momento. Chiusi gli occhi prima di staccarmi da quella piccola bambina.
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The Cold Never Bothered Me Anyway.
FanfictionTRATTO DALLA STORIA: 'Tutto ciò che devi fare è lasciarla andare, Jack.' 'Come puoi lasciare andare l'unica cosa che ti tiene vivo al mondo, Anna?' La vedevo allontanarsi, ogni passo era un passo lontano dal mio cuore, lontano da me. JACK FROST:...