E giuro che non ti lascio più.

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8 anni. Sono passati otto anni dal mio incidente. 8 anni che mia sorella non mi parla. 8 anni di completa solitudine. Da quando Jack è morto, lei si è chiusa in se stessa. Per un periodo parlava da sola, me lo ricordo. Poi smise di parlare con tutti. Passava le giornate chiusa nella sua stanza, e man mano passava il tempo si dimenticavano tutti che esisteva. Tranne io. Io le voglio ancora bene, ma lei, lei mi odia. I miei genitori oggi partono, ed io rimarrò qua da sola. Elsa non uscirà da camera sua, probabilmente neanche io. 

"Anna tesoro, vieni a salutarci" Mia madre mi chiama, io chiudo frettolosamente il mio diario e metto la piuma e l'inchiostro da parte. 

"Arrivo madre" Mi alzo spazzolandomi la gonna. Il corridoio è vuoto, la porta di Elsa è rigorosamente chiusa, mi chiedo se sappia almeno che i nostri genitori stanno partendo. Sono nella sala di grande, circondati di valige e servitù. Corro verso di loro e li abbraccio forte, fortissimo a me. Mi mancheranno così tanto. 

"Tornate presto" Dico prima di lasciarli andare, mia madre mi da un bacio sulla fronte e mio padre mi sorride. 

"Torneremo al più presto, tesoro" Mi rassicura mio padre. 

Li osservo mentre la nave si allontana. Sono andati, sospiro e mi dirigo verso la mia camera, prima però passo per la sala dei quadri. Quante ore ho passato li dentro, da sola.  Passo la mano su ogni cornice. Sembra così vuoto questo posto, così inanimato. Eppure un tempo ricordo i colori, i balli, le cerimonie. Mi addormento su uno dei divani verdi con il pensiero dei miei genitori lontani. Non vedo l'ora di rivederli. 

JACK'S POV

8 anni. Sono passati 8 lunghi anni, 2 920 giorni, un numero infinito di ore. Sto appisolato sul ramo di un albero, una gamba a penzoloni e le mano dietro la testa. Un'altro inverno è alle porte. Che bello l'inverno. La neve, il freddo, i bambini smettono di uscire tutti i giorni, fanno pupazzi di neve che mi diverto a distruggere, fa freddo, le persone non sorridono molto. L'inverno è la mia stagione preferita. Decido di scendere dall'albero, passeggiare per le stradine di Arendelle è parecchio rilassante. Non ho molto da fare, mi annoio costantemente. Giusto una bufera un giorno, qualche grado in meno una settimana. Stupidi umani. Nessuno nota la mia presenza, perciò sono libero di fare ciò che mi pare e piace. Fischietto un motivetto mentre passo davanti al mercato nella piazza di Arendelle. Oh, il castello. Ci passo davanti velocemente. Perchè poi finisce sempre nello stesso modo. Non riesco a trattenermi e volo fino alla stanza di Elsa. Elsa. Questo nome mi porta amarezza alla bocca. Quella bambina che ho visto trasformarsi in una bellissima donna ha smesso di credere in me, esattamente quando non ricordo, forse due, tre anni dopo l'incidente con sua sorella. Io le sono sempre rimasto vicino, ho visto la sua vita andare in frantumi. E non mi odierò mai abbastanza per quello che le ho fatto. La vedevo trascorrere le sue giornate chiusa in quella camera, in un angolino a piangere. A volte la sentivo sussurrare il mio nome. Poi smise di farlo, smise di ricordarmi. Ed è stato meglio così. Dio solo sa cosa altro sarebbe successo. Ma non posso negare a me stesso che mi manca, mi manca costantemente qualcuno che creda in me, che sappia che io sono qui. Mi mancano i suoi occhi pieni di curiosità e la treccia biondissima che le ricadeva sulla spalla. Mentre la voragine nel mio petto si allarga mi alzo il cappuccio del mantello e cerco di camminare più in fretta che posso. Cammino cercando di distrarmi il più possibile. Penso ai fiori azzurri nelle bancarelle, all'odore di casa. Perchè ormai è questa casa mia. La mancanza continua a crescere logorandomi il petto e la mente, e non ce la faccio più. Al diavolo il distacco, voglio vederla. 

Decido di salire dalla porta principale, guizzo velocemente tra la servitù passando per la sala principale. Ci sono Anna e i suoi genitori circondati da un monte di valigie. Rallento il passo, il re e la regina non partono spesso, deve essere una grande occasione. Non mi soffermo molto, passo avanti mentre il mondo sembra continuare ad ignorarmi da otto anni a questa parte. Volo sopra le scale con il mio fedele bastone fermandomi davanti alla sua stanza. Rimango immobile davanti alla grande porta bianca decorata in rilievi di cristalli, il simbolo del regno di Arendelle. Potrei semplicemente oltrepassare la porta, osservarla annoiarsi o leggere qualche libro senza essere minimamente percepito. Ma non posso, perchè spero sempre dentro di me che lei riesca un giorno a vedermi. Che si giri verso di me, spalanchi gli occhi e venga ad abbracciarmi, come la prima volta che ci siamo visti. E' troppo tempo che non la vedo, il mio cuore batte dopo tanto tempo. Ingoio il groppo alla gola e oltrepasso la porta. Mi ci vogliono alcuni secondi prima che possa trovarla, il mio cuore fa una capriola. E' come se fossi in pace dopo tanto tempo. E' seduta alla finestra, scruta l'esterno con curiosità e forse nostalgia. I capelli sempre legati in una treccia, la frangia tirata dietro le orecchie, la gonna a coprirle le gambe. Mi avvicino cautamente, fino ad arrivare alla poltrona, mi siedo a vicino lei. E' ancora più bella da vicino. In tutti questi anni, la osservavo cresce da lontano, sola, la credevano tutti pazza, forse anche lei. Allungo una mano per accarezzarle i capelli, sento il suo dolce profumo di buono, di Elsa. La accarezzo dolcemente e un sorriso nasce spontaneo sul mio viso. 

The Cold Never Bothered Me Anyway.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora