9. I tuoi occhi parlano

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Da quella sera erano passati tre piovosi e tristi giorni, poiché Dafne non fece che evitarmi.
Era una domenica mattina e i miei prospetti per la nuova settimana in arrivo non erano affatto differenti dalla precedente.
Mi meritavo di essere ignorato, ma allo stesso tempo lei sapeva benissimo di cosa ci dovevamo occupare e la paura che se fosse successo qualcosa me l'avrebbe nascosto, pur di non parlarmi, mi tormentava.
Dovevo comunque proteggerla e il fatto che girasse da sola, soprattuto la sera, mi preoccupava.
Fu così che in quei sette giorni iniziai a seguirla, per assicurarmi che nessuno le desse fastidio o ammetto, per pura curiosità, ma l'unica cosa che scoprii non mi aiutó, ma anzi mi innervosì abbastanza per tutti quei giorni. Blaise stava approfittando del nostro litigio per provarci con Dafne.
Ma me lo meritavo, infondo.
Non nascondo che per la prima volta in tutta la mia vita mi sentivo in colpa per qualcosa che avevo detto.
L'avevo trattata male, troppo male.
E probabilmente più che parlarle del Signore Oscuro e del nostro piano, in quei momenti avrei preferito anche solo rimanere ad osservarla guardare le stelle o sorridere.
Mi bastava anche solo del tempo passato assieme, per stare bene con me stesso.
Ed era una sensazione davvero insolita per me.
Mia madre me lo ripeteva davvero spesso, pettinando i miei capelli quasi bianchi ogni mattina, nelle vacanze da Hogwarts.
"E un giorno mio caro Draco, conoscerai una persona diversa. Una persona da cui non riuscirai mai ad allontanarti, perché ti farebbe sentire talmente tanto male che non farai che voler stare al suo fianco per sempre"
Ero sempre stato fedele alla famiglia e soprattutto al volere di mio padre, ma solo in quei giorni di solitudine mi resi conto di non essere mai stato fedele a me stesso.
Di non avere mai avuto una scelta non solo per il mio futuro, ma anche per i miei sentimenti.
Mi sono sempre chiuso in me stesso, per tutti ero solo "il bullo" di Potter, ma nessuno si era mai interessato realmente a cosa io stessi passando, soprattutto in quel quinto anno ad Hogwarts.
Le cose per me stavano iniziando a farsi complicate, il destino che mi impose la mia famiglia si faceva vicino, e la vita per una sola volta aveva scelto di essere buona con me e di portarmi una persona con cui condividere il mio triste futuro.
Lei.
Lei che come me non aveva avuto nulla, non aveva potuto decidere cosa volere per se stessa, perché nata in una famiglia come la mia: dove di te non interessa a nessuno, vieni solamente usato come la pedina da spostare per prima, per assicurarsi di poter muovere le altre senza pericolo.
Ma io per lei, mi sarei mosso per primo eccome.
Quando guardavo Macnair vedevo questo.
Una ragazza che in poco tempo era riuscita ad impregnarmi la mente con la sua sincerità e
con la sua attenzione verso la mia persona, atteggiamenti che lei non amava mostrare ma che anzi nascondeva dietro l'arroganza e l'orgoglio.
Tratti che la maggior parte dei babbani catalogavano antipatici, ma che io adoravo.
In effetti eravamo molto simili.
Ed è forse per questo che con lei non fui superficiale e viscido come sempre, ma anzi in poco tempo riuscii a conoscerla realmente, come nessun'altro.
Ma io infondo di amore, che ne sapevo.
Non avevo mai amato nessuno in vita mia se non me stesso, e non ero neanche sicuro.
Magari nelle vacanze di natale mia madre avrebbe potuto darmi qualche consiglio, per farmi capire se quello che provavo fosse davvero amore.
Anche se avrei preferito scoprirlo prima.
Ma da solo non potevo, forse.
Tuttavia ero sicuro che il vero problema fossi io.
Mi affliggeva in realtà l'opinione che gli altri avessero su di me, ma solamente per il fatto che in un modo o nell'altro stava influenzando me stesso, che forse si stava abituando all'idea di essere considerato sprezzante e suberbo al tal punto di esserlo realmente.
Ma il mio problema non era questa classificazione di me, ma essere così con lei che non meritava ciò.
Ma ormai, il mio lato meschino l'aveva già conosciuto.
Mi sono reputato fortunato ad averla, ma l'ho mandata via.
Volevo parlare con qualcuno, ma non avevo nessuno.
Visto il comportamento di Blaise con Dafne non mi sembrava una buona idea parlarne con lui; ma anche Parkinson poteva non essere un buon riferimento, considerando il fatto che stesse sempre con Macnair era sicuramente venuta a sapere come mi ero comportato e non mi avrebbe dedicato manco un minuto.
