Capitolo I

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(Immagine: "Impression, Soleil levant" Claude Monet)

Leo si riscosse dal torpore che l'aveva colto.
Era stravolto: il viaggio non era stato proprio piacevole. La prospettiva di una tappa in pullman non gli era dispiaciuta... Peccato che l'unico mezzo disponibile per affrontare il percorso fosse un catorcio antidiluviano, traballante e strettissimo. Un inizio adatto per l'avvenire che gli si poneva di fronte...
Un estate occupata dal lavoro d'intrattenimento come animatore, lo aspettava presso il villaggio turistico di Summer Paint.
Si mise in cammino verso la reception dell'hotel principale della catena, l'Impression, cercando di sorridere nel modo più realistico (e meno ipocrita) possibile.

Gli piacque lo stile dell'edificio, semplice ma comunque ben strutturato: si trattava di una costruzione a tre piani, cerulea, molto larga e costruita evitando forme spigolose, per prediligere un aspetto quasi morbido. Gli dava un impressione di pacifica e bonaria finzione... Al servizio del cliente in cerca di riposo e cure.
Fu accolto da un uomo con un sorrisetto ironico stampato in faccia, seduto dietro ad un imponente bancone d'ebano.
<<Sono qui per il posto da "animatore"... Il signor Binetti vuole forse incontrarmi oppure...>>
L'ometto ironico lo interruppe con una voce tra l'annoiato e lo sprezzante:<<Ti ho già visto nella foto del curriculum, ma dal vivo sei molto peggio. Il grande capo non c'è... Vai alla tua stanza e fatti una bella dormita 'ché domani cominci a lavorare. I marmocchi quest'anno sono proprio scatenati, perciò ti conviene farti trovare pronto. Come saprai avrai a disposizione vitto e alloggio gratuitamente, inoltre ti sarà pagato un compenso ogni due settimane. Sei liberissimo di fare quello che ti pare al di fuori della proprietà di Binetti ma vedi di comportarti bene quaggiù: se vuoi tenerti il lavoro naturalmente.>> così gli disse l'ometto, tra un colpo di tosse e l'altro, con la stessa vivacità di una segreteria telefonica; dopodiché gli porse una chiave elettronica. Fin troppo deciso ad evitare di protrarre il discorso introduttivo, il ragazzo decise di non fare altre domande e presa la chiave, si diresse nella stanza nella quale avrebbe soggiornato per il resto dell'estate. Attraversò un breve corridoio dai muri tappezzati qua e là dai quadri di più o meno noti impressionisti. Si chiese se ogni albergo fosse stato dedicato ad un differente genere artistico... In effetti avrebbe preferito l'ambiguità del surrealismo o le realtà allucinate dell'espressionismo. Gli impressionisti erano volutamente tesi verso una troppo realistica, seppur soggettiva fotografia della natura.

Stanza 19

Il mobilio in realtà era quasi inesistente, a parte una brandina militare, un vecchio tavolo in finto avorio, uno sgabello di plastica ed una cassapanca scricchiolante. D'altro canto lui era là per lavorare: il divertimento e la comodità sono lussi riservati agli ospiti paganti, non agli sbandati di passaggio. Tra i confort spiccavano, per tristezza, una cucina con una piccola penisola ammuffita ed una credenza vuota, a seguire, adiacente ad un muro divisorio, un bagno stretto ed angusto ma perlomeno ben pulito. Si concesse un momento per esaminare la situazione attuale, sedendosi dopo aver appoggiato il leggero bagaglio.
In breve... Era stato buttato fuori casa senza complimenti e con la più consona freddezza; la gente della piccola comunità religiosa di quartiere lo riteneva alla stregua di uno schizzo di vomito sulla parete della propria rispettabilità, ma di questo poteva solo gioire.
Gli atti di vandalismo e le telefonate, sommati all'incomparabile affetto degli hater del web, erano stati più difficili da sopportare, soprattutto per i suoi genitori. Il motivo? Era successo che ancor prima del termine dell'inchiesta gli zelanti media dessero notizia del duplice omicidio, il cui presunto colpevole, il testimone oculare, sarebbe stato poi rilasciato dopo un'approfondita indagine. Un errore nella norma di certo indegno di nota, egli stesso lo sapeva.
"Nella norma un cazzo. Durante il corso delle indagini si usa il termine "indagato" e non si presume nulla, il problema è un altro: la presenza di qualcuno a cui dar la colpa fa sempre gola."
Batté velocemente le palpebre, dicendosi che il precedente pensiero dovesse essere la sua personale impressioo "oosa stai dicendo?"
<<Silenzio, qui c'è assoluto silenzio: non c'è nessun altro in questa stanza. NESSUNO.>> Silenzio.
Nella stanza.
Non c'era.
"Nessuno."
Nessuno a parte lui.
No, infatti. Leo non avrebbe scontato nessun ergastolo in carcere, perché non aveva commesso alcun crimine, ne era solo stato spettatore e lo shock -avrebbe sconvolto la sua mente, trasmettendosi in una truce scena da film splatter. Seppure la sanità del soggetto sia intatta egli non può fornire una testimonianza attendibile.-
I corpi erano integri. Nessun impronta estranea, solo un duplice attacco cardiaco...
Questo bizzarro particolare gli aveva ricordato il modo di uccidere di Kira, lo psicopatico perfetto in tutto che ammazzava i criminali nel mondo del suo anime. Ciò gli aveva provocato una scarica di allegria poco consona alla situazione.
Non era mai stato accusato, i sospetti erano caduti quasi subito. Eppure, in una settimana era diventato pazzo ed ancor prima assassino. Kafka si sarebbe tolto il cappello o per lo meno avrebbe approvato.
Lentamente aveva metabolizzato tutto quanto: le accuse, gli insulti, le telefonate, gli sguardi. Aveva capito che non aveva più posto, nella casa dove ormai più nessuno lo guardava.
Gli era rimasto Semir: il suo migliore ed unico amico... A lui aveva lasciato la promessa di impegnarsi a proseguire per la sua strada senza perdere il sorriso. Promessa senza la quale probabilmente non si sarebbe trovato in quella stanza.
A differenza di Leonard, Semir era ancora minorenne e sommerso dalle rosee aspettative dei suoi genitori. Non aveva possibilità di andarsene. Entrambi sapevano che la lontananza sarebbe stata dura da sopportare e per quanto le loro vite dovessero andare avanti, l'amarezza restava aleggiante nell'aria.
Forse non era capace di godersi la vita. Gliel'aveva detto lo stesso migliore amico un anno prima, durante un litigio. Citando l'agente che lo aveva interrogato, Leo poteva definirsi un
-ragazzetto apatico e melenso fino alla nausea, uno che sogna troppo ad occhi aperti-.
Ancora adesso, a 19 anni, in procinto di iniziare un lavoro azzardato e precario al 100%, lui continuava a sognare, non scene splatter, ma qualcosa di meglio: un'occasione migliore, un sé stesso diverso, una vita diversa... "Un corvo bianco?"
Stava ricominciando.
Era solo.
Solo.
Doveva calmarsi e... "e cosa? Sì, sei solo. Puoi ripeterlo all'infinito ma non smetterai di sentire... Non solo: tu stai ascoltando."
Premette le mani sulle tempie aspettando che quella maledetta voce smettesse. Un campanile da qualche parte suonò 12 rintocchi: doveva riposare... Si stese sulla branda e si mise a dormire, scivolando nella fase REM dopo una decina di minuti passati a contare le ragnatele sul soffitto.

Pesci fuor d'acquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora