Riuscii a liberarmi. Nessuno lo notò nonostante il suono assordante che feci per slegarmi, ma per fortuna il rumore dei cavalli e delle ruote sulla ghiaia, non permisero al suono prodotto dalle catene spezzate di raggiungere le orecchie dei soldati. Slegai i miei compagni intimandoli a non fare rumore. L'adrenalina che provavo aveva ormai sopraffatto la tristezza. Quando li ebbi slegati tutti parlai piano, a bassa voce, ma abbastanza forte affinche mi sentissero tutti:'' Ascoltate, al mio tre apro la porta del carro e voi scappate verso un posto sicuro''. Li guardai tutti negli occhi, vedevo il terrore nei loro sguardi, ma vedevo anche l'eccitazione scaturita dal momento critico e del piccolo senso di libertà causato dall'assenza delle catene che poco prima li teneva legati. Prima di colpire mi guardai attorno, il legno ci circondava creando così una specie di casetta su ruote composta da una sola stanza riempita di polvere e paglia. C'era una luce fioca che penetrava da dei fori sul soffitto, da cui entrava dell'aria fresca. Fra questi notai un buco sulla parete, sbirciai fuori e contai tre guardie. Poche per una decina di prigionieri. Ma non ci feci troppo caso dato che per loro eravamo solo dei ragazzini indifesi. Due soldati stavano chiacchierando di fianco al carro, avevano una spada ciascuno, ma non erano esperti spadaccini. Un altro punto a favore per noi era che le due guardie sembravano ubriache, e la prova era una bottiglia quasi finita alla cintura di uno dei due. Il terzo, probabilmente il più sveglio, era alla guida del carro e sembrava disarmato, non emetteva suono e lanciava sguardi di disprezzo ai compagni ubriachi, era quello che vigilava con più attenzione. Tornai dai miei compagni e gli detti qualche pacca sulla spalla per incoraggiarli,facendo il meno rumore possibile, perché se c'era una cosa che dovevamo sfruttare era proprio l'effetto sorpresa. Un paio di ragazzi, non sembravano convinti ma ci avrebbero provato lo stesso. Solo uno era rimasto in un angolo e non si sarebbe mosso da li. Li guardai di nuovo e con una mano alzai tre dita, poi due, poi una.