La Nuova Casa

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Mi affrettai nel mettere le cose nel giusto ordine, ovvero tutto ciò che era in casa. Mi sono appena trasferita nella città più bella degli Stati Uniti, New York. Ripensavo a come fossi arrivata fino a lì e a quanto mi dispiacesse aver lasciato mia madre per intraprendere la mia strada, la mia passione, ovvero la cucina. Fare la cuoca è sempre stato il mio grande sogno, così ho deciso di realizzarlo al meglio. A scuola ero molto brava, avevo appena conseguito un diploma in Graphic Design (essendo la seconda cosa che mi appassionava oltre alla cucina). Mentre guardavo fuori dalla finestra color bianco, con i raggi che illuminavano la stanza, ho visto lui, un ragazzo mai visto prima (uno di quelli che ti si presentano con “ehi piccola, ciao”), un tipo tutto sulle sue ma altrettanto affascinante. Bello, moro, alto, occhi chiari. “Oh mio Dio” ho pensato, “da dove sarà mai apparsa quella fantastica creatura?”. Ma non appena si è girato verso di me, mi è squillato il telefono, era mamma, era in pensiero e voleva sapere se stessi bene. Non ho fatto in tempo dopo la telefonata a rivederlo che lui è scomparso. Mi sono domandata come sia stato possibile tutto ciò, era surreale, non sapevo spiegarlo. Così sono tornata a mettere gli ultimi scatoloni rimasti al loro posto. Non facevo altro che pensare e ripensare a quel ragazzo. E se fosse stata una visione? No, mi sono detta. Tutto quello che ho visto non era affatto surreale. Dopo tanta fatica sono riuscita a sistemare, avevo finalmente finito. Ho ripreso fiato. Sono andata in cucina. Ho bevuto un sorso di tè, dopodiché ho deciso di riposarmi. Nel mettermi sul divano mi sono persa nei miei pensieri e alla fine mi sono addormentata. Ero stanca e volevo dormire per ore. Non so per quanto abbia dormito, so solo che mi sono svegliata quando il sole non c’era già più. Ho visto la strada di Manhattan completamente immersa nel buio, così ho deciso di andarmi a fare una bella doccia per svegliarmi del tutto. Sono andata in bagno, ho acceso la radio e mentre il CD partiva sulle note di Ava Max ha suonato il campanello. Mi sono domandata chi potesse essere a quell’ora, così mi sono affrettata ad aprire (e indovinate un po’?): era lui. Cosa ci faceva dietro la porta di casa mia a quest'ora? Rimasi stupefatta da quella visita. Lui era lì sulle sue, senza dire una parola. Mi guardò a fondo e poi, sorridendo, aggiunse: “Piacere, sono Thomas Smith. Tu devi essere la mia vicina”. Io, perplessa, lo guardai di sfuggita e, con un nodo in gola e le gambe che mi tremavano, gli risposi di sì. Accidenti, com’era alto! Da vicino mi trasmetteva un senso di sicurezza. Mi sono accorta del momento di silenzio imbarazzante e mi sono affrettata ad aggiungere: “Piacere mio Thomas, io sono Michelle Müller”. Ho tirato un sospiro di sollievo e poi gli ho chiesto se gli servisse qualcosa. Lui, senza esitazione, mi ha risposto: “Oh sì certo, avrei bisogno di un po' di sale se non ti dispiace. Sai, come tocco finale per il mio pollo sfilacciato al mango che sto preparando. Scusami, per colpa del lavoro che faccio non ho mai tempo per andare a fare le commissioni, quindi mi adatto”. E mi ha fatto l'occhiolino. Gli ho sorriso e poi sono andata a prendere il sale e glielo ho offerto. Lui, con tono dolce, mi ha ringraziato e dopodiché se ne è andato. Ho chiuso la porta e mentre mi avviavo in bagno ho pensato se quel gesto fosse stato studiato in precedenza. Mi sono tolta i vestiti ed sono entrata in vasca, rilassandomi. Non c'era cosa più bella della calma. Nel mentre cercavo di non farmi troppe illusioni, pensando che lui non avrebbe mai trovato nulla di carino in me. Eppure, dopo un po', ho lasciato spazio alla mia immaginazione. Finito il bagno ho spento la radio e mi sono data una sistemata, dopodiché sono andata in soggiorno. Mi sono seduta, con lo sguardo rivolto verso la finestra, in mano avevo la mia immancabile tisana. Il panorama era stupefacente. Il giorno successivo mi sono svegliata presto per finire le varie faccende di casa. Dovevo sbrigarmi, c'era ancora molto da fare. Ma soprattutto dovevo iniziare a lavorare, altrimenti i risparmi di una vita non mi sarebbero bastati. Finito di sistemare, mi sono fatta i complimenti, non credendo che tutto questo sarebbe stato così faticoso. Adesso comprendo il nervosismo di mia madre quando traslocavamo. Mi sono riposata un attimo e poi ho cominciato a leggere qualche annuncio. Ma mentre scorrevo le pagine, l'occhio mi è caduto su una notizia che non potevo fare a meno di leggere. Un imprenditore voleva costruire, sulla strada più famosa di Manhattan, un ristorante a cinque stelle. "Wow, quest'imprenditore doveva essere un uomo molto importante!", ho pensato. Ma mentre scorrevo in basso, mi è apparsa una sua foto. Non potevo credere ai miei occhi, era Thomas. In quel momento non ho capito più nulla. Sono rimasta spiazzata da quella notizia, era come se mi sentissi un cappio al collo, pronto a strozzarmi. Ho spento il computer, l'ho scaraventato sul divano. Non volevo crederci. Il mio vicino di casa era davvero un importante imprenditore? E perché la notizia mi creava tutto questo scalpore? Sono tornata con i piedi per terra e ho smesso di pensare alla sua figura che prepotentemente si era bloccata nella mia immaginazione. Sono andata in cucina e mi sono preparata qualcosa al volo, non avevo molta fame. Poi sono andata in camera, ho finito di aggiustarmi e ho preso la borsa e le chiavi della macchina. Ho fatto un giro per New York. Questa città è qualcosa di pazzesco: la gente, i negozi, tutto era stupefacente e altrettanto magico. Ho parcheggiato. Scendendo dall'auto, mi sono avviata verso un negozio di telefonia. Sono entrata. Mi sono guardata intorno e mi sono avvicinata al bancone dove la commessa metteva in ordine il contenuto della cassa.
"Buongiorno! Sono Michelle. Le avevo mandato il mio curriculum tramite e-mail, mi avevate dato appuntamento per stamattina". Lei si è limitata ad uno sguardo fugace e poi ha aggiunto: "Buongiorno. Sono Katrina, la commessa. Il mio capo la riceverà presto. Dopo qualche minuto di attesa, è uscito il proprietario e mi ha invitato nel suo studio. Sono stata presa in prova per il lavoro, gli ho ringraziato e me ne sono andata. Dovevo iniziare domattina. Finalmente avevo trovato lavoro. Prima di tornare a casa, ho deciso di passeggiare per New York. Dopo essermi fatta alcuni giri in diversi negozi, sono tornata a casa. Ero stanca, ma non fisicamente, lo ero mentalmente. Mi sono buttata sul divano accendendo il televisore ma qualcosa ha attirato la mia attenzione: la finestra di casa mia si affacciava sull'appartamento di Thomas. La luce era spenta. Strano, di solito tiene tutto così illuminato. Non ci ho badato molto e sono tornata a guardare la TV. L'indomani mi sono svegliata carica per il mio nuovo lavoro. Ero così emozionata. Quando sono arrivata, Katrina attendeva sulla soglia del negozio. Mi ha scrutata un attimo e poi mi ha sorriso. "Buongiorno!", ho ricambiato il saluto ed sono entrata dentro. Mi ha spiegato le mie mansioni e da lì ho iniziato a lavorare. Dopo un mese, mi ero guadagnata quel posto a tempo indeterminato. Avevo fatto amicizia in breve tempo con molta gente. Mi piacevano tanto queste sensazioni. Però è arrivato il giorno della crescita. "Bene. Andava tutto bene. Lavoravo, cucinavo e facevo amicizie. La mia vita aveva finalmente preso la piega per il verso giusto, non potevo chiedere di meglio. Fino a quando, un giorno, mentre camminavo per andare a lavoro, sulla mia strada, ho notato una gran quantità di persone. Non capendo cosa fosse, mi sono avvicinata. Era l'inaugurazione di un nuovo ristorante! Ho pensato subito che quella fosse la mia occasione per poter finalmente lavorare come cuoca e mettere in pratica le mie potenzialità. Improvvisamente ho sentito una voce familiare. Era Thomas: parlava con un suo consulente. "Cavolo com'è bello," ho pensato. Improvvisamente il suo sguardo si è posato su di me scrutandomi a fondo. Mi ha sorriso, era contento che fossi lì? Non potevo saperlo. Dando un'occhiata rapida al mio orologio da polso, mi sono accorta che si era fatto tardi, così a malincuore ho deciso di andarmene. Prima di aprire lo sportello della macchina, ho sentito tirarmi il polso. Mi sono voltata e con mia grande sorpresa i miei occhi si sono posati su quelli di qualcun altro, i suoi. Solo da un semplice sguardo, chiunque avrebbe capito che Thomas era un uomo molto sensuale. Intimorita da tutta quella bellezza, ho girato le spalle per andarmene, ma non ho fatto in tempo perché mi ha tirato a sé dicendomi: "Ciao, ero sicuro di vederti, ti ho pensata tanto. Come stai?" Ancora molto imbarazzata gli ho risposto che andava tutto bene ma che ero già in ritardo per il lavoro. Allora lui insistente, ha continuato: "Posso invitarti a cena? Una cosa tra amici, non fraintendermi". Come potevo dirgli di no? Ho accettato cordialmente e, salutandolo, sono entrata in macchina dirigendomi verso il mio posto di lavoro.

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