Decisi comunque di cercare Pansy, infondo ero pur sempre io, e io ottenevo sempre quello che volevo.
Dopo la abbondante riflessione sui miei possibili sentimenti di cui non riuscivo ancora a capacitarmi, scesi in Sala Grande per la colazione, ritrovando davanti a me una visione abbastanza insolita.
Regola n. 1 lì, Regola n. 19 là e così via per andare a tappezzare completamente tutto il grande muro del portone.
Rimasi immobile per qualche momento, muovendo attentamente il mio sguardo preoccupato su tutte quelle nuove regole e restrizioni, che di giorno in giorno diventavano sempre di più.
Qualcuno mi diede una spallata, così mi girai immediatamente per vedere chi fosse.
"Higgs stai attento" sogghignai.
"Scusa Draco, non ti ho visto. Ad ogni modo, hai visto eh? La Umbridge ci sta prendendo gusto ad arredare i muri dei corridoi" disse ironico, guardandosi attorno.
"Non mi piace.." sussurrai, ma Terence sentí.
"Manco a me Malfoy, dai andiamo" disse iniziando a dirigersi verso la Sala Grande.
Rivolsi un altro sguardo a Filch intento a inchiodare al muro un altra cornice, e poi lo seguii.
Presi posto accanto a Higgs solo per non stare solo e facendo finta di ascoltare i suoi lunghissimi discorsi sui nuovi allenamenti di Quidditch, scrutavo la tavolata alla ricerca di Pansy, ma non la vidi.
Strinsi i pugni e iniziai a pensare che fosse successo qualcosa.
Fu così che buttai giù la mia colazione tutta d'un colpo, salutai Terence che ancora parlava con una pacca sulle spalle e mi diressi verso la Sala Comune Serpeverde per trovare Parkinson, possibilmente senza Dafne accanto.
Entrai nei Sotterranei quando finalmente trovai la persona che cercavo proprio davanti a me.
"Oh ma chi si vede" disse con tono acido, per poi sorpassarmi.
La afferrai per il braccio.
"Mi servi Pansy" dissi a voce bassa.
"Oh questo l'avevo immaginato, usi sempre tutti perché ti servono. O mi sbaglio, Malfoy?" disse venendo davanti a me, scrutandomi con uno sguardo quasi disgustato.
Capii perfettamente che Dafne aveva raccontato tutto a Pansy, visto il suo comportamento nei miei confronti.
"Ascolta Parkinson, devo chiederti solo una cosa. Poi ti lascio stare" le risposi quasi supplicandola.
"Perché dovrei?" continuò lei.
"Se non vuoi farlo per me fallo per Aby" le risposi.
Pansy sussultò, chiuse gli occhi e dopo un lungo sospiro rientrò in Sala Comune, facendomi cenno di seguirla; per fortuna Dafne non era nei paraggi, così riuscimmo ad entrare nella loro stanza senza problemi.
"Sentiamo un po' cosa ha da dire il grande geloso"
iniziò Pansy, per incitarmi a parlare.
"Come mi hai chiamato?" le chiesi con una voce fredda.
"Il grande geloso, qualche problema?" disse seccata.
"Direi proprio di sì considerando che non sono geloso di nessuno" continuai, sempre meno calmo.
"Forse di Macnair" ammise lei, quasi con un sorrisetto di sfida.
"Non sono affatto geloso di Macnair" dissi, semplicemente.
In realtà non sapevo nemmeno io se lo ero o meno.
"Allora se ti dico che oggi non c'è perché è a Hogsmeade con Blaise non ti da fastidio" disse Pansy con tono impassibile, osservando ogni mio minimo movimento per cogliere qualche mia scenata di gelosia, la quale purtroppo non riuscii a trattenere.
"Cosa?" sbottai.
Pansy si mise una mano sulla fronte e iniziò a ridere.
Mi sedetti sul letto e iniziai a stringere i pugni osservandola infastidito, aspettando che smettesse di ridere in quel modo così falso.
"Perché ti da fastidio? Non sei stato tu a dirle che stava decidendo quale Serpeverde portarsi a-
"Stai zitta Pansy" la interrumpetti.
Quella frase me la potevo benissimo risparmiare, come tutte infondo.
Pansy rimase zitta, si avvicinò a me e iniziò a parlare con un tono di voce completamente differente, più dolce e sottile.
"Forse devi raccontarmi qualcosa di quella sera adesso" continuò.
"Te l'ha già detto Aby sicuramente" affermai semplicemente, continuando a guardare verso il basso.
"Anche questo è vero"
Pansy si sedette vicino a me.
"Conoscendoti, sei venuto a chiedermi dei consigli per uscire dal buco in cui sei caduto, che hai scavato tu stesso" disse, continuando a guardarmi.
Portai le mani nelle guance, le rivolsi uno sguardo languido e pentito.
Pansy si alzò, e aprendo un cassetto, tirò fuori una collana.
Me la lanciò sulle ginocchia.
"Cosa è" dissi tenendola tra le mani, notando che era leggermente rovinata.
"Era un regalo della mamma di Aby" affermò.
La guardai confuso, non capivo cosa c'entrasse in tutto questo un regalo della mamma di Aby per sua figlia.
"Quando è tornata dalla Torre di Astronomia si è chiusa qui e ha iniziato a rompere qualsiasi cosa trovasse che riguardava la sua famiglia, ha rotto anche un mantello dello zio" mi spiegò Pansy.
Sentì qualcosa dentro di me bruciare, salire dallo stomaco sino al cuore per poi rendere le mie mani bollenti e tremanti.
"Si chiama senso di colpa" disse Pansy, notando la mia sensazione.
"È colpa mia.." sussurrai con voce rotta.
"Io l'ho riparata, ma come vedi è visibilmente rovinata, non tornerà più come prima.. Vedi Draco, probabilmente questa collana rappresenta esattamente come si sente Dafne in questo momento" disse Pansy, con un tono di voce debole e triste. Mi limitai a sospirare rumorosamente, e a stringere tra le mie mani quella bellissima collana.
"Perché volevi parlarmi?" mi chiese Pansy.
"Io ho bisogno di capire" dissi.
"Di capire che cosa Draco?" mi chiese lei, portando in giù le soppracciglia.
"Non so.. adesso come posso...?" dissi con tantissima difficoltà, non riuscendo a dire ciò che volevo.
Un'improvvisa timidezza, che non sapevo di avere, iniziò ad invadermi.
"Come puoi?" mi incitò Pansy.
"Farle dimenticare cosa ho fatto per...farla tornare come prima" dissi a voce bassa, osservando le gemme nere e smeraldo della collana, leggermente ammaccate.
"Dipende da cosa vuoi ottenere tu" continuò Pansy.
"Io voglio di nuovo poter stare con lei" confessai.
Ed era esattamente ciò che volevo.
Indipendentemente dalla realtà dei miei sentimenti, avevo bisogno di lei per affrontare ciò che stava per arrivare. Perché se fossi rimasto da solo sarebbe stata la mia rovina.
"I tuoi occhi parlano, Draco"
"Sono normalissimi"
"No, io ho già capito cosa dovevi dirmi" affermò.
Mi passai una mano tra i capelli e la guardai.
"Quando torna dalla sua uscitina con Blaise.." disse con una voce stridula
"Smettila di nominarlo" sbottai
"Vedi Draco, certe cose non di possono nascondere"
"Non sono geloso di Zabini" sputai acido.
"Vedo che hai problemi a mentire, mh?"
Sbuffai e mi alzai dal letto, osservandomi allo specchio.
Non mi riconoscevo quasi più.
"Sei pentito, Draco?" mi chiese Pansy, rimanendo nel letto e osservando le mie spalle.
"Si" affermai sincero, guardandomi negli occhi, tramite il mio riflesso.
"Dirle questo basterà" affermò decisa
"Va bene.." risposi semplicemente, camminando per la stanza.
"Draco tu non lo sai perché pensavi di non avere un cuore. Ti sei sempre sentito incompreso e solo, hai trovato Macnair e ora le tue poche certezze stanno crollando. Ma al tempo stesso non la vedi come una cosa negativa, perché quando stai con lei ne trovi altre.. sbaglio?" iniziò Pansy, capendo perfettamente cosa stessi pensando in quell'istante.
"Io non amo nessuno, Parkinson" dissi, girandomi verso di lei.
"Tranne Macnair.." sussurrò annuendo.
Ci fu silenzio, l'unico rumore nella stanza erano i passi degli altri Serpeverde nella parte principale della Sala Comune.
"Quando tornano" chiesi semplicemente.
"Ora di pranzo" mi rispose, sorridendo.
"Grazie Pansy" dissi, rimettendo la collana al suo posto, per poi aprire la porta.
"Draco" mi chiamò, prima di vedermi andare via.
Le feci un cenno per invitarla a parlare.
"Tu ti stai innamorando" mi confessò.
"Non è vero" negai
Pensavo tutt'altro, ma come sempre negavo la verità per nasconderla solo a me stesso.
"Te lo dico io" continuò lei
Chiusi quasi la porta, quando lei mi richiamò.
"Cosa c'è ancora" le chiesi, sbuffando.
"Rimetti al suo posto Zabini" disse, per poi farmi un occhiolino.
"Non sarà un problema" dissi innervosito, per poi sbattere la porta alle mie spalle.

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